Da un grigio ufficio al red carpet: come ho sconfitto me stessa e sono diventata la fotografa delle celebrità

Chi è il tuo peggior nemico?

Nella vita reale, spesso, capita di non rispondere mai a questa domanda. Non ce la poniamo neppure, del resto non siamo mica in un film di supereroi.

Eppure nella vita reale, spesso, ognuno di noi ha a che fare con la sua nemesi.

Il fatto è che non ce ne accorgiamo. Il problema è che, fin quando non sviluppiamo questa consapevolezza, ne siamo alla sua completa mercé.

La soluzione è quella di confrontarsi con chi questa battaglia l’ha già affrontata, ne conosce la ferocia e possa aprirci gli occhi.

Questa è la storia di Anum Sajjad, di come ha sconfitto il suo peggior nemico e ha trasformato la sua passione nel suo lavoro, diventando una fotografa di successo.

Buona lettura, lasciamo la parola a lei.

Svolta al bivio della vita (quando la passione chiama, rispondi?)

La mia storia inizia come quella di tanti qui.

Un percorso tradizionale, una passione per tutt’altro e un desiderio sfrenato di trasformare quell’hobby nel mio lavoro.

Studiai commercio estero, ma passavo il tempo libero sempre dietro l’obiettivo della mia fotocamera.

Nel 2017 mi trasferii a Parigi per seguire un master in brand management nel settore della moda e del lusso.

Fu una delusione totale, ma al tempo stesso ebbi un felice imprevisto: Parigi mi rubò il cuore.

Così, pur di restare a viverci, finii per trovare lavoro in un ufficio lì.

Mi occupavo ogni giorno di vendite, ma la fotografia restava il mio chiodo fisso. Alzarmi la mattina per fare tutt’altro… mi sembrava di tradire me stessa.

Il primo lockdown, paradossalmente, mi fece tornare a respirare. La vita lavorativa rallentò e io ripresi a concentrarmi sulle foto.

Diedi vita al mio primo progetto imprenditoriale, il corso Photo Mobile Pro, insieme a una ragazza conosciuta al Marketers World 2019.

Toccai la concretezza della mia passione.

Seguirono giorni di dolorose confessioni tra me e il mio diario:

“Che stai aspettando? Sprechi il tuo tempo con un lavoro che ti interessa meno di zero”.

Eppure l’insicurezza mi teneva incatenata e in quell’ufficio ci passai circa 2 anni.

Forse il destino si stufò di aspettarmi…

A fine 2020 venni licenziata per dei tagli al personale a causa della situazione mondiale.

“È la mia occasione. Non ho nulla da perdere ora, vero? Vero?”.

Certo che avevo qualcosa da perdere…

Amavo Parigi, mi serviva subito un lavoro per rimanerci.

Ma come fotografa non avevo contatti, non sapevo da dove iniziare e non c’era abbastanza tempo.

… quante scuse diamo a noi stessi?

Stavo iniziando a intravederlo, quel mio peggior nemico.

Ad agosto trovai un nuovo lavoro come dipendente e partii con le 3 settimane di prova.

Questa volta non andai oltre…

La combinazione tra un manager orribile e il mio livello di insoddisfazione mi portò oltre quella linea che finora avevo avuto paura di superare.

Mi licenziai, ritornai al punto di partenza e stavolta, stufa, mi voltai nell’unica direzione che per me aveva un senso.

L’amaro prezzo di intraprendere un percorso non convenzionale

In quella settimana di settembre andai alla mia prima Fashion Week, a Parigi.

Così, senza alcun motivo se non quello di distrarmi scattando qualche foto.

Fa ridere perché sul mio profilo Instagram avevo già condiviso delle foto in passato, ma i soggetti erano sempre stati solo paesaggi.

Non avevo mai voluto rompere questo filo conduttore naturalistico.

“Chissene, sono alla deriva ormai”, mi dissi.

E, poi, successe.

Il giorno seguente una delle ragazze della sfilata condivise sul suo profilo una foto che le avevo fatto.

Le era piaciuta. Una foto di una totale sconosciuta. Con un seguito minimo sui social.

Non mi servì altro per convincermi a partecipare a tutti gli altri giorni dell’evento.

Fotografia, moda, persone che apprezzano il mio lavoro…

Ebbi finalmente l’impressione che i punti si stessero iniziando a collegare, delineando il percorso che sognavo di trovare da anni.

Ero invasa da emozioni nuove, troppe da gestire così all’improvviso.

Chiamai subito la mia psicologa.

Mi aiutò a calmarmi, a fare ordine e ad afferrare le redini della mia rinvigorita volontà.

Approfittai dell’energia per mettere le cose in chiaro:

“Voglio fare la fotografa”.

Lo dissi ai miei genitori, lo dissi ai miei amici, lo dissi a chiunque conoscessi.

Nessuno si schierò al mio fianco.

I miei genitori avevano paura, non capivano cosa stessi facendo della mia vita.

I miei amici avevano tutti il solito contratto, quello che mi aveva incatenata per anni.

Tutti pensarono che fossi impazzita ad abbandonare quelle pagine già scritte.

Diventai la tizia strana in un contesto in cui tutti avevano scelto strade tradizionali e non se ne pentivano.

Ero sola, l’insicurezza stava avendo di nuovo la meglio e non avevo idea di come avrei fatto a competere con tutti i fotografi più forti di me lì fuori.

Andai nell’unico posto in cui ero certa di poter trovare qualcuno che mi capisse…

Il coraggio, l’ostinazione e il peggior nemico di una ribelle

Seguivo Dario Vignali e Marketers da un po’ ormai.

Per me erano la dimostrazione che si potesse vivere della propria passione, che si potesse avere successo anche al di fuori dei percorsi tradizionali.

Acquistai Business Genetics proprio per tuffarmi a pieno nella loro mentalità, nel loro metodo. Cercavo quello che non avevo trovato nell’ambiente universitario parigino.

Trovai molto di più che della formazione di qualità: mi ritrovai in un ecosistema fatto di persone con i miei stessi occhi sul mondo, i miei stessi pensieri, i miei stessi problemi.

Il Meetup di Business Genetics, l'evento riservato a noi studenti e studentesse, fu la mia salvezza.

Da un grigio ufficio al red carpet: come ho sconfitto me stessa e sono diventata la fotografa delle celebrità 1

Come a ogni incontro, ci scambiammo consigli di marketing, idee per comunicare al mercato la nostra presenza, per farci notare e farlo in grande. Ci aiutavamo.

Ricordo ancora cosa mi disse Dario: “Anum, essere bravi non basta”.

Quelle cinque parole mi alleggerirono di colpo.

Io, che non avevo fatto corsi di fotografia, che finora avevo solo vissuto una passione e che avevo competitor più capaci di me, potevo farcela comunque.

L’insicurezza era il mio nemico più grande, nascosto dentro di me, sempre lì in attesa.

Aspettava il minimo parere contrario, la minima difficoltà, qualsiasi scusa sufficiente a nutrire la mia sindrome dell’impostore.

Mi feci coraggio, chiusi il mio cuore alle possibili conseguenze e iniziai a frequentare tutte le possibili Fashion Week tra Francia e Italia.

Senza che nessuno me lo chiedesse, senza rimorsi, per 1 anno intero.

Ogni evento divenne un'occasione per conoscere nuove persone che apprezzavano le mie foto.

Così la mia strategia diventò proprio questa…

Scattare e pubblicare il prima possibile post e storie su @anumphotography, taggando i soggetti così che questi vedessero le mie foto prima di chiunque altro e le ricondividessero.

Solo così potevo farmi conoscere e ambire a vivere di questa passione.

Nel frattempo insistetti per trovare dei lavoretti come fotografa, qualcosa che mi permettesse di mantenermi a Parigi senza l’aiuto dei miei.

Anche non nel settore moda, non mi importava. Doveva essere solo una situazione temporanea, infatti non condivisi mai quegli scatti online.

Fu dura, certo, passarono dei mesi, ma qualcosa iniziò a girare.

Durante la Fashion Week di gennaio 2022 mi capitò di fare qualche scatto a Chiara Ferragni.

Con innocenza, senza aspettative, considerandola inarrivabile per me.

Ma lei andò oltre le mie aspettative pessimistiche e mi scrisse.

Le erano piaciute le mie foto, così mi chiese se potesse usarle per i suoi canali, con il mio nome incluso.

La mia risposta fu ovvia.

Quasi quanto l’impatto positivo dei successivi mesi sulla mia insicurezza.

Iniziai ad avere contatti con persone con cui mai avrei pensato di riuscire a parlare, come Paris Jackson, la figlia del cantante Michael Jackson.

I miei scatti iniziano a essere pubblicati su testate di spicco come Vogue e Harper’s Bazaar.

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Improvvisamente iniziai ad avere difficoltà a gestire i miei spostamenti…

Le persone iniziavano a scrivermi a quale evento avrebbero partecipato e volevano che io facessi loro le foto.

Così, dopo circa 10 mesi da quando mi ero imposta questo percorso, iniziai ad avere i primi clienti ufficiali.

Entravo dietro le quinte con loro, li accompagnavo sul red carpet, frequentavo spettacoli come il Valentino Fashion Show.

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Ero felice, ma non riuscivo ancora a crederci, a credere in me…

A gennaio assunsi una marketing manager per aiutarmi a definire i prezzi del mio lavoro.

Ho ancora le email che ci scambiavamo:

“200€ per 1 ora e mezza di lavoro, ma è troppo!”, le scrivevo.

“È il prezzo giusto per il valore che offri. L’unica cosa sbilanciata qui è il tuo mindset.”, rispondeva lei.

Già, quanto è dura la battaglia contro sé stessi.

Pensavo sempre di essere nata nell’era sbagliata. Oggi tutti hanno un cellulare sempre a portata di mano, obiettivi di qualità e social pieni di foto.

“Perché io dovrei meritare di farmi pagare più di una qualsiasi di queste persone?”

Razionalmente sapevo come funzionasse il mercato e decisi di dare ascolto a quei consigli. A marzo del 2022 aprii Partita IVA.

Ma la parte razionale è sempre quella più difficile a cui dare ascolto: i miei dubbi finirono per diventare una costante del lavoro con ogni nuovo cliente.

Finché, un giorno, mi scrisse Iacopo Pelagatti, uno dei copywriter e dei creativi che più apprezzo e seguo.

“Quest’anno voglio parlare di te sul palco del Marketers World 2022. Posso?”

Aveva seguito tutto il mio percorso dell’ultimo anno e voleva che diventasse ispirazione per chiunque ne avesse bisogno.

“Assolutamente sì” risposi, grata, perché finire sul palco del Marketers World, l’evento più importante in Italia per creativi come me o marketer e imprenditori, era l’ennesima conferma a me stessa.

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Iacopo parlò della figura dell’artista nella società di oggi.

Di come agli occhi altrui i più degli artisti non siano altro che sfigati, illusi e destinati a non fare mai carriera.

E di come tutto questo sia falso.

Fino a qualche mese prima avrei fatto fatica a credere alle sue parole. Il mio pessimismo avrebbe avuto la meglio.

Del resto rimanevo sempre sconvolta di fronte a tutta la competizione che vedevo ogni giorno alle Fashion Week.

A casa spesso piangevo, sola, perché mi sembrava un muro invalicabile. Avevo paura a definirmi una fotografa, figuriamoci un’artista.

Pensavo che fallire con questa etichetta addosso sarebbe stato troppo da sopportare. Avrei rischiato di estinguere la mia passione.

Quanto mi sbagliavo…

Ormai mi è chiaro.

Quel muro invalicabile che vedevo era solo un riflesso della mia mente.

Quando sei al centro della tua tempesta psicologica personale è dura riconoscerlo.

Ogni ostacolo ti sembra letale, ogni pronostico positivo pare pronto a ribaltarsi da un momento all’altro e le ambizioni future restano pensieri annebbiati.

La sfida più dura di chi intraprende percorsi non ordinari è quella nella propria testa.

Il tuo peggior nemico sei proprio tu.

Oggi la mia passione è diventata il mio lavoro, riesco a definirmi un’artista e non ho paura di chiamarmi fotografa.

Finalmente l’ho imparato:

“Le persone ti danno il valore che tu dai a te stessa.”

Spero che la mia storia possa essere fonte di speranza per almeno una persona che ancora non sia uscita da quel turbine di emozioni cupe, solitarie e pessimistiche.

La luce alla fine del tunnel c’è.

Ma non devi fermarti, devi scavare con tutte le tue forze. Sarai solo, sarai al buio e ti sembrerà di star girando in tondo. Continua lo stesso.

Una volta dall’altra parte sarai felice. Io ora lo sono.

“Nella vita vince chi se le va a prendere le cose che vuole”, era il resto della frase di Dario.

Aveva ragione.

Anum.

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chiara.valdesalici@gmail.com
11 mesi fa

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