Storie d'ispirazione,
direttamente dalla nostra community.

Humans of Marketers è il format Marketers dove raccontiamo le storie di successo dei nostri clienti o delle persone che si sono formate con noi. 
Il prossimo potresti essere tu. 
luca mazzucchelli

Dedicato a chi vive vite straordinarie intraprendendo percorsi non ordinari.

Grandi successi economici e piccole rivoluzioni personali. Storie di vita vere, dalla prima all’ultima. 

C’è chi fattura centinaia di migliaia di euro al mese, chi ha lasciato il lavoro per seguire le proprie passioni e chi invece è partito per mete lontane. Abbiamo raccolto tutte le storie più belle su questa pagina, prenditi qualche minuto per lasciarti ispirare. 

Le storie di Humans Of Marketers

Ecco cosa succederà se diventerai Human of Marketers:

Marketers Awards

Il premio esclusivo per chi ha raggiunto la vetta, producendo risultati straordinari.

Come puoi candidarti?

Per candidarti devi aver studiato i nostri contenuti e avere una buona storia da raccontare.

Sei pronto a rispondere a qualche domanda?.Ci metteremo 2 minuti.

Valeria e Sonia

Leggi la storia di Valeria e Sonia

Era luglio 2019.


Dopo varie esperienze in giro per il mondo, ci siamo ritrovate entrambe a Bergamo, la città in cui siamo cresciute.


Eravamo in quella fase della vita in cui si decide che fare del proprio futuro.


Facciamo contente le mamme o ci buttiamo nel vuoto?


“È lì che ho proposto a Sonia di creare Make You Greener.A Milano avevo provato a vivere un mese senza plastica, fallendo miseramente. Il sistema lo rendeva impossibile.
Ma ho capito che le cose non cambiano se non proviamo prima a cambiare noi stessi.
Così è nata l’idea di creare Make You Greener, un ecommerce – ma prima di tutto un ecosistema digitale – dedicato a chi vuole iniziare un viaggio verso uno stile di vita più sostenibile.
Sonia ha accettato subito”.


L’amore per la natura ce l’abbiamo da sempre: siamo cresciute con i documentari di David Attenborough e i nostri genitori erano ecologisti puri. Ma è stata l’esperienza di vita a consacrarlo.


“Io in Messico ho imparato ad amare la Pacha Mama. Valeria a Londra ha visto nascere i primi negozi plastic free e ha capito come la natura può convivere con la città.
Nei nostri viaggi ci siamo rese conto che la Terra è una cosa meravigliosa, che appartiene a tutti noi e che tutti abbiamo il compito di proteggere”.


Quando era tutto pronto per partire è arrivato il Covid, e noi eravamo a Bergamo.
Psicologicamente era impossibile lanciare. Abbiamo aspettato qualche mese.


A novembre 2020, decise a capirne di più di digital marketing, abbiamo seguito il lancio di Business Genetics e poi abbiamo investito sul corso.


L’incontro con Marketers ha svoltato tutto: strategie, idee, processi.
Abbiamo iniziato a mettere la faccia nelle storie e da lì la crescita della pagina è schizzata: 15,000 nuovi followers in 7 mesi. Pian piano sono cresciute anche le vendite.


Il nostro successo? Vivere la vita che abbiamo sempre sognato, immerse nella natura. Vediamo posti magnifici che ci ricordano ogni volta perché facciamo quello che facciamo.


Ma la soddisfazione più grande resta essere capite.


La scorsa settimana una ragazza ci ha scritto un messaggio bellissimo:
“Da quando vi seguo guardo di più il cielo”.


Abbiamo vinto.


Valeria e Sonia

Nonna Licia

Leggi la storia di Licia

Questo sarà un post diverso dagli altri.

Diverso perché la protagonista della storia è una giovane donna di 90 anni.

Diverso perché, fino a due anni fa, questa donna non aveva profili social di alcun tipo, e ora è un’influencer con quasi 100.000 follower.

Quella di Nonna Licia è una storia tanto incredibile quanto vera. Abbiamo avuto il privilegio di fare una chiacchierata con lei nei giorni scorsi, e pensiamo che le sue parole possano essere di profonda ispirazione per tutti.

Soprattutto per chi pensa che ormai il meglio sia alle nostre spalle, come il momento giusto per iniziare un progetto, per dare vita a un sogno, per riprendere in mano la nostra vita e darle quel tocco di colore in più.

Oggi riportiamo testualmente ciò che ci ha detto Licia (anche perché non c’è una virgola che cambieremmo).

——

“È una cosa molto interessante. Prima ero una persona tranquilla, che pensava esclusivamente alla famiglia e al marito malato da tanti anni.

Poi la situazione si è rovesciata.

Ho ripreso in mano la mia vita, come quando ero giovane (certo, con qualche piccola differenza) e non mi sono mai arresa. Sono sempre in movimento, pronta a qualsiasi cosa che arriverà.

Mi ha fatto tanto piacere tutto ciò che è successo durante questa avventura online.

Prima ero più scorbutica, non capivo che senso potesse avere mostrare la mia vita agli altri.

Ora vedo il progresso, l’importanza di proseguire. Mi rendo conto che è bello andare sempre avanti, in qualsiasi momento e qualsiasi cosa ci capiti.

Sfidarsi sempre e non disperare mai, anche quando ci tocca stringere i denti.

Questo progetto per me ha cambiato tutto. Mi ha fatto ritrovare la vita, che dalla depressione dopo la morte di mio marito stentavo a riprendermi.

Ho capito che la vita è bella, che non bisogna mai abbattersi e che c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. È importante non fermarsi mai.

Certo, soltanto adesso sono un “pochetto ferma” a causa del coronavirus, ma passerà anche questa. Ne ho passate tante altre.

Così come è venuto, se ne andrà.

A chi vuole fare il mio mestiere di influencer direi di essere prima di tutto spontanei, di dire la verità e non prendere in giro nessuno.

Non siate ipocriti, perché la gente oggi capisce chi è sincero e chi no. Basta guardare le persone in faccia, si capisce.

Andate avanti, sfidatevi. Mettetevi in discussione e siate sempre sinceri. Sempre voi stessi.

Pronti per la prossima meravigliosa avventura”.

Licia

Massimiliano Allievi

Leggi la storia di Massimiliano

Prima di andare in America avevo le idee chiare.

 

Finire gli studi, entrare in uno studio come dipendente e godermi lo stipendio.

 

Ero cresciuto con quel modo di pensare. Non credevo ce ne fossero altri.

 

Immaginate il mio shock all’arrivo in California:per il campus giravano studenti di tutto il mondo, con idee e stili di vita diversi, ma con la stessa brama di realizzare i propri sogni.

 

Facebook era appena nata, eppure lì già ce l’avevano tutti.

 

Per la prima volta incontrai persone che gestivano un “side-hustle” o che aprivano una startup subito dopo il college.

 

Era come togliersi una benda dagli occhi dopo una vita intera.

 

Mio fratello stava vivendo la stessa esperienza a New York.

 

Tornati in Italia, ci siamo laureati, siamo diventati commercialisti e abbiamo aperto il nostro studio.

 

Eravamo pronti a conquistare il mondo.

 

La realtà però era un’altra, fatta di gerarchie decennali, studi inarrivabili e guerra di prezzi.

 

Passarono due anni.

 

Un giorno andammo a uno dei soliti convegni del settore.

 

Una notaia parlò della sua pagina Facebook e di come riusciva ad attirare clienti con le ads online.

 

Per i nostri colleghi era ridicolo. Per noi, una via verso la salvezza.

Provammo a spendere 50€ in ads.

 

Il primo cliente si presentò in studio pochi giorni dopo.

Incredibile!

 

Dovevamo saperne di più. Divorammo blog di Dario, eventi, corsi di formazione.

 

Ricordo ancora quando abbiamo trovato il primo cliente da gestire totalmente online:

“Per me non c’è problema, ragazzi”.

 

Fu una rivelazione. Il nostro sogno (costruire uno studio di commercialisti digitale) era realizzabile.

 

Qualche mese dopo arrivò un’altra conferma, stavolta dai social:

200.000 views su un video YouTube in poche settimane.

 

Centinaia di ore di studio e le nostre scelte non convenzionali portavano frutti.

 

Da quel giorno ad oggi sono passati tre anni.

I nostri canali social sono esplosi (da poco abbiamo raggiunto 1 milione di views su un video TikTok) e contiamo clienti in ogni provincia d’Italia.

 

Cosa ci aiutato di più?

A tutti i “chi mai lo farebbe?” abbiamo sempre risposto “perché non provarci?”.

 

La soluzione a volte è dietro un cambio di prospettiva.

 

Massimiliano

Enrico Florentino

Leggi la storia di Enrico

Ho 50 anni e mi sento lo zio di Marketers.

Ho vissuto una vita intensa, mossa dalla curiosità.

Sono nato in banca, almeno dal punto di vista professionale.

Dopo 7 anni ho cambiato lavoro e ho imparato il mestiere del consulente finanziario.

Dopo altri 7 anni (un numero che ricorre spesso nella mia vita) sono diventato manager di altri consulenti.

Li aiutavo a raggiungere i loro obiettivi aziendali, guadagnavo bene e mi ero iscritto a un master in business administration.

Bella vita, bello stipendio.

Ma una mattina è cambiato tutto.

Mi sveglio, mi guardo allo specchio e mi dico:

“Enrico, sei felice?”

Ogni giorno tutto si faceva più pesante e difficile.

La risposta:

Se non lo faccio ora (a 45 anni) non lo farò più.

Nonostante avessi un lavoro sicuro, quel giorno ho deciso di cambiare vita. Rinunciando ai tanti agi conquistati, per puntare unicamente su me stesso.

Volevo creare una mia academy, una scuola che potesse formare migliaia di consulenti finanziari e cambiare la loro vita. Volevo farlo a modo mio.

Come al solito (quando mi metto nei casini da solo) mi sono detto:

“Flore, e mo’ so’ ca**i tuoi”.

Ora ho imparato che quando ti bruci le navi dietro, puoi solo andare avanti.

Subentra l’istinto di sopravvivenza. E non dormi la notte finché non ci riesci.

Allora però non lo sapevo, è una consapevolezza che va allenata col tempo.

Sapevo solo che rimanere dov’ero mi avrebbe portato a raccontarmi solamente delle grandi balle, a credere di non potercela fare.

La doccia fredda ti sveglia.

Tornando a noi, all’inizio (per andare avanti senza bruciarmi i risparmi) ho iniziato a tenere giornate di formazione a rappresentanti di… materassi.

Parallelamente bussavo alle porte dei miei possibili clienti, con la classica overconfidence dell’imprenditore veneto stampata in faccia.

Faccia che riceveva porte sbattute, una dopo l’altra.

Mi presentavo come un outsider, uno con idee innovative da realizzare, uno che desiderava fare la differenza per i consulenti finanziari.

Peccato che, come per tutti gli outsider, di spazio ce ne fosse poco.

Tutto veniva affidato alle solite noiose, ma affidabili, società di formazione già presenti sul mercato.

Io ero meglio, avevo di più da offrire, eppure… niente.

Mi sono detto: “vuoi vedere che è la prima volta che fai una scelta così importante (con la tua famiglia da mantenere) e hai fatto fiasco?”

Dovevo aumentare la mia autorevolezza. Ma come?

Decisi di scrivere un libro.

Invece però che iniziare scrivendolo, andai sul sito di 3 case editrici importanti e proposi a tutte e 3 di pubblicare un libro che non avevo ancora scritto (omettendo saggiamente l’ultima parte).

Mi presentai quindi davanti agli editori con una cartellina contenente tutta la strategia di promozione del libro (in quello ero bravo), ma arrivò finalmente il momento della fatidica domanda:

“Ma il libro è pronto, vero?”

E la mia risposta: “certo, è QUASI pronto”.

Ho venduto il libro allo scoperto (come si dice nell’ambiente della Borsa). Ossia prima ancora di averlo scritto.

E firmando il contratto arrivai a ripetermi di nuovo:

“Flore, e mo’ so’ ca**i tuoi”.

Un’altra doccia fredda.

Iniziai a svegliarmi alle 5 ogni mattina per scrivere il libro. Ogni singolo giorno, dalle 5 alle 7, scrivevo.

In 3 mesi era pronto, e una volta pubblicato divenne un caso editoriale nel mondo dei consulenti finanziari.

Ci sono 30.000 consulenti finanziari in Italia, e “L’Imprendipromotore” ha venduto 3.500 copie.

Che poi (sono un amante della musica classica) la mossa di vendere allo scoperto la faceva anche Rossini.

Si faceva dare un grande anticipo per le sue opere senza averle ancora scritte. Poi univa nuove creazioni a materiale vecchio e remixava il tutto.

2 secoli prima dei dj.

Comunque, ricordo quando ho aperto per la prima volta le vendite della mia academy. Era mezzanotte, e a mezzanotte e 3 minuti arrivò il primo iscritto.

Una gioia indescrivibile.

Dai 30 partecipanti di quella edizione siamo arrivati ora a 240 consulenti nell’ultimo anno.

Io voglio cambiare questo mondo. Voglio aiutare i consulenti finanziari ad essere consapevoli di rappresentare l’anello più importante della catena del valore nel settore finanziario.

Oggi tutti i miei collaboratori hanno 20-30 anni in meno di me e circondarmi di ragazzi giovani è incredibile.

Quanti anni posso avere davanti, professionalmente? 15? 20? Un ragazzo ha ancora 3 vite da vivere, con degli strumenti in mano che non si sono mai visti nella storia.

Business Genetics in tutto questo è stata una ventata di aria fresca. Ho imparato tantissime cose nuove, nonostante le mie 50 primavere alle spalle.

La lezione sulla mappa del potere e quella sulla decostruzione dell’impero mi hanno aperto la mente.

Ho compreso il valore dell’impatto che un imprenditore è in grado di generare nella società e nel mondo.

Ossia ciò che, più di tutto, ogni giorno mi sprona ad alzarmi dal letto e fare del mio meglio.

Dovete sapere che ho una moneta sempre in tasca, con scritto “memento mori”, ossia “ricordati che devi morire”.

Può sembrare triste, ma abbiamo una vita sola, ognuno di noi.

E questa moneta mi ricorda di fare ogni sera un bilancio e chiedermi se ho fatto qualcosa per rendere il nuovo giorno migliore di quello precedente.

Per concludere questa storia, voglio dirvi che non esistono le linee rette.

Non vai mai dal punto A al punto B.

La vita è fatta di tanti segmenti e l’importante è proseguire, sempre.

Come diceva Paolo Conte: “era un mondo adulto e si sbagliava da professionisti”.

O come dico io: “Flore, e mo’ so’ cazzi tuoi”.

Nicola Colle

Leggi la storia di Nicola

Ero arrivato a un bivio.

Da una parte c’era il mio lavoro da dipendente.

Dall’altra c’erano i miei primi clienti e la possibilità – dopo anni di lavoro – di concretizzare i miei sogni.

Dopo le superiori ero entrato in un’azienda come progettista d’occhiali.

Era una vitaccia.

Sveglia alle 6. 40 km in auto. 8 ore in ufficio e poi, per 3 sere a settimana, il lavoro in palestra fino alle 10 di sera.

Allenare le persone mi piaceva, ma c’era un problema: guadagnavo 5€ all’ora.

Anche se l’avessi fatto per 10 ore al giorno, non sarebbe bastato.

Non solo. Io e la mia ragazza volevamo una bambina: se avessi lavorato così tanto, come potevo vederla crescere?

Il primo passo verso l’indipendenza è stato diventare personal trainer.

Per due anni ho continuato a lavorare in palestra (dopo lavoro) e ho creato la mia piccola rete di clienti.

Ma avevo un limite: il tempo.

Un anno dopo ho incontrato personal trainer che grazie al digitale giravano il mondo e guadagnavano cifre da capogiro…

Ricordo di aver pensato “se ce la fanno loro, perché non posso farcela anche io?”

Ho scoperto Dario Vignali, ho iniziato a studiare digital marketing e a far crescere i miei canali online.

Pian piano sono riuscito a ottenere i primi clienti gestiti completamente da remoto.

Nel mentre, continuavo il mio lavoro come progettista.

Mi sentivo spaccato a metà: pronto a spiccare il volo, ma trattenuto a terra dal mio contratto a tempo indeterminato.

Non ho mai creduto nella filosofia del “bruciare i ponti”.

Prima di fare il passo – l’unico che ritenevo possibile – ho aspettato di accumulare abbastanza soldi per vivere due anni senza lavorare.

Avevo quasi tutta la mia famiglia contro.

Ma sapevo che quella vita non mi apparteneva.

Alla fine l’ho fatto.

Ho lasciato il mio lavoro da dipendente e mi sono catapultato nella mia avventura online.

A dicembre dell’anno scorso ho finalmente fondato la mia azienda. Assieme al mio team ora gestisco più di 600 persone.

La mia ragazza lavora con me. Abbiamo un lavoro che amiamo, tempo da dedicare a nostra figlia Azzurra e tempo per vivere la nostra vita con serenità, ai nostri ritmi.

Questo per me è il successo più grande.

Nicola

Tony Balbi

Leggi la storia di Tony

“Tony, le estetiste sono ignoranti! Si fanno vendere di tutto”.

Ho passato l’infanzia al Sud, in una casa con quattro donne, tra cui una parrucchiera e un’estetista.

Immaginate la mia rabbia quando anni dopo il mio capo continuava a sminuire quei lavori.

Ogni volta mi prudevano le mani.

Cosa mi tratteneva in quella preistorica agenzia di comunicazione? Me lo chiedevo spesso, ma l’affitto a Roma non si paga da solo e buttavo giù bocconi amari.

Ero destinato a esplodere. Puntualmente avvenne, dopo l’ennesima richiesta assurda. Me ne andai sbattendo la porta.

Non ve lo nascondo, avevo paura.

Avrei trovato lavoro? Come sarei andato avanti? E se fossi dovuto tornare a casa mia?

Ero disoccupato in una delle città più care d’Italia.

Un giorno feci ciò che dovevo, da tempo. Chiamai le vecchie clienti dell’agenzia, raccontai loro cosa fosse successo.

Molte mi confessarono di sentirsi limoni da spremere in mano al mio ex capo.

Ve la faccio breve, diverse estetiste apprezzarono la mia sincerità e mi invitarono a curare il loro marketing. Così ricominciai.

Non potevo immaginare che quello sarebbe stato l’inizio di un percorso che mi ha portato a realizzare fatturati a sei zeri per decine di centri estetici.

All’epoca sapevo solo di aver fatto la scelta giusta.

Conoscere Marketers mi aveva aperto un nuovo mondo, dove ho incontrato persone simili a me, alla ricerca di una strada più etica per fare marketing e business.

Senza bisogno di raggirare i clienti in ogni modo.

Negli anni ho studiato, assorbito e fatto mio il Metodo Marketers. La svolta arrivò nel 2018, quando a un evento in cui ero stato speaker mi fermò una delle estetiste che mi aveva ascoltato.

Allora era la proprietaria di un grosso centro di bellezza, oggi è una delle imprenditrici estetiche più famose in Italia.

Mi chiese se con l’agenzia che intanto avevo aperto avessimo potuto seguirla. Beh, il traguardo che tagliammo insieme mi aprì gli occhi.

Si poteva fare. In appena 12 mesi abbiamo portato il fatturato del suo centro da 500k a 1 milione, trasformandola in una star per il suo pubblico.

Avevamo declinato il Metodo nel mercato dell’estetica e ben presto è diventato il marchio di fabbrica di Up, la mia agenzia.

In poco più di 2 anni siamo diventati un punto di riferimento nel settore, aiutando decine di imprenditrici a moltiplicare i loro fatturati e migliorare le proprie vite.

Proprio grazie a questi successi, nel 2019, sono salito sul palco del World per essere premiato con il Marketers Award.

Sarò sempre grato a Dario, oggi mio amico e mentore, e alla Family per avermi aperto una strada quando vedevo solo ostacoli.
Viceversa non sarei qui, fiero e felice di aiutare migliaia di estetiste-imprenditrici – oggi membri di UMA, la nostra community, dove condividiamo strategie, consigli e tips di marketing.

Voglio chiudere con una riflessione per chi è ancora indeciso e non sa che strada prendere.

Sporcatevi le mani, non temete di andare nella direzione che sentite vostra. L’etica, coniugata alla competenza e all’esecuzione, è l’antidoto più potente alla paura.

Gli occhi saranno spesso stanchi, ma il sorriso sarà sempre leggero.

Daje!

Tony

Filosofia e Caffeina

Leggi la storia di Benedetta

Questa storia sarà piena di digressioni, non avrà un inizio né una fine.

Ad essere sincera non volevo neanche raccontarla, perché a pensarci non sono arrivata da nessuna parte.

Non sono famosa (anche se mia madre lo pensa) e non sono ricca. Forse però sono un po’ più felice e realizzata. Quindi, visto che insistete, eccola qua.

Lavoravo come cassiera in un centro commerciale. Ma prima ancora facevo la psicologa coi ragazzi in difficoltà. Guadagnavo una miseria, avevo un capo che mi trattava come una pezza e che mi rendeva impossibile lavorare.

Un giorno, durante una notte insonne a Milano, mi resi conto che volevo uscirne. Mi chiesi: cosa farei se fossi totalmente libera di decidere che vita vivere?

Mi trovavo in una camera d’albergo e sul letto di fianco a me c’era “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche. Ogni volta che mi allontano dalla mia città (Brescia) porto sempre un libro di filosofia con me.

La risposta che cercavo era lì sul letto, nell’amore di tutta una vita. In quel momento pensai a Socrate, che preferì farsi uccidere piuttosto che rinunciare alla filosofia.
Neanche io volevo rinunciarvi.

Tornai a Brescia e affrontai il mio capo, dicendogli che avrei lasciato quel lavoro e sarei tornata a studiare, mi sarei iscritta a filosofia.

Lui rispose alle mie dimissioni con queste esatte parole:

“Benedetta, dove pensi di andare? Tornerai strisciando”.

Molti pensarono che mi sarei trovata sotto a un ponte, e iniziai a temerlo anche io.

Andai a lavorare come cassiera: 10 ore in piedi a servire i clienti.

Facevo anche 190 scontrini al giorno e il mio incubo era incontrare gli ex colleghi o i vecchi compagni di università e leggere l’espressione sul loro volto.

Ovviamente successe: un giorno arrivò un ex collega, che mi guardò in faccia e disse: “che tristezza ridursi così”.

Quello stesso giorno il mio superiore aveva detto a tutto lo staff: “Mi raccomando, sorridete e proponete la borsina a 1 euro e 50”.
E quindi la mia unica risposta fu (tentando di sorridere): “vuoi la borsina?”

Ricordo che la sera rimasi da sola qualche minuto nel parcheggio del centro commerciale, tentando di scrollarmi di dosso l’identità da studentessa di filosofia (con già una laurea, un master e un tirocinio in tasca), che passava le giornate a lavorare come cassiera.

Per fortuna la filosofia mi ha sempre nutrito. Non è qualcosa che ti dà risultati immediati, ma che ti fa fiorire giorno dopo giorno.

E ora? Ora sono entrata nel meraviglioso mondo dell’insegnamento precario, in cui mi dicono anno per anno cosa insegnare. Quest’anno ho fatto educazione fisica e alternativa a religione, quindi in pratica ho insegnato filosofia alle elementari, anche ai bambini con problemi.

Se vi aspettavate quindi un viaggio dell’eroe, rimarrete delusi.

Non è una storia che parte dal basso e arriva in alto.

La vita è fatta di alti e bassi, di montagne russe che non finiscono mai. Non arrivi alla vittoria finale, semplicemente procedi verso la tua direzione.

Sì, ho ottenuto risultati impensabili, e li devo soprattutto a Marketers. Avevo già studiato Copymastery e Instadvanced. Ma sedermi in prima fila al Marketers World è stato il vero spartiacque.

Mi sono detta: “Benny, ti sei giocata le vacanze per essere qui, ora devi combinare qualcosa”.

E a distanza di mesi posso dire che qualcosa l’ho combinata.

Parlo di filosofia sui social, davanti a decine di migliaia di persone (non l’avrei mai creduto possibile), e ho avuto anche qualche grande soddisfazione (tra cui una richiesta di collaborazione da parte di Mondadori).

Ma ciò che conta davvero sono le relazioni.

Sono le persone che seguivo e che ora vogliono collaborare con me. I ragazzi che mi dicono che stanno amando la filosofia per la prima volta in vita loro, che si confidano in dm, che mi mandano storie bellissime.

Mi toglie il respiro pensare che ero la ragazzina che passava i pomeriggi chiusa in casa sulla “Fenomenologia dello spirito” di Hegel, convinta che nessuno avrebbe mai capito quanto fosse meravigliosa.

Credo che ognuno di noi abbia un filo rosso da individuare e da seguire.

Io da piccola giocavo con un libro di filosofia, non sapevo ancora leggere ma mi piaceva da impazzire la copertina. Ai miei occhi era una sorta di libro magico.

Quest’estate l’ho ritrovato, l’ho aperto e ne ho letto il titolo:

“Storia della filosofia occidentale”, di Bertrand Russell.

Tutta la mia vita successiva era già in quel libro che sfogliavo da bambina, senza che sapessi ancora leggere.

Il prossimo video di Filosofia e Caffeina (il mio profilo Tik Tok)? Lo farò su Leopardi.

Leopardi passò la vita a Recanati, finché non organizzò una fuga in gran segreto, che molti studiosi oggi ritengono “patetica”.

Ebbene, voglio invitare le persone a essere patetiche. Perché patetico deriva da pathos, ossia passione. E una vita senza passione non merita di essere vissuta.

Leopardi morì mangiando un gelato, che non poteva mangiare per le proprie fragili condizioni di salute.

Dopo anni di privazioni, fece ciò che gli andava di fare, prendendosene anche i rischi.

C’è tanta bellezza da comunicare nelle vite e nelle parole di chi ha vissuto migliaia di anni fa. Mettere tutto ciò in un video di un minuto sui social è una sfida, ma credo che ne valga la pena.

Mi torna in mente il mio prof di greco che si metteva a piangere leggendo testi di 2000 anni fa. Il fatto che 2000 anni dopo quelle parole facciano ancora piangere le persone è meraviglioso.

Dimostra la connessione eterna tra esseri umani. Che parte da Socrate e arriva (perché no?) fino a un video su Tik Tok.

L'Altra Riabilitazione

Leggi la storia di Marcello

Volevo uscire da quelle 4 mura.

Ho sempre fatto il fisioterapista classico: aprivo lo studio alle 8 di mattina e lo chiudevo alle 8 di sera.

Era la mia vita? No.

Come ne sarei uscito? Bella domanda.

Sentivo l’inquietudine crescere, ma non ambivo a stravolgere tutto.

Non sognavo auto di lusso o una vita dall’altra parte del mondo. Volevo semplicemente uscire dai limiti fisici del mio paesino e arrivare ovunque, anche solo con le parole.

Ho iniziato agendo, senza un vero e proprio piano in mano.

All’inizio aprii un sito web in cui parlavo di riabilitazione. Facevo un migliaio di visitatori al giorno, ma non avevo idea di come monetizzare il traffico.

Poi mi imbattei in Dario e Andrea Giuliodori (che considero i miei mentori), e cambiò tutto.

Articoli, ebook, videocorsi: capii che il digitale mi permetteva di comunicare ciò che sapevo fare non più solo davanti a un singolo paziente, ma a decine di migliaia di persone alla volta.

A distanza di qualche anno, oggi il mio canale Youtube ha 200.000 iscritti e il sito genera circa 20.000 visitatori al giorno.

Ma soprattutto, l’anno scorso ho raggiunto i 100.000 euro di fatturato online, superando le entrate che facevo (e che continuo a fare) col mio studio.

Quando anni fa leggevo questi casi studio sul blog di Dario mi sembravano irrealizzabili, mentre ora sono la normalità.

Come ho fatto? Se dovessi trovare una formula direi:

Arrivare prima + comunicare bene + avere costanza.

Sono stato il primo a fare il fisioterapista online e il primo a metterci la faccia. E questo ha reso fondamentale saper comunicare ciò che amavo e sapevo fare.

Qui Copymastery è stata la fulminazione sulla via di Damasco. Il copy mi ha insegnato come arrivare al cuore e alla mente delle persone, online e offline.

Tutto questo però senza la costanza non sarebbe bastato. Io nel digitale ho visto la vita: arrivavo in studio alle 8 del mattino con già un paio di ore di lavoro sul mio sito alle spalle.

Non mi pesava affatto, mi svegliavo entusiasta.

Ci sono stati momenti difficili, certo. Forse è sempre un momento difficile se hai il coraggio di metterti in discussione.

Quando non stai seguendo una via tracciata, ma ti stai inventando la tua professione giorno per giorno, è normale avere paura.

Io poi vengo da una famiglia di imprenditori e fin da piccolo ho assistito a riunioni di famiglia in cui si parlava solo di problemi e di banche.

Involontariamente associavo l’attività imprenditoriale a tutto quello.

Ho scoperto però che online le barriere sono diverse. Un tempo ci volevano generazioni per scalare un’azienda, oggi può andare tutto molto velocemente. E dipende da te farlo durare nel tempo.

Sembra strano, ma ci vuole coraggio per ammettere che puoi creare un business dirompente in pochissimo tempo. L’assenza di limiti a volte è disorientante.

Soprattutto quando non sei circondato da persone che fanno già quella vita, come nel mio caso.

Ho iniziato a lavorare online a 33 anni, con già un figlio e vivendo in un paesino in provincia di Piacenza.

Intorno a me nessuno capiva cosa stavo facendo e perché.

Oltre ai Meetup e al Marketers World (da cui ho tratto un grande beneficio), ricordo quindi molto bene quando ho incontrato Dario e la Marketers Family a Barcellona.

Quel giorno ho finalmente realizzato di essere circondato da persone che non solo mi capivano, ma che erano ancora più avanti di me.

Poi sono sincero: per me oggi la libertà dell’online non ha prezzo.

Se avessi avuto solo il mio studio avrei passato il lockdown con le mani tra i capelli. Invece ho potuto godermi lunghi momenti di relax nel giardino di casa, ho avuto la libertà di riflettere sulla mia vita serenamente.

Senza l’ansia di capire come andare avanti e anzi, vedendo il mio fatturato aumentare invece che diminuire.

Progetti per il futuro?

Sognare ciò che verrà dopo non è sempre facile.

5 anni fa avrei pensato che questo fosse il massimo pensabile. Poi ci sono arrivato e ho capito di non essere alla fine, ma all’inizio.

Ora sto per pubblicare un libro con una grande casa editrice, e questa cosa mi riempie di soddisfazione. Sto anche cercando il coraggio di reinventarmi di nuovo. Di andare di nuovo dove gli altri non si sono ancora avventurati.

A questo proposito ricordo Dario sul palco del Marketers World 2018, quando parlando di Musical.ly (allora non era ancora diventato Tik Tok), disse: “se pensi che sia una cosa da bambini, significa che stai già diventando vecchio”.

Ecco, mi auguro metaforicamente di non diventare mai vecchio. Se non dal punto di vista biologico, almeno dal punto di vista imprenditoriale.

Elo Usai

Leggi la storia di Elo

“È così facile che anche mia nonna potrebbe farlo”.

Sulla carta era tutto perfetto. Ero il marketing manager di un’azienda internazionale. Una casa editrice oltretutto (seppure a tema medico), con quella parvenza di lavoro creativo.

Quando però il primo giorno entrai in ufficio con la borsa della palestra in spalla, la capa mi accolse così:

“Si vede che sei all’inizio, vedrai tra qualche mese come ti passerà la voglia”.

Non aveva torto. Capii presto che scrivere newsletter per aziende dentali e medicali non faceva per me. E più crebbe questa consapevolezza, più mi allontanai fisicamente ed emotivamente dall’ufficio.

Iniziai (come tanti) chiedendo di lavorare da casa.

Vivevo e vivo con mia nonna, come molti ora sanno. Ho perso mia madre quando ero piccolo, mio nonno allora era gravemente malato e mi sentivo di dover fare di più per loro.

In quei giorni sentivo nonna in cucina che si annoiava, mentre io stavo al computer a fare cose che non mi rendevano felice.

Eravamo vicini ma distanti. Qualcosa con cui oggi molti di noi possono relazionarsi.

Successe poi un giorno che mi trovai impegnato nel “sensazionale” compito di dover promuovere tubi ricondizionati per colonscopie, e lì sentii il campanello suonare: non potevo continuare a perdere tempo con quelle cose.

Iniziò quasi per gioco. Seguivo i podcast di Dario, avevo già divorato Copymastery e iniziai a studiare anche Instadvanced. Un mese dopo l’acquisto del corso aprii un profilo Instagram.

Ora, la cosa buffa è che non lo aprii per me, ma per mia nonna Licia, di quasi 90 anni.

Lo feci per distrarla dalla depressione in cui era caduta. Parliamoci chiaro, chi l’avrebbe seguita?

E invece (contro ogni previsione) ora mia nonna è un’influencer, con quasi 100.000 follower.

Il profilo è cresciuto velocemente e sono arrivate le prime proposte di collaborazione. Poi da quando è stata chiamata come modella per un brand di gioielli polacco, è finita su tutti i giornali e in tv a Le Iene.

36 mila follower in 4 ore.

Il segreto? Nessuno pensava che si potesse fare. Che una donna novantenne potesse crearsi un seguito sui social. Questo unito a un rapporto incredibilmente forte con la nostra audience, che abbiamo costruito col tempo.

Per quanto possa sembrare folle, un giorno decidemmo infatti non solo di rispondere a tutti i dm, ma di creare un video di risposta per ogni singolo messaggio che nonna riceveva.

Immaginate di scrivere a una persona che seguite sui social, e di ricevere una risposta attraverso un video apposta per voi, in cui vi ringrazia personalmente.

Il confronto con Renato Gioia in tutto questo è stato fondamentale, è stato il mio mentore a tutti gli effetti. E lo stesso vale per Marketers, sia a livello di strategie, che di community, di aiuto e confronto continuo. Al Marketers World poi ho conosciuto persone stupende con cui sono ancora in contatto e che è stato meraviglioso incontrare anche “nella vita offline”.

La cosa curiosa è che inseguendo un sogno sono arrivato a risultati professionali che non avrei mai raggiunto se fossi rimasto nell’ambiente standard in cui mi trovavo prima.

Ora vengo citato in articoli ovunque come esperto di digital marketing, sono docente allo IED e al Gambero Rosso, sia io che nonna veniamo contattati per iniziative stupende e sto realizzando tanti altri sogni che avevo da tutta la vita nel cassetto (alcuni ancora top secret). Se prima ero io a dover cercare arrancando le opportunità, ora sono loro a bussare alla porta.

Può sembrare un cliché, ma credo che la strada incerta sia quella che può dare più gratificazioni.

Se penso al senso di sofferenza che provavo allora e alla solitudine di mia nonna, che aveva perso il marito dopo una brutta malattia, capisco che questa storia ha cambiato due vite, non una. E anzi, forse molte di più.

E ora? Il passo successivo è creare un blog di invecchiamento positivo, rivolto agli over 70 e a chi ha il compito di prendersi cura di loro. Un progetto che spero avrà un impatto positivo sulla vita di tante altre persone.

Si parlerà di temi spesso trascurati, come alimentazione per anziani, sicurezza domestica e domotica, così come di argomenti più leggeri, quali moda e viaggi per over 70.

I feedback che già mi danno più soddisfazione sono quelli di persone giovani che, ispirate da noi, ci scrivono che hanno compreso l’importanza di passare più tempo con i propri nonni. A questo proposito abbiamo anche partecipato da poco a un’iniziativa chiamata “adotta un nonno”, con l’obiettivo di connettere maggiormente anziani e nipoti.

La scoperta più straordinaria è poi che, facendo un’analisi dei nostri follower, abbiamo scoperto che ci sono tante persone anziane, che molto raramente sono su Instagram.

E questo non ci fa mai mancare il divertimento.

Ci sono settantenni che scrivono alla nonna per consigli sui rossetti. Nonna recentemente è stata anche invitata da Barbara D’Urso su Canale 5 e presentata come “la regina di Tik Tok” (piattaforma dove abbiamo video che superano il milione di views).

Credo che, al di là dei singoli risultati che abbiamo ottenuto, dare vita a un progetto insieme a una persona cara sia meraviglioso.

E la cosa più importante è sempre iniziare. Ho postato la prima foto di nonna su Instagram un mese dopo l’acquisto di Instadvanced. E le cose sono andate molto più velocemente di quanto potessi pensare.

Se posso dare un messaggio positivo per concludere questa storia, è quello di non limitarvi alla “strada sicura”.

Se posso darne un secondo: ricordatevi dei nostri nonni, non lasciateli da soli.

Ma soprattutto: se li andate a trovare, cercate di non limitarvi a scattarvi un selfie con loro, per poi passare il tempo davanti al telefono. Ascoltateli, trascorrete davvero momenti di qualità insieme alle persone a voi care.

Vi stupirete di quanta saggezza e vitalità possono darvi, anche alla tenera età di 90 anni.

Spero che questa storia possa ispirarvi. Non c’è tempo per essere tristi.

Elo

Giorgia Colavita

Leggi la storia di Giorgia

Mi prendo la responsabilità di ciò che sto per dire.

Sarà impopolare e molti mi odieranno. Ma sarà anche profondamente vero.

Credo che il marketing digitale non dovrebbe essere di tutti.

Prima di inca***rvi, pensateci:

Abbiamo trattato l’ecosistema online come l’ambiente più democratico della storia.

Il luogo dove ognuno può farcela e dar vita al proprio sogno. Vendere qualsiasi cosa e vivere una vita meravigliosa.

Qual è il risultato?

Da un lato ci sono tantissime persone creative che si sono inventate vite e lavori, e ciò è fantastico.

Dall’altro, l’online si è riempito di gente che scimmiotta strategie altrui per promuovere roba scadente.

Gente che vede un ad e la copia. Vede un funnel e lo copia. Questo perché per replicare un prodotto servono anni di lavoro, per replicare una strategia di marketing le barriere sono inesistenti.

Per questo credo che sia il momento di stringere la tenaglia. Il momento di non fare entrare in questo mondo chi non ha un codice etico. Chi usa in modo improprio ciò che viene insegnato in ambienti come Marketers, e che ha un valore così elevato.

Parlando di valore, credo non esista nessun percorso in Italia che ne ha così tanto come Business Genetics.

Ma lasciatemi fare un passo indietro.

Lavoro nel mondo del marketing da una decina d’anni, gestendo diversi team in diverse aziende.

Parliamoci chiaro, non mi sono mai sentita una dipendente. Quando i progetti nascono da te, diventi una sorta di imprenditore dentro l’azienda.

E io sono sempre stata una persona ambiziosa. Ho sempre creduto che il desiderio di eccellere fosse un’inquietudine positiva, una “fame di vita” necessaria.

Ma per quanto me la raccontassi, quella che facevo anni fa non era una vita sana. I ritmi folli mi assorbivano e dormivo due ore a notte.

Finché un giorno non mi hanno ricoverata. Avevo 190 battiti a riposo, i medici temevano che avessi un aneurisma e rimasi in ospedale per 10 giorni.

Quella fame mi stavano uccidendo.

Uscita dall’ospedale mi licenziai.

Decisi di cambiare vita e iniziai a lavorare in una copisteria di Reggio Emilia. Un’azienda ferma agli anni ’80.

Una tela bianca dove potevo sbizzarrirmi e ripartire da zero.

Creai il sito, la veste grafica, il marketing. All’epoca avevo già fatto Instadvanced, Copymastery e Facebook Advanced.

E dopo?

Il (buon) lavoro paga sempre.

La copisteria inizia quindi a crescere e tutto va alla grande. Ma quando arrivo all’obiettivo che mi sono posta, capisco che ho bisogno di nutrirmi di altro.

Un giorno mi contatta un noto brand. Sono una S.p.a., io la ragazza della copisteria di Reggio Emilia. Facciamo un paio di incontri, in cui mi dicono che stanno cercando una nuova agenzia di marketing.

Mi fanno una proposta da 10k al mese. I miei capi si spaventano. Troppo fatturato, troppe tasse. Troppa crescita troppo velocemente.

Realizzo che ho trasformato quella piccola copisteria in un’agenzia di marketing capace di riscuotere l’interesse di brand enormi.

Io e la mia collega Antonella ci guardiamo in faccia: non possiamo dire di no a un contratto del genere. Che fare?

La prima cosa che faccio è comprare Business Genetics. La seconda è licenziarmi (insieme alla mia collega e ora mia socia). La terza è partire in viaggio per San Francisco.

2 settimane dopo, al mio ritorno in Italia, la mia fame aveva divorato il corso da cima a fondo.

Prima avevo un’idea di business, che mi avrebbe portato a fare molti errori. Errori che Business Genetics mi ha impedito di commettere.

Non so come avrei iniziato da zero. Sarei stata una dipendente con molte qualità, non un’imprenditrice.

Quello che è successo è che un giorno dopo essermi licenziata sono passata da 30k l’anno come dipendente a un giro d’affari di 140k.

E la cosa divertente è che ho anche detto di no a quel grosso cliente.

L’ho fatto per salvaguardare la mia salute. Non volevo rimanere incastrata nelle dinamiche da agenzia. Avrei finito per lavorare solo per loro e non sarei stata libera.

Ho aperto un’agenzia (Arketing Studio), perché è ciò che so fare bene. Ma so anche che non è ciò che vorrò fare per sempre.

È il mio 20/80 capace di darmi la vita e le soddisfazioni che voglio, per poter lavorare su ciò che già mi ronza in testa.

Oggi in Arketing non siamo più in 2, ma in 7. È ormai una realtà solida, strutturata e in crescita.

E questo dopo neanche 12 mesi.

Licenziandomi ho fatto all in, ho messo tutto sul piatto. E ora mi trovo spesso a pensare:

“perché non l’ho fatto 10 anni prima?”

La qualità della mia vita è esplosa, oltre ogni immaginazione. Posso dire sì e no quando voglio. E dico molti più no che sì.

E ora?

Sto cercando di creare un prodotto che abbia dei forti valori etici al centro.

Non voglio far parte della schiera di persone che si lamentano, ma essere tra quelle che fanno qualcosa per migliorare il nostro pianeta.

Voglio unire business, etica e scalabilità in un progetto che continui ad emozionarmi e che sia in costante crescita.

Pur continuando a prendermi cura della realtà che ho creato e di cui sono estremamente fiera.

Realtà che è come un bambino, che ho accudito e che ora è quasi pronto a camminare con le proprie gambe.

La verità è che ho voglia di dedicarmi a qualcosa che non tocchi solo me.

Ho l’esigenza di restituire qualcosa indietro, perché sento di aver avuto tanto dalla vita. Ho fatto tante esperienze, e anche ciò che mi è successo di negativo è stato un grande regalo.

Ora se non restituisco tutto ciò esplodo. Sento questa gratitudine immensa che se ci penso mi fa commuovere.

Ho fame, da sempre. Ma questa fame finalmente ha smesso di logorarmi, e ha iniziato a nutrirmi.

Debora Carofiglio

Leggi la storia di Debora

COLPISCI PIÙ FORTE

La grande crisi del 2008 si è portata via l’azienda di famiglia. Un anno prima era venuto a mancare mio padre.

Ho sentito la terra venir meno sotto ai piedi.

In azienda mi ero sempre occupata di organizzazione e logistica. Parallelamente però mi affascinava il mondo di internet.

Allora era tutto così rudimentale. Nel 1998 avevo creato il mio primo sito web, da lì non ho mai smesso di buttare un occhio a quel nuovo mondo.

La passione è rimasta. Così come la voglia di mettermi in gioco…

Quando però la vita ci si mette, sa colpire forte.

Nel 2012 ho affrontato un divorzio. Da lì i soldi hanno iniziato a scarseggiare sul serio.

Intanto avevo trovato un nuovo lavoro, ma lo stipendio mi durava poco più di una settimana: metà se ne andava per l’affitto, in più avevo un figlio di 10 anni da mantenere.

È stata dura.

Potrebbe sembrare esagerato, ma un post mi ha svoltato la vita.

La passione per la rete non se n’era mai andata e mi ha tirato fuori da quell’incubo. In un angolo di me stessa, coltivavo il sogno di avere un mio business digitale.

Non perché volessi guadagnare chissà quanto o avere il macchinone e la villa a Dubai.

Semplicemente volevo poter lavorare senza vincoli di orario e luogo per poter stare quanto più possibile vicina a mio figlio.

Ecco perché quando per la prima volta ho sentito parlare di Business Genetics mi si è accesa una lampadina (il mio istinto aveva ragione).

Prima però c’era qualche altro ostacolo da affrontare a testa alta.

Ho sempre studiato quando potevo, spesso di notte. Leggevo il blog di Dario e seguivo anche Marcello Marchese.

Era ormai il 2016 e la mia vita, per il resto, continuava a essere un mare in tempesta. Proprio un annuncio di Marcello arrivò nel momento giusto, quando ero disoccupata ormai da un po’:

Cercava una persona per il customer service di un suo progetto.

Mandai la mia candidatura, pochi giorni dopo ero già a colloquio. Finalmente da remoto.

Finalmente avevo trovato qualcuno che non mi dicesse che ero “troppo qualificata per il ruolo” (sì, mi è capitato più volte e ogni volta mi veniva sbattuta la porta in faccia).

Anzi, nel giro di una settimana mi trovai a gestire l’e-commerce nonché l’intero customer service.

La faccio breve.

La mia nuova avventura andava a gonfie vele. Dopo tante difficoltà, una boccata d’aria.

Negli anni seguenti mi sono guadagnata sempre più spazio, fino a diventare manager.

Nel 2019 però qualcosa s’è rotto. Mi sono resa conto che i miei ideali non combaciavano più con quelli dell’azienda e sentivo forte la voglia di costruire qualcosa di mio.

Presi una decisione, insieme al mio nuovo compagno, senza immaginare minimamente dove ci avrebbe portati in pochissimo tempo.

Era una sfida, ma nessuna sfida ormai poteva essere più ostica di quelle che avevo combattuto fin lì.

L’idea che mi frullava per la testa era questa: costruire una società di logistica diversa, che desse supporto totale a e-commerce e network di affiliazione.

Non si sarebbe occupata solo di spedizioni, ma anche di assistenza dei clienti, gestione delle giacenze e dei reclami e conferma dell’ordine telefonica.

Da questo sogno è nata Momoka. C’era però un “piccolo” problema.

Vi ho detto che si trattava di una sfida…

Durante la mia precedente esperienza avevo stretto rapporti con tanti proprietari di e-commerce e affiliate marketer.

Appena seppero della mia nuova azienda, vollero lavorare con me.

Bello, no? Sì, senza considerare però che volevano partire subito.

Era marzo 2019 e, in un solo mese, avremmo dovuto costituire legalmente l’azienda, fare un business plan, pensare a un tariffario, stendere i contratti, trovare i collaboratori, un gestionale, un VOIP, un magazzino e i corrieri.

Non vi nascondo che è stato un mese di poche ore dormite, tanta preoccupazione. E una tonnellata di voglia di farcela.

Fatto sta che il 2 maggio 2019 abbiamo fatto le nostre prime 200 spedizioni. Niente rispetto a quello che sarebbe successo esattamente 1 anno dopo…

Durante lo scorso lockdown abbiamo dovuto cambiare magazzino. Era troppo piccolo per gestire il boom di richieste.

Ne abbiamo preso uno da 800 mq.

Per fortuna nel mezzo avevo trovato un alleato. Un alleato blu.

Come ho detto, ho sempre studiato quando potevo. E volevo continuare a farlo. Cercavo però qualcosa di diverso dai soliti infoprodotti che promettono guadagni mirabolanti.

Così, in occasione del suo primo lancio, ho acquistato Business Genetics.

Business Genetics è stata una scoperta. Prima di tutto, di me stessa.

Ha stravolto la mia crescita personale e ancora oggi sto lavorando per mettere in pratica tutto ciò che ho imparato al suo interno.

Era proprio ciò che cercavo.

Oltre all’enorme carica di crescita personale, questo corso mi ha trasmesso il super-potere dell’imprenditore: la delega.

Probabilmente senza non sarei mai riuscita a scalare Momoka nel giro di qualche settimana.

Le 200 spedizioni iniziali sono diventate 40,000 in appena 2 mesi (marzo e aprile).

E di certo senza Business Genetics non riuscirei a sognare il futuro che ora immagino per la mia creatura.

Oggi manteniamo ancora la media di circa 20,000 spedizioni al mese e a fine ottobre siamo arrivati a 1 milione di euro di fatturato (uno dei miei grandi obiettivi quando ho preso BG).

Siamo ancora all’inizio. Sono sicura che ne vedremo delle belle. E ve le racconterò…

Sono una persona abbastanza timida, ma ho deciso di uscire dalla mia comfort zone. Per un motivo molto semplice.

In tutta questa negatività abbiamo bisogno di fermarci, guardare dentro di noi e trovare la forza di fare qualcosa di bello.

Spero che le mie parole possano aiutarvi anche solo un po’ a riuscirci.

Ricordate:

“Quando la vita ci si mette, colpisce forte. Ma tu, beh, colpisci più forte”.

Un bacio,
Debora.

Mario Affatato

Leggi la storia di Mario

Quel giorno di febbraio ero in camera mia, poco più grande di un bagno. Bologna era ancora nuova per me, la prima sessione di esami a Medicina era andata bene.
 
L’università non mi sembrava l’inferno di cui mi avevano parlato. Me l’avevano così dipinta talmente tante volte che stavo finendo per crederci.
Seduto alla scrivania, pensavo a come impegnarmi in qualcosa di diverso.
 
Avevo ancora fresche le nozioni dei test. Ero rimasto in alcuni gruppi di preparazione su Facebook. Intanto erano diventati mercatini di corsi di dubbia qualità a prezzi assurdi.
 
Perché non aiutare chi coltivava il mio stesso sogno?
 
Quattro anni fa chi voleva provare a studiare Medicina aveva poche scelte. Tra queste, uno di quei corsi da diverse migliaia di euro, che spesso insegnano poco e niente.
 
Quasi per caso aprii una pagina, la chiamai Pro-Med. Spiegavo ciò che sapevo come a un compagno di corso.
 
In qualche tempo raccolsi più o meno 1,000 likes. Mi sembrava fantastico.
 
Ad aprile si unirono a me alcuni amici. Fomentati dal successo inaspettato, volevamo lanciarci in un’iniziativa che sembrava più grande di noi: un corso in aula.
 
Arrivò luglio, non avevamo un euro, ma riuscimmo a organizzare l’evento. Il lavoro di notti intere fu ripagato quando vedemmo 40 persone da tutta Italia venire a Bologna per noi.
 
Eravamo entrati in un mercato di aziende che chiedevano 10,000€ a corso, senza budget e con una scatola di scarpe, dove chi voleva poteva lasciarci una mancia.
 
Vi risparmio tutti gli inconvenienti tecnici, il corso andò una bomba. I feedback furono entusiasti e noi felicissimi.
 
Ancora non avevamo idea di dove stessimo andando. Fino a quel momento avevamo fatto qualche interrogazione di latino e un paio di esami universitari.
 
Il primo anno di Pro-Med fu dannatamente intenso. Da una semplice pagina Facebook a un corso in aula in pochi mesi: eravamo diventati grandi.
 
La voglia genuina di dare una mano ci aveva dato la sfrontatezza di lanciarci in quello che sarebbe diventato un viaggio imprenditoriale.
 
L’unica competenza di cui si ha davvero bisogno, in fondo, è proprio il coraggio di partire.
Il resto verrà strada facendo.
Un po’ come è capitato a me. Nel 2018 ho scoperto Marketers, da lì mi si è aperto un nuovo mondo.
 
Al di là di tutto ciò che ho imparato dai corsi, al World, nella House e ancora prima nelle community, sono diventato un essere umano migliore di ieri.
 
Ho incontrato persone straordinarie, che mai avrei pensato di conoscere. Senza di loro molto di quello che è successo in questi anni non sarebbe stato possibile.
 
Diverse sessioni invernali sono passate, ho dato un bel po’ di esami, l’ultimo qualche settimana fa. Intanto Pro-Med è diventata un’azienda con 50 dipendenti e 10 sedi in Italia.
 
Oggi teniamo corsi dal vivo da Nord a Sud e offriamo formazione online per migliaia di ragazzi che vogliono prepararsi ai test di Medicina e Professioni Sanitarie.
 
Non sono Superman e tantomeno un maniaco dell’organizzazione. Semplicemente faccio ciò che mi appassiona, trovare il tempo per tutto non è un peso.
 
Quando l’anno scorso Facebook ci ha premiati come una delle migliori community d’Europa e Forbes ci ha inseriti tra le 10 migliori community online d’Italia ho ripensato a quella scatola di scarpe.
 
Tutto è partito da lì, una scatola di scarpe e un centinaio di euro in mance.
 
Non sapevamo niente di business o marketing, abbiamo imparato studiando e sporcandoci le mani. Sapevamo solo dove volevamo arrivare.
 
Eravamo e siamo convinti di voler aiutare i ragazzi italiani a raggiungere i loro traguardi personali.
 
Basta questo? Ovviamente no, ma quando sei mosso da un sogno gli ostacoli diventano sfide, le sfide diventano obiettivi e gli obiettivi diventano realtà.

Ida Dalicante

Leggi la storia di Ida

LA TRAPPOLA DELLA NORMALITA’

C’è sempre stata una domanda a cui non sapevo rispondere:

Cosa vorresti fare da grande?

Può sembrare sciocco ora, ma non avere una risposta mi faceva pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in me.

Mi ero ormai rassegnata a portare termine ciò che avevo iniziato (la laurea in Economia) e poi chissà…

Sin da piccola, per i miei parenti e conoscenti, ero sempre stata “quella che sa cantare”.

Nel 2009 avevo anche iniziato a pubblicare su YouTube le mie cover di canzoni famose. Fecero qualche migliaia di views, non poche per l’epoca.

Però quella definizione mi stava stretta.

Ero “quella che sa cantare”, ma le mie ambizioni mi portavano altrove.

Avete presente quei programmi televisivi sugli imprenditori americani?

Ecco, non so bene perché, ma avevano fatto nascere in me il fascino dell’imprenditoria.

L’idea di organizzare un gruppo di persone intorno a un’idea per trasformarla in realtà mi attraeva.

Anche per questo motivo, nel 2012, mi ero iscritta a Economia.

Presto mi resi conto che volevo fare, non solo riempirmi il cervello di teoria. Continuavo a non capire cosa cavolo volessi combinare nella vita…

L’esame di marketing mi illuminò o, almeno, così mi sembrava allora. A me piaceva (e piace) il business della moda. La mia mente pensò:

“Perché non aprire un blog dove parlare di marketing e moda?”

Ecco come nacque “Pistacchio e Liquirizia”.

La storia di questo nome? Beh, dietro c’è stata una lunga ricerca di mercato, brainstorming infiniti…

In gelateria. Sì, in realtà l’ho pensato in gelateria, mentre ero in preda all’indecisione tra un cono pistacchio e cocco o pistacchio e liquirizia.

Potete immaginare, con questi presupposti, che fine abbia fatto il mio primo blog.

Al di là di questo però, quell’esperienza mi fece conoscere – virtualmente – prima Dario e poi Luca.

A dirla tutta, testarda come sono, ho letto le guide di Dario e poi ho deciso di fare di testa mia. Diciamo che non è andata benissimo.

Luca, invece, all’epoca aveva un podcast. Era circa il 2015.

Loro due comunque mi fecero buttare l’occhio su un nuovo mondo.

Era un mondo diverso da quello – teorico e astratto – dove mi ero rassegnata a rimanere. Un mondo fatto di cose concrete, progetti entusiasmanti…

E poi? Beh, di motivi ce ne sarebbero tanti, ma dopo quella scoperta caddi in un blocco totale.

Nonostante tutto mi rintanai in quella che mi sembrava la normalità.

Dal 2015 al 2018 mi sono trascinata dietro una vita che non mi soddisfaceva, andando verso un futuro che non mi entusiasmava.

Questo fino al 6 febbraio 2018.

Probabilmente stavo cazzeggiando su Facebook, in una “pausa” dallo studio per l’esame di Diritto privato.

Ero iscritta a WE ARE MARKETERS da tempo. Scorrendo il feed, lessi un post dove si annunciava la ricerca di nuovi Jedi.

Ora, voglio essere onesta: non sapevo neanche che cosa fossero i Jedi.

Tuttavia quella mi sembrò l’occasione per dare una sterzata alle cose. Mi dissi “ma sì, proviamoci”…

Per la vostra gioia, ho recuperato la mia candidatura. L’avevo chiusa così:

“Male che vada, mi candido come donna delle pulizie visto che siete dei casinisti fenomenali. Posso anche cucinare”.

Sì, mi sono candidata come donna delle pulizie di un’azienda senza uffici. Un vero genio, eh?

Al di là di questo, rileggere quella candidatura mi ha fatta sorridere e riflettere. Queste parole in particolare le sento ancora mie, a distanza di anni:

“La normalità, la monotonia non fa per me. Voi siete un concentrato di ciò che vorrei vivere. E poi, ho tanta voglia di mettere in pratica ciò che ho imparato, così come ho voglia di continuare a imparare e darvi fastidio”.

Non so perché, ma la mia candidatura fu accettata.

Dopo 2 anni sono ancora qui a dare fastidio e ho raggiunto un traguardo di cui sono fiera…

Oggi sono Community Manager in Marketers e dirigo la squadra dei miei fantastici, pazzi Jedi.

Finalmente posso rispondere:

Cosa voglio fare da grande?

Prima di tutto, non voglio smettere di sorprendermi e scoprire nuovi mondi.

E sì, voglio continuare ad aiutare i miei Jedi, ragazze e ragazzi da tutta Italia che moderano i gruppi Marketers, a trovare la propria strada. Magari lontana da quella che per gli altri è la “normalità”.

Perché, se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi anni, è proprio questa:

La vita è troppo breve per lasciarsi dire cosa farne da una persona diversa da sé.

Un abbraccio,
Ida

Irene Bosi

Leggi la storia di Irene

Carriera vs Vita.

Perché dovremmo scegliere?

Già dall’università di economia ti insegnano a competere con gli altri.

La curva gaussiana dei voti dice che se aiuterai il tuo vicino di banco sarai tu a rimetterci.

Il mondo del lavoro tradizionale poi è spesso il proseguimento di tutto ciò, soprattutto in Italia.

È un mondo in cui se vuoi avere successo devi dedicare al lavoro il 110% della tua vita.

Stare in ufficio fino alle 9 anche se non hai niente da fare.

Avere un atteggiamento freddo e formale con colleghi e superiori.

Rendere il tuo capo felice prima ancora di pensare a come portare risultati.

Io da un lato ho sempre amato moltissimo il mio lavoro.

Ma dall’altro queste dinamiche mi hanno sempre fatto sentire inquieta dietro a una scrivania.

Per tanto tempo ho vissuto in una città che non faceva per me.

Ho avuto poco tempo per tutte le mie passioni.

Ho timbrato cartellini su cartellini.

Chiedendomi perché dobbiamo rinunciare alla libertà di viaggiare quando vogliamo, ai nostri interessi e alla nostra personalità per poter fare carriera.

Un giorno ho deciso di cambiare vita.

Mi seguivo su Instagram con Luca Cresi Ferrari.

Lui mi vedeva uscire dall’ufficio in skate, io lo vedevo condividere contenuti di business, lavorare dalla barca, mentre era a sciare o in viaggio.

Mi sono detta: vuoi vedere che questa vita esiste davvero?

Gli ho scritto facendogli una semplice domanda:

“Come fai?”

Qualche giorno dopo ci siamo sentiti al telefono. Ricordo che mentre mi parlava di Marketers e Yoga Academy mi brillavano gli occhi.

All’epoca ero brand manager in una multinazionale e stavo per cambiare lavoro: una posizione importante e una bella carriera davanti.

Quel giorno ho deciso di pancia. Sapevo poco di Marketers, ma ho rinunciato a una scelta sicura per abbracciare l’ambiente e le persone giuste.

Oggi ciò che non mi manca del mondo corporate è che nel momento in cui entri in ufficio smetti di essere una persona.

Cambi modo di parlare, di agire, di pensare.

Per questo non potrei essere più felice della scelta di diventare brand manager di Yoga Academy.

Oggi posso viaggiare, fare sport e allo stesso tempo lavorare ottenendo risultati e gestendo progetti complessi.

Posso spingere sempre più in su l’asticella della carriera, senza rinunciare alla mia vita, ma anzi: godendomela a pieno.

Progetti per il futuro?

Continuare a far crescere Yoga Academy e parallelamente dedicarmi a ciò che ho dovuto trascurare negli ultimi anni.

Da 5 anni ogni estate mi ritaglio a fatica un po’ di tempo per andare in Sud America e fare volontariato, applicando il marketing in contesti completamente diversi dal nostro.

Sono attività che mi aiutano a diventare una persona migliore e più creativa: mi mettono alla prova come essere umano.

Concludere questa storia è difficile, perché sento che è ancora tutta da scrivere. Ma voglio invitare tutti voi a rimanere persone anche nel contesto lavorativo.

Il mondo è cambiato molto nel 2020.

Con il covid tante persone hanno messo in dubbio il modo in cui gestivano la propria vita, rendendosi conto che è bello avere tempo per se stessi.

Mentre altre si sono annoiate ad avere più tempo libero. E probabilmente torneranno a lavorare in ufficio fino alle 10, inseguendo la chimera della carriera.

Penso che sia bello ritagliarsi spazio e tempo per vivere a pieno la propria vita, secondo le proprie regole.

Per questo spero che sempre più persone decidano di farlo.

Una cosa è certa: è di queste persone che amo circondarmi.

Francesco Delle Femmine

Leggi la storia di Francesco

BREVE DIARIO DI UN MARKETER NICHILISTA

Sarebbe stata una traversata da 11 ore e 40 minuti.

Salendo sul Flixbus per Milano Lampugnano non sapevo cosa aspettarmi. Avrei passato la notte lì, seduto al mio posto pagato 1€, per arrivare a destinazione alle 8 della mattina dopo.

E poi? Tutto questo per un aperitivo? In quanti mi avrebbero capito?

Era il 2015, trascinavo la mia vita tra l’università e la prospettiva di una carriera che mi soffocava al solo pensiero.

Sono un nichilista convinto, ma da un po’ avevo scoperto un gruppo di ragazzi che sognavano e mi facevano sognare in grande.

Quando sentii parlare di un aperitivo a Milano, dove per la prima volta si sarebbero ritrovati tutti i Marketers, decisi di andarci. A ogni costo.

Il problema?

Abitavo (e abito) in provincia di Caserta, a circa 748km da Milano. E all’epoca avevo poche decine di euro da parte…

Dopo essermi formato online, anche grazie al blog di Dario, avevo trovato il mio spazio per sperimentare.

Un amico aveva un’agenzia di marketing offline e, con lui, iniziammo a proporre i primi servizi digitali.

I budget erano risicatissimi, ma è stata una palestra formidabile. Me ne dovevo inventare di ogni per raggiungere gli obiettivi…

Ricordo che, nel periodo di quel primo aperitivo Marketers, Instagram aveva introdotto la localizzazione dei post.

Io ci avevo costruito una strategia per un piccolo ristorante (segno del destino?).

Oggi aggiungere la localizzazione è la cosa più naturale del mondo, allora ci portò una copertura pazzesca e altri buoni risultati.

Quel piccolo successo mi aveva fatto capire che c’era un futuro per quello che facevo…

Mi serviva però sentirmelo dire da persone simili. Allora, giù da me, non avevo l’approvazione di nessuno.

Quell’1€ speso per il Flixbus (l’unico mezzo di trasporto che mi potevo permettere) fu il miglior investimento che potessi fare.

Arrivato a Milano, mi fiondai nella stanza che avevo preso. Diciamo che non era per niente di lusso.

Anche il mio budget personale era risicatissimo.

Passai la serata chiacchierando con Dario, Luca, Vittorio e tutti gli altri. Mi aprirono la testa con le loro storie e i loro consigli.

Appena ci salutammo, mi precipitai di nuovo a Lampugnano. Nuovo bus, nuova traversata, ma dentro di me era scattato qualcosa.

A casa mi aspettavano la vita di sempre e l’università. 5 anni fa non era così “mainstream” lasciarla.

Non potevo rimandare più: Dovevo prendere la mia vita in mano. In fondo lo sapevo già:

Avrai abbandonato l’università per sempre. Volevo dedicarmi al digital marketing.

Quando mi decisi definitivamente i miei non la presero benissimo, ma ormai non si poteva tornare indietro.

A Milano tutti mi avevano dato un consiglio, riassumibile così:

“Trovati un co-working dove esprimere le tue potenzialità e conoscere gente”.

Quando tornai a Caserta fu la prima cosa che feci con i pochi spicci che mi rimanevano…

Fu la scelta migliore che potessi fare, dopo quell’investimento di 1€ per il Flixbus per Milano.

In quel co-working sono cresciuto, ho conosciuto persone pazzesche e trovato clienti incredibili. Proprio lì nacque Alfonsino, un progetto di food delivery focalizzato su piccole città.

Erano passati anni da quell’aperitivo, ma mi imbarcai in questo viaggio con lo stesso spirito. Dove mi avrebbe portato?

Ve la faccio breve.

Dopo 3 anni dalla fondazione, Alfonsino è in oltre 400 centri in Italia e stiamo progettando una nuova espansione.

Per 2 anni mi sono occupato del customer service. Poi mi sono spostato sempre più sul marketing e tutt’ora me ne occupo per Alfonsino e altri clienti (di cui magari vi racconterò in futuro).

Marketers è stato un compagno di percorso immancabile. Ho comprato e divorato praticamente ogni corso.

Al di là delle singole strategie, ciò che mi è rimasto è una mentalità che applico ogni giorno nel mio lavoro.

Proprio qualche settimana fa, insieme a tutto il team di Alfonsino, abbiamo chiuso un crowdfunding da 350,000€.

Era il secondo per noi (il primo era da 150,000€).

Eravamo indecisi se provarci o no. Alla fine ci siamo lanciati, applicando il puro Metodo Marketers:

Abbiamo aperto una community, l’abbiamo popolata di potenziali investitori e dato valore a ciascuno di loro (in base alle diverse esigenze).

In pochissimo tempo siamo arrivati al goal. Così, ora è ufficiale, nei prossimi 24 mesi apriremo in 24 nuove città.

Questo è stato uno dei miei traguardi personali, che mi ha insegnato tanto in questo anno così complesso.

Un anno che, nonostante io rimanga un nichilista convinto, mi ha insegnato una cosa:

Non importa quanto duro e lungo sembri il viaggio, il cammino spesso ti porterà dove non ti aspetti e ti lascerà più ricco di esperienza e conoscenza.

A presto. Un abbraccio,
Francesco

Paolo Nenci

Leggi la storia di Paolo

“L’ombra del noce è come quella del padrone: non è buona per nulla”.

Nonno Franco lo ripete da quando sono bambino. Per anni non ho capito davvero cosa volesse dire.

Nel dopoguerra nonno aveva fondato la sua piccola azienda agricola.

Lo presero per pazzo, perché per farlo rifiutò 3 bei lavori. Non per spirito imprenditoriale o altro:

Nonno voleva vivere la vita a modo suo, con le sue galline, le sue uova, i suoi conigli…

Io sono cresciuto guardandolo come esempio e appena diplomato in agricoltura mi sono fiondato a lavorare con lui.

Era il 2010 e prestissimo ho scoperto alcune cose:

La prima? Vivere di sola agricoltura è un bel sogno, ma oggi è impossibile.

Sì, hai sempre da mangiare, però rimangono bollette da pagare e spese da sostenere.

L’altra era che in azienda non avrei potuto innovare come volevo.

Mio nonno era giustamente affezionato a quello che aveva costruito con le sue mani.

Ancora però non sapevo tutta la verità…

In ogni caso, dopo un po’, decisi di andare a lavorare da dipendente per altre aziende agricole, arrivando a guadagnare un buono stipendio.

Nonostante ciò nel 2017 ho preso una decisione inaspettata.

Mio babbo e mia mamma lavorano in altri settori, mai avrebbero potuto portare avanti l’attività di famiglia.

Così lasciai stipendio assicurato, ferie e zero responsabilità per affiancare di nuovo nonno Franco.

Ero folle?

No, adesso capivo cosa aveva sempre voluto dirmi:

Così come sotto l’ombra del noce è impossibile coltivare qualcosa, “sotto il padrone” è complicato liberare la propria natura e costruire i propri sogni…

Io sognavo in grande, ma la vita si mise di traverso.

Prima di tutto scoprii che l’azienda era in rosso.

Ogni anno nonno ci rimetteva migliaia di euro dalla sua pensione. Non potevo immaginarlo.

Vi lascio pensare come ci rimasi.

Oltre a questo, proprio a inizio 2017, venni a sapere che la mia ragazza di allora mi tradiva.

Stavamo insieme da 8 anni e convivevamo da 5.

Per mesi non uscii di casa e persi 10 chili. Non dimenticherò mai cosa mi disse suo padre:

“Paolo, devi capirla. State insieme da quando avete finito le superiori e ancora non si sa cosa vuoi fare da grande.

Vuoi fare il contadino? Ma che futuro le può dare un contadino?”.

Questa fu la scossa interiore che mi serviva ad affrontare paure e dubbi.

Soldi non ce n’erano, quindi mi rimboccai le maniche.

Con passione, dedizione e tanta umiltà andavo a curare i terreni di altri per investire qualcosina nell’ormai mia azienda agricola.

Intanto ebbi un’illuminazione…

Nei mesi passati chiuso in casa avevo scoperto diversi lifecoach italiani e, forse con una sponsorizzata, anche un ragazzotto della mia età.

Vedevo le cose che faceva questo Dario Vignali e pensavo: “Che bello!”.

All’epoca non potevo certo comprare corsi o altro.

Allora divorai letteralmente ogni suo contenuto gratuito: articoli del blog, post sui social, gruppi Facebook, video…

A una certa mi si accese una lampadina:

Ogni volta che su Facebook pubblicavo una mia foto ottenevo pochi like. Quando invece parlavo del mio lavoro in campagna c’era tanto più interesse.

Feci una piccola ricerca di mercato.

Mi resi conto che nessuno raccontava il lavoro dietro i prodotti che ogni giorno arrivano sulla nostra tavola.

Pensai quindi un format molto semplice: delle dirette Facebook mentre potavo, facevo la vendemmia e quant’altro.

Chi veniva in live mi teneva compagnia mentre scopriva qualcosa di nuovo.

Le cose iniziarono a girare.

Quei piccoli risultati mi diedero la benzina per mettermi davvero sotto nel 2018.

Feci il grande passo, comprando Instadvanced.

La notte studiavo, la mattina lavoravo in campagna e applicavo ciò che imparavo.

Per un intero anno ho fatto almeno 1 live e 1 post al giorno su Instagram.

In 12 mesi arrivai a 15,000 follower.

Certo, all’epoca si potevano ancora applicare strategie per crescere più fretta. Ma quelle strategie da sole non bastavano per costruirsi un vero seguito.

Invece io notavo che le persone si stavano affezionando a me e a quello che facevo.

Dopo poco cominciai anche a ricevere tante richieste per acquistare i miei prodotti.

Continuando a studiare e applicare, costruii il mio primo, artigianale e-commerce.

Gli altri imprenditori mi prendevano anche un po’ in giro.

In home non c’era la classica foto della campagna toscana, ma un mio primo piano e qualche riga dove raccontavo chi sono.

Era quanto di più diverso dai classici e-commerce di vini e prodotti agricoli.

La verità?

Grazie a Marketers ero riuscito a vedere dove loro ancora non guardavano.

Pur commettendo tanti errori, com’è normale che sia, ho tagliato traguardi impensabili per me:

Nel 2018, in soli 3 mesi, sono riuscito a vendere le stesse bottiglie di vino che prima vendevamo in più di un anno. Non solo: nel 2019 Gambero Rosso mi ha nominato “il primo contadino digitale italiano”.

Sono riuscito a ottenere più di quanto mai mi sarei aspettato, più di quanto avessi mai ottenuto.

Stringendo i denti, lontano dall’ombra del noce, ma a modo mio. Con la soddisfazione di star costruendo il mio sogno.

Fiero di essere un umile contadino,
Paolo.

Riccardo Zefelippo

Leggi la storia di Riccardo

Ho una tribù di Gorilla e non potrei esserne più fiero.

Fermi tutti: non vivo in Congo e non lavoro in uno zoo.

Per capire esattamente di cosa sto parlando, meglio riavvolgere il nastro a qualche anno fa:

Dopo la maturità partii per l’Inghilterra, affamato di esperienze e di indipendenza.

Sognavo di imparare diverse lingue, fare volontariato, salvare tartarughe o costruire scuole in Africa.

La vita pensò bene di darmi subito uno schiaffo in faccia, il più brutto della mia vita:

A poco tempo dalla pensione e dal suo sogno di passarla in barca, papà ci lasciò, per sempre.

Da ragazzino pieno di sogni a uomo di casa. Tutto in ventiquattr’ore.

Tornai in Italia e accettai il primo lavoro che mi capitò. Mi ritrovai in un ufficio senza finestre, davanti a una scrivania, con qualcuno che mi diceva esattamente come vestirmi e come comportarmi. Ogni singolo giorno.

Diventò presto il mio incubo peggiore.

In una delle tante notti insonni di quel periodo, a inizio 2014, qualcosa catturò la mia attenzione: il blog di Dario Vignali.

Mentre leggevo le parole di Dario, oltre a imparare strategie di marketing, vedevo una via di fuga dallo stile di vita in cui ero intrappolato.

Da lì iniziarono le vere e proprie montagne russe…

Provai a lanciare un business per mia sorella, fallendo.

Diedi le dimissioni e iniziai a saltare da un lavoro all’altro, senza meta.

Iniziai a uscire di meno con gli amici, a lanciare progetti online, a investire tutti i miei soldi e il mio tempo libero nella formazione:

Facebook Ads
Funnel
Copywriting
Social Media Management…

Dopo qualche anno le cose iniziarono a funzionare alla grande e mi ritrovai a gestire lanci da centinaia di migliaia di euro.

“Sto andando nella direzione giusta”, pensavo.

Eppure poco dopo…

Avete presente quella brutta sensazione di vuoto, ansia e demotivazione?

Sì, quella che ti colpisce dal nulla, che ti fa capire che stai sbagliando traiettoria. Di nuovo.

Scavai in profondità e iniziai a capire due cose:

Non mi piaceva avere un capo o lavorare alle idee degli altri (così accolsi il mio animo da imprenditore).

Non volevo collaborare con aziende che non condividevano i miei valori (così ritrovai il mio animo da attivista hippie).

Sono vegano, ho sempre amato gli animali e lotto ogni giorno per la sostenibilità ambientale (in ogni sua forma). Volevo ritrovare le stesse idee nei miei clienti.

Fast forward: Marketers Meetup di Roma. Siamo nel 2019.

C’è la maggior parte della Family. Il locale è stracolmo.

Evito accuratamente la folla e incontro altri due introversi: Giulia e Valerio.

Come me, sono studenti di Marketers. Tra una chiacchiera e l’altra, la serata vola via e ci salutiamo. Nessuna epifania (per ora).

I mesi corrono veloci e arriva il Marketers World di Rimini.

“Dai, venite anche voi stasera!”

Una ragazza conosciuta al World invita me e la mia ragazza a cenare al Flower Burger, insieme ad altri ragazzi (che ancora non conoscevamo). Esitiamo un po’, ma alla fine ci andiamo.

A tavola, mentre cerco di associare tutti i nuovi nomi a un volto, ne riconosco due: Giulia e Valerio.

Scopriamo di essere tutti e tre vegani, di voler essere imprenditori e di sognare di salpare con Sea Shepherd per salvare le balene dalle navi giapponesi.

Ora, tutti a questo punto avrebbero iniziato a intravedere delle chiare coincidenze.

A noi serviva ancora un segnale per decidere che era il momento di iniziare a collaborare insieme.

Il segnale in questione era il mio post di presentazione sul gruppo studenti di Business Genetics, scritto qualche mese dopo il World.

Tra i vari commenti (stavolta il destino voleva essere esplicito) c’era anche quello di Valerio.

Da quel giorno io, Valerio e Giulia abbiamo iniziato a conoscerci meglio, a fare lunghe chiamate notturne e a coltivare un nuovo progetto che è germogliato ad aprile dell’anno scorso:

Gorilla Tribe.

Un’agenzia di marketing (odiamo ancora chiamarla così) con un unico scopo: aiutare aziende e personal brand che hanno un impatto positivo sul Pianeta.

Le nostre parole d’ordine sono etica e sostenibilità.

In poco tempo lanciamo il sito e iniziamo a fare delle cold call ai primi clienti.

Boom.

La risposta è incredibile, con un magnitudo più grande di quanto ci aspettassimo:

Tanti imprenditori vogliono lavorare con noi perché si rispecchiano perfettamente nei nostri valori.

Diamo così vita a un nuovo approccio al marketing, che chiamiamo “per gli Eroi del Pianeta”.

Ah, se un’azienda ci contatta per “seguire il trend del momento”, rifiutiamo categoricamente.

È difficile farlo, specialmente all’inizio, ma sappiamo che la nostra vision è troppo importante per essere compromessa.

Perché “Gorilla Tribe”?

La risposta è semplice:

I gorilla sono animali forti, pacifici, si raggruppano in grandi tribù e vivono in armonia con madre natura.

Noi gli assomigliamo (e non potremmo esserne più fieri).

Finalmente ritrovo me stesso in quello che faccio, al 100%.

Ho avuto tanti momenti difficili nella vita, ma la cosa più importante è che non ho mai smesso di credere che esistesse una via migliore.

Ora ho la mia amata tribù di Gorilla, e non potrei esserne più fiero. E in più…

So che tutto questo è solo l’inizio.

Da un insolito imprenditore attivista hippie è tutto,

Riccardo

Nicola Savino

Leggi la storia di Nicola

Mia madre cascò a terra, svenuta.

Ora lo racconto ridendo, ma mentre chiamavo l’ambulanza mi tremavano le mani. Ad essere sincero, potevo aspettarmelo.

Era dicembre 2008. Mancavano pochi giorni a Natale.

Ero tornato a casa prima del solito e, per fare una sorpresa alla mia famiglia, non avevo avvertito nessuno.

“Nicola, che bello vederti! Come mai sei rientrato così presto?”
“Mamma… Mi sono licenziato da IBM.”

Erano gli anni della crisi economica e avevo appena lasciato il mio posto fisso in una grossa multinazionale.

Com’ero arrivato a quella decisione?

Fino ad allora avevo seguito il percorso classico: fai il bravo a scuola, prendi la laurea, cerca posto in azienda e restaci fino alla pensione.

Tutto chiaro.

All’Università avevo scelto ingegneria informatica e, prima di laurearmi, avevo fatto da assistente a un professore universitario.

Durante quell’esperienza, ero riuscito a sviluppare un software che permetteva di sviluppare codici e l’avevo reso in cloud (roba da informatici).

Il prof l’aveva fatto notare a IBM e…

BOOM!

Nel 2007, fresco di laurea, avevo un contratto a tempo indeterminato tra le mani. Ero al settimo cielo. Non tanto quanto mamma, ma quasi.

È andato tutto liscio per circa due anni. Poi, per fine 2008, nacque un’altra idea: mollare tutto e diventare imprenditore.

Così, a gennaio 2009, mentre tutti in Italia chiudevano, decisi di aprire la mia ditta individuale.

Volevo aiutare le aziende a digitalizzare i propri processi aziendali. Oggi è la normalità, allora un’utopia.

In famiglia non avevo imprenditori, nessun riferimento. Sapevo solo che avrei dovuto affrontare tanti ostacoli.

Arrivarono subito.

Per riuscire a stare dietro alle tasse, dovevo fare anche un altro lavoro. Non mi piaceva, ma mi dava le risorse per continuare.

Oltre alle difficoltà economiche, c’erano anche i consigli preoccupati di amici e parenti:

“Nico, è passato un anno e ancora non hai combinato nulla di serio, sei proprio sicuro di voler andare avanti?”

Cosa potevo rispondere?
Certo che lo ero, dovevo esserlo.

Per raggiungere il mio obiettivo stavo sacrificando tutto: weekend, sport, stabilità economica.

Continuavo ad andare avanti, passo dopo passo. Tanti furono passi falsi. Vi dirò, tutti questi “ostacoli”, alla fine, si sono rivelati cruciali. Mi hanno insegnato il valore della costanza.

Perseverare è come costruirsi la propria fortuna da soli: prima o poi, se insisti, le cose esploderanno. È quello che è successo.

A fine 2011, dopo tanto duro lavoro, prese vita l’azienda che avevo sempre sognato.

Raggiungere un traguardo simile ti cambia la vita. Ti fa camminare a tre metri da terra. Non immaginavo cosa sarebbe successo subito dopo.

Mi sentii svuotato.
“E adesso, che si fa?”

La verità è che nessuno di noi si sentirà mai arrivato. È nella natura umana. Affrontiamo infinite transizioni, ognuna delle quali ci rende sempre più forti e consapevoli.

La mia transizione da dipendente a imprenditore, seppur lenta, è stata quella (per ora) più importante e profonda.

Dico spesso che ha “aggiunto dei tasselli al mio dna”, un po’ come si racconta in Business Genetics.

Oggi, dopo tanti anni, siamo una holding con più di 30 dipendenti.

Io, nel mentre, ho capito che la vita è un percorso fatto proprio di sacrificio e resilienza. Un percorso che – con tutte le sue infinite transizioni – alla fine è sempre in crescendo.

Buona crescita,
Nicola

Alessandro Trabassi

Leggi la storia di Alessandro

La mia vita era una linea piatta.

Subito dopo la laurea, entrai in un’azienda pubblica e ci rimasi per anni.

Ero riuscito a togliermi qualche soddisfazione, fummo il primo comune del Lazio ad avviare una pagina Facebook, ma niente di più.

Studiai comunicazione in periodo difficile, internet era ancora agli albori e il marketing digitale non esisteva.

Un giorno, per caso, vidi un’inserzione di Dario su Facebook. Me la ricordo ancora:
“Vuoi a iniziare a guadagnare con le tue passioni?”
Dopo dieci anni di apatia, quella semplice domanda mi sembrava uno scherzo, una battuta ben confezionata.
Eppure, non riuscivo a togliermela dalla testa.

Ci pensai per giorni.
Quando mi vestivo per andare a lavoro. Quando mi sedevo davanti a un pc a fare cose estremamente noiose. Quando controllavo compulsivamente l’orologio sperando che segnasse le 17:30.

Potevo davvero costruirmi una nuova carriera?

Avevo 35 anni, vivevo a Roma con la mia compagna e l’affitto rubava un terzo del mio stipendio.
Per riuscire a comprare Copymastery dovetti chiedere i soldi a mia mamma.

Non esagero se dico che quel corso mi ha cambiato la vita.
Mi fece vedere cose che credevo impossibili, mi lasciò la testa traboccante di possibilità.

Eppure non sapevo come realizzarle.
Non mi sentivo pronto né in grado di propormi come copywriter. Dovevo trovare un’alternativa.

Ma cosa?

Iniziai a fare incetta delle mie passioni, cercando qualcosa che potessi davvero condividere con il mondo.

Alla fine trovai la risposta, la mia risposta: le scommesse sportive. Respiravo quell’universo a pieni polmoni da quando ero ragazzino.
Partii con un semplice canale YouTube.

Non avevo studiato molto, solo Copymastery e altri due libri di marketing.
Né avevo soldi da poter spendere in advertising (che in realtà non mi servivano, perché non si può fare ads sul betting online).

Il traffico arrivava tutto in organico e – con mia grande sorpresa – le persone amavano quello che condividevo.

Prendevo il tempo da dedicare alla community da dove potevo.
Alle 6 di mattina prima di andare a lavoro, o la sera prima di coricarmi a letto.

Continuai così per un anno, senza avere grossi ritorni economici. L’unico carburante era la passione.

Nel mentre pubblicai anche un ebook su Amazon, che divenne il libro di calcio più venduto d’Italia, sorpassando persino la biografia di Ibrahimović.

Nell’ebook spiegavo il mio metodo matematico di fare scommesse, sviluppato con un mio amico (un professore universitario di statistica).

Riportammo i calcoli su un foglio excel.

Ora, dovete sapere che la lezione che più mi ha cambiato la vita di Copymastery è stata quella sul “packaging mentale” di un prodotto.

All’inizio comunicavo il foglio per quello che era: un foglio excel.

Eppure ero sommerso da riscontri positivi. Alcune persone mi dicevano che gli avevo cambiato vita: dopo anni di soldi buttati, riuscivano finalmente a vincere.

Capii che serviva un nuovo nome.
Lo chiamai “Super Foglio, un software sviluppato tramite excel”.

È difficile credere che quella piccola differenza sia stata il punto di svolta per la mia carriera online.

Ma quell’anno, grazie al Super Foglio, guadagnai in due mesi l’intero stipendio annuale che ricevevo dall’azienda. Dopo anni di perseveranza, vidi il primo vero risultato.

… E ora?

Sono riuscito a sviluppare un software vero e proprio e ho trasformato il mio progetto in un’azienda individuale.

Ho lasciato il mio lavoro in ufficio? No, mi dispiace deludervi.

Forse in futuro cambierà qualcosa, ma finché potrò fare tutto da remoto, non ho alcuna intenzione di mollare.

La felicità può essere anche questo: trovare il proprio equilibrio tra un posto fisso e la propria passione.

Sapete, nel corso della mia carriera, ho scommesso centinaia, migliaia di volte. Alcune volte ho vinto, altre volte ho perso.

Ma c’è solo una scommessa che mi ha cambiato davvero la vita: quella su me stesso.
Vi auguro quindi di fare lo stesso,
Alessandro

Emanuele Amodeo

Leggi la storia di Emanuele

Il mio destino sembrava quello da sempre.

Venivo da una famiglia di medici e tutti si aspettavano che quella sarebbe stata la mia strada.

Io però seguii una passione, scelsi la filosofia.

Il mondo digitale mi aveva affascinato da sempre: a 10 anni avevo aperto il mio primo blog (su Dragon Ball).

Arrivato all’università, ne aprii uno sulla filosofia.

Iniziai a studiare il mondo della SEO e delle affiliazioni, ma con scarsi risultati.

Quell’esperienza però mi fece capire una cosa:

A cosa servono davvero gli studi umanistici.

Chi studia l’essere umano ne conosce le più grandi paure, sa cosa lo smuove, capisce cosa l’infiamma. Non è questo lo scopo del marketing?

Mentre continuavo gli studi, iniziai a lavorare per il giornale di un amico.

Contro ogni aspettativa, in 6 mesi ero a capo della redazione e portai il giornale ad essere il terzo giornale online più letto della Sicilia.

Venne poi la volta di un lavoro come consulente in Google, l’apertura di alcuni money blog e della mia prima agenzia di comunicazione.

Eppure, mancava qualcosa.

Non fraintendetemi: ero soddisfatto dei miei risultati e di quello che avevo raggiunto. Semplicemente, aspettavo la prossima svolta.

Mi venne in aiuto un post su Facebook.

Dario Vignali cercava qualcuno che si occupasse del blog wearemarketers.

Dalla filosofia avevo imparato a guardare la realtà e a reimmaginarla in modi folli e innovativi.

Così la mia candidatura fu una “Guida su come farsi assumere da marketers per scrivere guide”.

Da lì a poco tempo insieme a Dario e Luca avremmo fondato Marketers Accelerator.

Oggi, dopo la laurea in filosofia dirigo Marketers Accelerator (e tutto l’ecosistema che ci sta sotto: Yoga Academy Srl, Giulia Calcaterra Srl, A-Commerce Srl…).

Ho capito che l’eccellenza nasce dalla divergenza, dall’osare.

Nessuna laurea ti insegna davvero a fare qualcosa.

Ma saper raccogliere ciò che si è studiato per poi portarlo nel proprio lavoro è ciò che fa la differenza.

L’importante è andare oltre l’apparenza delle cose, è scavare in profondità.

Alessia Scognamiglio

Leggi la storia di Alessia

Lucrezia è sempre stata nella mia testa.

A dirmi cosa non potevo fare, a suggerirmi che non ero all’altezza, a martellarmi con qualsiasi insicurezza mi passasse per la mente.

Credevo a ogni sua singola parola.

Chi era?

La voce dei miei dubbi, la mia personale sindrome dell’impostore.

Si presentò per la prima volta all’università, mentre studiavo psicologia clinica.

“Quando sarete di fronte a un paziente, ragazzi, cambierà tutto: vi racconterà la sua vita senza filtri e nessun libro vi potrà mai preparare a quel momento.”
Fermai la penna, alzai lo sguardo dagli appunti e fissai il professore per qualche secondo.

“Ma cosa credi? Non riuscirai mai ad aiutare qualcuno.
Figurarsi, tu che non riesci nemmeno ad aiutare te stessa.
No, no. Non ce la farai mai. Vedi, l’ha detto anche il prof, i libri non ti bastano.
E l’empatia? Se ci pensi bene, non hai nemmeno quella… Poveraccia. Meglio lasciar stare.”

Cambiai strada.

Dopo la triennale, mi tuffai nella psicologia per il marketing e la comunicazione.
Un mondo dinamico, affascinante.

Iniziai a seguire Dario Vignali e Marketers, a divorare corsi su corsi. Seguivo la mia curiosità e la curiosità mi portò lontano.
Startup, Trivago, la Germania, la Spagna. Non lo nego, ero inarrestabile.

Ma perché? Cosa c’era di diverso?
La verità è che nel marketing avevo un feedback immediato: capivo subito cosa funzionava e cosa no.

Soprattutto non avevo tra le mani la vita di un’altra persona.
Lucrezia taceva e io mi sentivo libera.

Eppure…

Qualcosa – come diciamo a Roma – tornava sempre a “ricicciare” fuori:

“Sei la psicologa del team!”
Era la frase che mi sentivo ripetere più spesso. Per un po’ di tempo cercai di ignorarla.
Potevo davvero fare un passo indietro dopo tanti passi in avanti?

Lo feci…

Presi un aereo per l’Italia, affrontai l’Esame di Stato e la scuola di specializzazione specializazione e diventai psicologa clinica ad orientamento strategico.

Almeno, così diceva la carta.

Tornare in quel mondo significava anche tornare a fare i conti con Lucrezia e le sue insicurezze, dopo anni interi.
Stavolta, decisi di affrontarla di petto, a colpi di carta e penna.

Ogni mattina, per molti giorni, le lasciai 10 minuti per sfogarsi. Trascrivevo ogni sua parola su un foglio, in modo meccanico.

Quello che successe dopo qualche settimana fu magia pura…
… mi stufai semplicemente di ascoltarla.

Dovevo aspettarmelo:
la voce dell’impostore è noiosa, ripetitiva, si aggrappa sempre alle stesse debolezze.

Presto non le si crede più e lei perde la parola.

“Forza, sentiamo perché non dovrei essere in grado di farcela.”

Nessuna risposta.

Dopo tanti anni, quando un cliente bussa alla porta e mi racconta la sua storia, sono fiera di poterla ascoltare.

Mi rivolgo a freelance, creator e piccoli imprenditori. Sono stata al loro posto e conosco i loro problemi.

Lucrezia non mi frena più. Mi aiuta solo a tenere i piedi per terra.

Prima controllava la mia vita…
…ora sono io a controllare lei.

Sapete, l’impostore è solo una brutta voce da mettere all’angolo. Lo si fa una volta, e non si sposta più.
Basta farla stancare un po’ (e darle un nome antipatico).

Da me (e Lucrezia) è tutto,

Alessia

Ivan Butera

Leggi la storia di Ivan

Era il 1992. I miei mi misero per la prima volta davanti a un pc.

Anni dopo, alle medie, già sfogliavo riviste d’informatica e costruivo i miei primi siti web.

Dall’altra parte nasceva il mio amore per la musica. La chitarra, la band con gli amici…

Per la band realizzai grafiche, sito web e account MySpace.

Ancora non lo sapevo, ma quello era il mio primo approccio alla comunicazione.

Fu un tirocinio ad aprirmi gli occhi:

iniziai a lavorare in un’agenzia di eventi e comunicazione. Organizzavamo eventi con centinaia di ragazzi e artisti emergenti da tutta Italia.

Era il lavoro dei miei sogni, così lasciai l’università per continuarlo.

Nel mentre…

Passavo serate intere a osservare il mercato musicale americano.

Mi affascinava come le star internazionali avessero una presenza online estremamente curata.

Siti web, canali social, fan club.

Mi chiedevo:

“Perché in Italia nessuno fa lo stesso?”

Nascevano sempre più agenzie social, ma nessuna si occupava di musica.

Dopo 5 anni presi coraggio. Mi licenziai e aprii P.IVA.

Volevo portare in Italia quello che vedevo dagli States.

Iniziai a scrivere a tutti i contatti che avevo, a cercare quelli che non avevo, a contattare grandi nomi del mercato italiano.

Centinaia di mail dopo, qualcuno rispose.

Era uno dei Big della musica italiana, che aveva bisogno di “un ragazzo per i social”.

Diventò il mio primo cliente.

Da allora ne sono successe di cose…

imSocial (la mia agenzia) segue Artisti come Zucchero, Gianna Nannini, Piero Pelù, Gigi D’Alessio, Modà e Fabrizio Moro.

L’anno scorso invece ho scoperto Marketers.

Ho sempre preferito imparare facendo, ma Marketers mi ha acceso una scintilla che non sapevo di avere.

Ho ricominciato a studiare, approfondire, con l’obiettivo di portare la stessa innovazione nel mio settore.

10 anni fa cercavo di convincere gli artisti a investire sulla loro presenza online.

Ora cerco di convincerli a cambiare il loro approccio al web e creare il loro ecosistema digitale.

Ho respirato musica giorno e notte per oltre 15 anni… Posso dire di aver realizzato i miei sogni.

Ma ogni giorno mi sveglio con un sogno nuovo, e con la stessa passione degli inizi.

Ivan

Cristian Disisto

Leggi la storia di Cristian

“È questo che pensate di me? Ok, accetto la sfida!”

Era il mio pensiero fisso dopo la bocciatura. Giocavo a calcio da professionista e il tempo per studiare era poco.

L’anno dopo ero il migliore della classe. Proseguii con due lauree in ingegneria.

Ma fare il dipendente non faceva per me. I primi mesi partivo a cannone, stravolgevo ogni cosa in azienda. Poi lentamente gli stimoli venivano a mancare.
Sotto sotto sapevo di voler costruire qualcosa di mio, ma non era semplice fare il passo.

Qual era il modo per vivere la vita dei propri sogni?

L’altra costante nella mia vita era lo sport. Già a 13 anni, mentre ero in vacanza con i miei, mi svegliavo alle 5:30 di mattina per andare a correre in spiaggia.

Ho sempre avuto la mentalità del duro lavoro e del sacrificio.

Nel 2015 abbandonai il lavoro da dipendente. Da allora, per un anno intero, pubblicai ogni giorno un nuovo video sul mio canale YouTube.

Era il coronamento di un percorso iniziato molto tempo prima per capire come combattere la psoriasi, malattia della pelle di cui soffrivo da anni.

Ne avevo abbastanza di pomate che agivano solo sui sintomi della malattia, sapevo che il cibo era molto importante.

In quel periodo che scoprii la dieta chetogenica e iniziai diversi master: allenamento funzionale, ciclo del sonno, respirazione, gestione dello stress, PNL…

Fu una rivoluzione. Così iniziai a trasmetterla online.

YouTube e gli altri profili crebbero velocemente, ma non sapevo che farci.

È qui che entrò in gioco Marketers. Seguii tutti i corsi, analizzai ogni lancio nei minimi dettagli. E replicai le stesse strategie sul mio pubblico.

“Allora è vero, ce la si può fare!”.

Da lì è nato prima Ketolife e, qualche tempo dopo, l’e-commerce Ketofood.

Non dico mai alle persone “fate questo, io ho la verità”. Solo, chi è interessato a questi argomenti sui miei canali può trovare informazioni importanti.

Sono ancora un ingegnere: non ottimizzo più le macchine, ma l’essere umano.

E so che la fatica è la strada maestra per ogni grande risultato. Sia per un corpo sano che per un business digitale.

Sorrido quando penso che era già tutto scritto lì, in quelle sveglie alle 5:30 di mattina a 13 anni…

Cristian

Mattia Bonetti

Leggi la storia di Mattia

Quando sei sul campo, non conta solo la tua abilità.

Conta il gioco di squadra, la fiducia che metti nei tuoi compagni, quanto sei disposto a sacrificare te stesso per il bene di tutti.

Questa mentalità da rugbista mi ha accompagnato per tutta la vita.

Sono nato (professionalmente) come geometra, ma poi ho capito che quel titolo mi stava stretto.

Ho accettato una nuova sfida in una start-up di Ferrara. Al mio ingresso, nel 2012, c’eravamo solo io, una segretaria e il titolare.

Dopo 8 anni, i dipendenti erano 30 e il fatturato registrava 3.5 milioni di euro.

Si può dire che sono cresciuto con l’azienda.

Negli anni ho gestito clienti esteri, imparato a coordinare più persone e mi sono occupato di aspetti tecnici, commerciali e marketing.

Alla fine sulla mia targhetta c’era scritto R&D e Product Manager.

La passione per la leadership in realtà l’ho sempre avuta, e assieme a lei quella per il digital marketing.

Sapete, conosco Dario da tanti anni. Ho visto crescere prima la sua persona e poi tutto l’ecosistema Marketers.

Nel 2018 ho aiutato la Family dietro le quinte del Marketers World.

Passati quei tre giorni, ho capito che dovevo assolutamente far parte di quel gruppo di pazzi scatenati.

La faccio breve.

Dopo 2 anni di contatti con Luca Cresi ho lasciato la vecchia azienda e sono entrato in Marketers come Project Manager.

Per me è stato sfidante.

Sapevo non sarebbe stato semplice inserirmi, specialmente senza il contatto fisico con le persone e l’empatia che puoi creare.

Credo che il compito più importante di un Project Manager non sia controllare. Ma mediare, leggere tra le righe, dare supporto.

In Marketers ho cercato di portare alcuni dei valori più importanti che ho imparato sul campo da rugby.

Mi sono inserito con attenzione, puntando sul dialogo e sul sacrificio per uno scopo comune.

Per me il lavoro è un prolungamento del mio essere.

Ho bisogno di sentire di appartenere a una missione condivisa, di essere coinvolto e soprattutto di amare quello che faccio.

Credo che le persone con cui collaboro debbano sentire lo stesso.

È la mia missione.

Qui in Marketers siamo una famiglia. Ed è proprio questo quello che cercavo.

Mattia

Stefania Fregni

Leggi la storia di Stefania

Mia figlia aveva solo 20 giorni, ma io ero già tornata a lavoro.

Era questo che ci si aspettava da una consulente di comunicazione affermata.

Ero insoddisfatta da tempo.

Una sensazione costante, perenne, che ero riuscita a nascondere a me stessa per anni.

Con la nascita di Maëlle, qualcosa era cambiato.

Eccola lì, la verità:

quella non era la vita che volevo e non sapevo come cambiarla.

Il primo appiglio verso la salvezza è stato Business Genetics.

L’ho divorato in tre settimane, di notte, quando mia figlia di 9 mesi dormiva.

Durante le lezioni, la mia mente viaggiava alla velocità delle luce.

Una notte di dicembre ho finito il corso, chiuso il laptop e mi sono messa a pensare.

Sentivo l’urgenza di fare qualcosa.

Durante la gravidanza avevo conosciuto Viviana, un’ostetrica illuminata che aveva creato alcuni video corsi senza però sapere come organizzarne la vendita.

Se non potevo creare qualcosa di mio (nessuna delle idee che avevo mi convincevano), potevo almeno sperimentare le mie competenze su qualcun altro.

Ma tra il mio lavoro e l’essere mamma, non c’era molto altro che potessi inserire nell’equazione.

A marzo 2020 è arrivato il lockdown.

Per la prima volta in diversi anni – forse per la prima volta nella mia vita – sono scesa dal treno su cui viaggiavo a tutta velocità e mi sono fermata.

Davanti a me, un mese intero per lavorare su me stessa.

Ho chiamato Viviana.

Abbiamo costruito il suo personal brand, impostato il sito, strutturato l’offerta, collezionato lead e condotto il primo lancio.

A noi si è unita anche Susanna, una ragazza che avevo conosciuto nel gruppo di Business Genetics.

Un anno fa, in 6 mesi, siamo riuscite a vendere circa 582 corsi e fatturare oltre 36K.

Il nostro business è ben avviato, anche se sappiamo che le cose da fare sono ancora moltissime.

Sto per comprare casa a Lanzarote.

Sarà una nuova base per me, Maëlle e il mio compagno.

Ho passato troppo tempo a crogiolarmi nella certezza del mio vecchio lavoro. Il prezzo per quella certezza era essere alienata da me stessa, dalla mia famiglia, dalla vita.

Adesso ho imparato a convivere col rischio.

E ho una nuova certezza: è questa la vita che voglio fare.

Stefania

Gabriele Palazzolo

Leggi la storia di Gabriele

Aprii gli occhi. Come al solito, il sole mi aveva svegliato alle 6 di mattina.

 

Ero a Palma de Maiorca, ma dormivo sul balcone della casa di mio cugino.

 

E pensare che ero arrivato in Spagna per rivoluzionare la mia vita…

 

Mesi prima avevo lasciato il lavoro di guardia giurata a Siracusa. Sapevo che quella non era la vita che avrei voluto vivere.

 

Ma che vita volevo allora?

 

I miei progetti non andavano mai a buon fine. Ero troppo impaziente, mollavo tutto prima di poter raggiungere qualunque risultato. La Spagna doveva essere la mia rivincita.

 

Ed ora eccomi qui, su un balcone col sole in faccia alle 6 di mattina…

 

Al ritorno in Italia ero rassegnato.

 

Un giorno ho iniziato ad avere il fiato corto. Vedevo tutto nero. Credevo di essere malato.

 

Ho scoperto che soffrivo di attacchi d’ansia e che non avevo il controllo sulla mia mente.

 

Gli attacchi sono durati per mesi (e tutt’oggi ci sto lavorando).

 

Dopo un po’ di tempo ho iniziato a combatterli e ho ricominciato a smanettare col pc. Ho scoperto il mondo dell’affiliate marketing, grazie a Dario Vignali e Andrea Bottoni.

 

Finalmente qualcosa funzionava!

 

Più tempo passavo a formarmi, meglio mi sentivo (e guadagnavo pure).

 

Ma sapevo che l’affiliate non mi avrebbe mai dato la sensazione di “azienda” che cercavo. Ci investivo sempre di meno, per finanziare quella che era la mia nuova agenzia di marketing.

 

“Lascia stare, mollerai anche stavolta”, mi dicevano.

 

No, questa volta non l’avrei fatto.

 

Nel giro di 9 mesi siamo passati da 8 clienti a più di 32. Il Covid ci ha rallentati, ma nel 2021 abbiamo raggiunto più di 40 clienti attivi.

 

Oggi, a distanza di più di tre anni, sono felice e ho investito in diverse realtà. I momenti difficili ci sono ancora, ma si superano.

 

L’anno scorso a un MeetUp a Palermo ho conosciuto Salvo Scifo, il mio attuale socio in una startup di delivery che abbiamo fondato a maggio.

 

Quel MeetUp è stata la prima volta in cui sono uscito dal mio paese da quando soffro di attacchi d’ansia.

 

Non mollate mai, per nessun motivo.

 

Abbiate la forza di credere in voi stessi e di andare avanti. Anche quando vi svegliate su un balcone in Spagna, con pochi soldi e il sole in faccia alle 6 di mattino.

 

Gabriele

Luca Santoro

Leggi la storia di Luca

Ero in Cina e quella ormai era la mia routine notturna.

Di giorno vedevo condizioni igieniche e sociali che credevo impossibili nel mondo reale.

Di notte stavo steso su un vecchio letto di legno con 30 felpe addosso per riscaldarmi.

In quelle notti gelide e solitarie, mi facevano compagnia i video di Marketers.

Allora Notjustwine era una piccola pagina Instagram e stavo ancora cercando di capire come farla crescere.

In Italia? Mi aspettava una strada già spianata e pronta a essere percorsa.

Dopo la laurea il nonno mi avrebbe lasciato il ristorante di famiglia. Negli anni era riuscito a conquistare la tanto sognata chiocciola Slow Food e il Bib Gourmand Michelin.

Mi bastava entrare come socio insieme a mia mamma e il gioco era fatto. Sembrava una scelta ovvia, scontata.

Ma ora, steso su un letto di legno dall’altra parte del mondo, pensavo:

“Voglio davvero rinunciare a tutto questo e passare il resto della mia vita rinchiuso in un locale in provincia di Genova?”

Sapevo che esisteva un altro modo di vivere. Marketers me l’aveva mostrato.

Ma lasciare il ristorante sembrava ancora più impensabile che prenderlo in gestione.

Se avessi accettato, da lì a poco mi sarei potuto comprare una bella macchina, andare in discoteca nei weekend a sbocciare champagne, e andare due volte all’anno in vacanza in posti esotici e tropicali.

Dopo tutto, qual era l’alternativa?

Notjustwine era nata al secondo anno di Università, da un’idea mia e di Matteo, un mio compagno di corso.

In un anno e mezzo, grazie alle esperienze dei tirocini e alle lezioni di Instadvanced e Instaonfire, eravamo riusciti a farla crescere parecchio.

Le persone amavano ascoltare ciò che imparavamo negli stage universitari. Io raccontavo le mie avventure in Cina, India e Georgia. Matteo le sue in Colombia, Francia e Croazia.

Pian piano avevamo raggiunto 30.000 followers e chiuso le prime collaborazioni come influencers.

Un risultato incredibile per noi. Un bel passatempo (destinato a rimanere tale) per le nostre famiglie.

Arrivato al terzo anno di Università, nel 2018, la domanda “cosa farai dopo la laurea?” iniziava a pesare.

Finiti gli esami, a settembre decisi di andare a vivere a Milano e costruire una rete di contatti (poi fondamentale per aprire Notjustwine dal punto di vista fiscale).

Nel mentre il nonno mi aspettava.

Matteo invece aveva ricevuto l’opportunità di una vita: iniziare a lavorare per Eataly, direttamente a New York.

Il dilemma era questo: sicurezza o libertà?

Sapevo che l’unico modo per essere liberi era quello di costruirsi la propria strada.

Ma costruire la propria strada è tutt’altro che semplice.

Nei mesi precedenti alla laurea io e Matteo abbiamo iniziato a spingere a cannone: io mi formavo sul marketing digitale grazie ai corsi di Marketers, lui seguiva corsi da sommelier e di specializzazione nel mondo Food & Wine.

C’era anche un piccolo (enorme) problema da risolvere: Matteo non era sicuro di continuare la nostra impresa.

Eataly è una delle multinazionali più importanti del mondo enogastronomico. Notjustwine era una piccola pagina Instagram con qualche migliaio di followers.

Eppure il progetto continuava a crescere, i risultati iniziavano ad arrivare…

Dopo i primi lavori, eravamo certi di una cosa: il mondo del vino aveva enormi problemi di comunicazione.

E (cosa più importante) sapevamo che, con le nostre competenze, potevamo davvero riuscire a colmare questo gap.

Nel 2019 arriva la laurea e decidiamo di fare il grande salto: lanciamo ufficialmente il brand Notjustwine.

Registriamo il marchio, apriamo partita iva…

Ci proponiamo prima come consulenti di comunicazione, poi come consulenti di marketing.

Conquistiamo i primi clienti, e nel mentre costruiamo una community di appassionati del mondo del vino.

In un attimo, arriva la fine dell’anno.

“Ok, è il momento.”

Dopo mesi di riflessione e incertezza, trovo finalmente il coraggio di vendere il ristorante del nonno (sotto gli occhi terrorizzati della mia famiglia). Matteo rinuncia ad Eataly e a New York.

E da allora… Non siamo più tornati indietro.

Adesso?

Notjustwine è un brand avviato, con 6 collaboratori sparsi per l’Italia (l’età media è di 24 anni), più di 20 clienti e una delle community di Food & Wine più grandi d’Italia.

Sono riuscito a comprare quell’auto tanto voluta, ho preso casa, e ho costruito una famiglia, con la mia compagna e mio figlio.

Ora quando mi guardo indietro sorrido.

A volte abbiamo così paura dell’incertezza che la strada tradizionale ci sembra l’unica da poter percorrere.

Ma se abbiamo il coraggio di prendere la via più incerta, quella minata e in salita, beh…

Ci accorgiamo che molte delle nostre paure sono solo illusioni infondate.

Abbiate sempre il coraggio di rischiare.

Al prossimo calice di vino,

Luca

Gabriele Aprile

Leggi la storia di Grabiele

Sono un cantautore fallito, e ne vado fiero.


La mia è la storia di tanti, rischiava di finire come la storia di troppi.


Mi laureo in psicologia, eppure una vocina mi ripeteva: c’è un’altra strada.


Avete presente? Non è facile ascoltarla, quella voce, quando c’è da diventare grandi.


Io però volevo fare il cantante, e dissi “ora o mai più”.


Mollai Napoli, la mia città, per andare a Milano.


Anni prima, proprio a Milano, avevo fatto il pellegrinaggio delle Sette Chiese, le sette grandi etichette musicali italiane.


Infilai i CD con i miei pezzi sotto le loro porte. Indovinate come andò?


Zero, nemmeno una telefonata.


Cazzo, e dire che a Sanremo Giovani con la mia band eravamo stati scelti come migliore band.


Per qualche strano motivo però non finimmo all’Ariston.


Gianni Morandi diceva “uno su mille ce la fa”. Io mi sentivo uno dei 999 che restano a guardare.


La botta finale fu la disfonia, che per un anno mi costrinse al silenzio, chiuso in casa.


Fu proprio allora che riscoprii un giovanotto incrociato durante le prime avventure sul web.


Studiai il primo corso per Instagram di Dario Vignali. Al di là delle skill, Dario mi trasmise una visione.


Decisi di creare il “Marketers della musica”.


Quello musicale è un mondo malato, di aspettative gonfiate e cadute che possono spezzarti le gambe.


O sei una rockstar o sei nessuno.


Cosa fare per cambiare le cose? Il primo seme fu un gruppo Facebook nel lontano 2017.


Qualcosa però mi frenava. Poi, il 2020.


Un master e svariati corsi Marketers dopo, lavoravo per Rockol e facevo consulenze di marketing ad aziende musicali.


Mi sono ritrovato con niente in mano.


Ho fatto all-in con Artisti Adesso, la community per artisti che vogliono farsi scoprire. Da vivi.


Non ci avrei scommesso un centesimo, ma in pochi mesi ho costruito un ottimo stipendio.


In 3 anni e innumerevoli notti insonni, Artisti Adesso ha aiutato centinaia di persone a costruirsi il proprio palcoscenico e capire come funziona questo mondo.


E nella mia vita è arrivata la canzone più bella che abbia mai scritto.


Oggi questa è la mia missione.


Lasciare a mia figlia un mondo con meno artisti famosi e più artisti felici.


Gabriele

Alessandro Vercellotti

Leggi la storia di Alessandro

Giurisprudenza o giurisprudenza?

A volte penso che non avessi molta voce in capitolo.

Mio padre era notaio e da quando ero nato tutti si aspettavano che facessi lo stesso.

In realtà avevo già una grande passione, quella della comunicazione. Ma per qualcuno nato negli anni ‘80, quello era un mondo ancora troppo distante.

Alla fine sono diventato avvocato.

Gli anni a seguire sono passati tranquilli. Avevo un lavoro sicuro, una moglie e una vita serena.

Arrivato a 33 anni, l’illuminazione. Non riuscivo a togliermi dalla testa una domanda:

“La comunicazione è ancora solo una passione? O può diventare qualcosa di più?”

Era tempo di capirlo. O allora, o mai più.

Dovete sapere che quando scelgo di fare qualcosa però, non conosco mezze misure.

Ho lasciato il mio lavoro e per un anno mi sono dedicato unicamente alla mia formazione.

Master, corsi, social media management, growth hacking…

C’era solo un problema.

Arrivato a ottobre 2017, il mio conto in banca segnava €7,30.

Certo, il marketing mi piaceva. Ma avevo dedicato più di 10 anni della mia vita a un’altra professione e avevo una famiglia alle spalle da mantenere.

Cosa potevo fare?

A gennaio 2018, armato di un enorme scaldacollo e la fotocamera del cellulare, decido di girare il mio primo video per Linkedin sulle mura di Lucca.

Cinque ore dopo, il mio video da un minuto e mezzo era pronto.

Parliamoci chiaro: tre anni fa gli avvocati non pubblicavano nemmeno un post sui social. Era troppo poco professionale.

Un video? Follia.

Ma forse proprio per quel motivo, il video iniziò a girare, sempre di più. Così tanto che mi portò il mio primo nuovo cliente come avvocato del digitale.

Da allora ne è passato di tempo.

Ora di video ne ho pubblicati a centinaia, ho il canale Telegram su tematiche legali più grande d’Italia e l’anno scorso il mio studio legale ha vinto il premio Boutique d’eccellenza per il diritto della rete. È lo studio legale più giovane ad aver mai vinto questo premio.

Ho trovato la felicità in un compromesso:

Lavoro con aziende che si occupano di marketing e comunicazione grazie alle mie competenze legali.

“La tua carriera è finita” era la frase più gettonata dopo il mio primo video su Linkedin.

Beh, voi sapete com’è andata a finire.

Alessandro

Maria Mazzucchelli

Leggi la storia di Maria

Dieci anni fa ero nel periodo più brutto della mia vita.

 

Ero a Friburgo, in Germania.

 

Avevo quattro mesi per imparare il tedesco e sperare di trovare un nuovo lavoro grazie alla lingua.

 

Quattro mesi e basta, perché i soldi che avevo messo da parte stavano finendo.

 

Come ero arrivata lì?

 

Beh, diciamo che ho deviato dal percorso “lineare” molto presto.

 

Alle superiori ho studiato informatica, ma ho scoperto che odiavo programmare.

 

All’università ho studiato comunicazione visiva, ma dopo sei mesi come designer in agenzia (in cui il cliente più interessante era stato un piastrellista) ho capito che ero in un altro vicolo cieco.

 

Sapevo che in Ticino, dove sono cresciuta, c’erano poche opportunità di lavoro.

 

Così mi sono detta: “O rischi tutto e ti rimetti a studiare, o accetti la mediocrità”.

 

Quel piccolo inferno in Germania ha segnato una svolta.

 

Sono diventata UX designer per SPOT Werbung, una grossa agenzia di design per enti turistici con sede al St. Moritz.

 

Negli anni sono cresciuta molto a livello professionale, e sono tornata anche in Ticino per lavorare in una succursale dell’azienda.

 

Un giorno Werni (il mio capo) mi fa: “Perché non prendi in gestione la succursale e la fai diventare una tua agenzia?”

 

Ho accettato senza pensarci troppo.

 

A gennaio 2020 è nata SPOT Heroz. Pochi mesi dopo ho anche scoperto di essere incinta.

 

Pian piano ho iniziato a cercare i primi clienti, a mettermi in gioco.

 

È lì che ho scoperto Dario e Marketers.

 

Business Genetics per me è stato importantissimo. Mi ha fatto prendere consapevolezza su me stessa, sul perché come umani agiamo in certi modi, e su come migliorare come persona e imprenditrice.

 

Se c’è una cosa che ho capito nel mio percorso è che ci vuole pazienza.

 

Pazienza per trovare la propria strada, nonostante i passi falsi. Pazienza per ottenere i risultati, che prima o poi arrivano.

 

Proprio l’anno scorso abbiamo vinto due bronzi al Best of Swiss App. Ora puntiamo più in alto, all’ente del turismo nazionale, e un giorno, perché no, a collaborare con Nike.

 

A volte ci penso…

 

Se dieci anni fa non mi fossi messa nella situazione più scomoda e incerta che abbia mai conosciuto, non sarei mai arrivata fin qui.

Luca Biondi

Leggi la storia di Luca

Quando l’agenzia è fallita, ho capito che ero in un grosso guaio.

 

Avevo una macchina da pagare e pochi risparmi da parte: ricominciare gli studi era fuori discussione.

 

Così ho colto la prima occasione che mi è capitata, un lavoro come operaio.

 

Era successo tutto così in fretta…

Dopo il tirocinio l’agenzia mi aveva assunto come grafico, per chiudere il mese dopo.

 

“Non riuscirò mai a realizzare nulla”, pensavo.

Era dalle superiori che desideravo creare qualcosa di mio. Riconoscevo quel fuoco negli occhi dei miei insegnanti che facevano anche i freelancer.

 

Per ora era un ricordo lontano.

Sapevo però di avere una vecchia conoscenza che poteva aiutarmi a fare chiarezza.

 

A settembre 2019 ho incontrato Omar (Bragantini) per la prima volta.

Di cosa abbiamo parlato? Di vita.

 

Quella davvero libera, degna di essere vissuta. E di come il digital marketing fosse una delle strade per raggiungerla.

Dopo la chiacchierata ero pronto a stravolgere tutto.

 

Pochi mesi dopo ho aperto partita IVA, senza alcun tipo di appoggio e senza alcun cliente alle spalle.

Non importava.

 

Parallelamente ho iniziato a esplorare l’universo Marketers. Facebook Advanced, Copymastery…

 

Non avevo mai studiato così tanto in vita mia.

 

“E se ci proponessimo alle estetiste per aprire i loro ecommerce?”

Fu mio zio (direttore di una casa di cosmetici) a farmi la proposta.

Perché no?

 

Era il mio primo assaggio di vita imprenditoriale.

 

Non è passato troppo tempo prima che i clienti ci chiedessero anche di gestire gli ecommerce.

Io conoscevo la teoria, non la pratica. Ero spaventato.

 

Ma è proprio grazie alla paura che ho capito che quella era la cosa giusta da fare.

 

Ho pensato: “Se questo funziona, se ne sono capace, non posso occuparmi di altro”.

Così è stato.

 

Sono arrivati i primi lanci e ora anche successi da decine di migliaia di euro.

 

Tutto quello che ho fatto è stato frutto di un desiderio: quello di essere libero.

 

Libero di lavorare da dove voglio, quando voglio. Libero di vivere il lavoro come sostegno alla vita che sto costruendo, e non il contrario.

 

Io la chiamo “mentalità Vignali”, voi chiamatela come volete.

Non avrò ancora raggiunto milioni di euro di fatturato, ma ho solo 22 anni e lo stile di vita che ho sempre sognato.

 

Luca

Federica Mutti

Leggi la storia di Federica

Al primo giorno in ufficio ho avuto un pugno nello stomaco.
Chi me l’ha dato?

Tutto quello che non avevo mai avuto il coraggio di ammettere, nemmeno a me stessa.

Dal giorno in cui sono venuta al mondo fino a pochi mesi fa la mia strada sembrava delineata:

Studia, laureati, trovati un buon lavoro, restaci finché puoi. Possibilmente a tempo indeterminato.

I miei genitori, entrambi impiegati nell’industria assicurativa, me l’avranno ripetuto migliaia di volte.

Ho finito per crederci.

Così quel giorno di circa 4 anni fa, quando ho preso la metro per andare all’ufficio di quella grossa agenzia di comunicazione per il mio stage, mi sembrava di star compiendo un percorso.
Asettico.

Quell’ufficio però mi sembrò asettico, appena ci misi piede.

Ricordo ancora le pareti tutte bianche, le grosse scrivanie e le persone chine sui loro computer a lavorare come se il mondo fuori non esistesse.

Ora, vi anticipo che nella mia storia non c’è nessun momento magico e nessun colpo di scena.

All’epoca pensai che semplicemente quell’azienda non facesse per me.

Non poteva che essere così, no?

Così mi misi alla ricerca e cominciai a lavorare per alcune startup.

Nel frattempo però mi si era riaccesa una vecchia scintilla.

Dovete sapere che, sin da quando avevo circa 13 anni, mi ero innamorata di Internet.

Passavo il tempo a costruire pagine in HTML e poi piccole community su Facebook.

Il digitale non era pop come oggi, la mia famiglia – molto “tradizionale” quando si parlava di lavoro – non poteva capire perché lo facessi.

Quelle ore al computer, per tutti, erano un gioco e poco più.

La voglia di fare e costruire cose mie è rimasta intrappolata in un cassetto.

Poi un giorno mi si presentò un’occasione.

Duranti gli anni del liceo mi ero immersa nel mondo digitale. Erano gli anni in cui Chiara Ferragni aveva appena aperto il suo blog…

Io intanto avevo scoperto anche quelli di Dario Vignali e di Andrea Giuliodori.

Erano ogni volta una scoperta.
Mi davano una carica incredibile e passavo da un progetto all’altro. Ovviamente senza portare mai granché a termine.

Tra le tante cose, nel 2018 – il mio ultimo anno di studi – finalmente aprii un canale YouTube…

L’estate dopo la mia laurea capitò che trovai un annuncio su Facebook: Marketers cercava Jedi.

Ora, da una parte ero incuriosita e dall’altra volevo dare qualcosa indietro a Dario e tutta la community che mi aveva ispirato così tanto.

Marketers mi aveva finalmente fatto sentire meno sola.

Per anni avevo pensato fossi quella strana, perché nessuno intorno a me era così entusiasta del digitale.

Dentro questo movimento, invece, avevo trovato tanti simili e anche tanto coraggio.
Beh, ve la faccio breve.

Quello era un periodo un po’ incasinato della mia vita, ma l’esperienza da Jedi fu indimenticabile. Soprattutto per due motivi…

Il primo, quello più evidente, è stata la possibilità di sbirciare nel dietro le quinte di Marketers.

Vedere con i miei occhi come nascevano progetti, venivano curati e portati a termine.

L’altro, che non mi aspettavo minimamente, fu il Marketers World.

Quell’anno – era il 2018 – ci sarebbe stata la prima edizione. Io fui invitata, come Jedi.

Avevo un po’ paura, paura di uscire dalla mia zona di comfort. Alla fine però ci andai.
Non trovo ancora le parole per descriverlo. Fu illuminante:
Nei mesi avevo accantonato il mio canale YouTube. Ero impegnata tanto in startup e pensavo che quello fosse un semplice passatempo.

Non era mai stata un’opzione che diventasse una cosa seria e tantomeno un lavoro.

Al World vidi persone in carne e ossa, invece, che ci avevano creduto e ora si svegliavano la mattina potendo costruire qualcosa di completamente proprio.

Quello che, cominciai timidamente ad ammettere, volevo fare anch’io.
Se andate a vedere gli analytics del mio canale, dopo quell’evento c’è un chiaro picco.

Un anno dopo ero di nuovo lì, ma completamente cambiata.
Al World 2019 avevo un canale YouTube ben avviato e probabilmente lì ho trovato una spinta inconscia a fare ciò che sarebbe successo qualche mese dopo.

Ho iniziato il 2020 scrivendo i miei obiettivi in agenda. Il primo?

Lavorare di più e meglio nella startup.

In fondo non mi ci trovavo male, anche se avevo sempre quell’idea rumorosa in testa.

Sotto sotto sapevo che un giorno avrei fatto il grande passo e sarei diventata freelance. Volevo farlo.
Aspettavo il momento giusto…
Non potevo sapere che il momento giusto sarebbe arrivato dopo una riunione con un collega, una mattina di febbraio.

Sì, proprio prima del lockdown.

Uscii da quella stanza con la consapevolezza che il momento era arrivato.

Diedi finalmente un senso a quel pugno nello stomaco del primo giorno in ufficio.

Era una spinta a saltare, lanciarmi verso ciò che mi faceva paura e che, come tutte le cose che fanno paura, nascondeva la meraviglia.

La meraviglia, ora posso dirlo, di fare il lavoro che davvero sognavo.

Il mio viaggio è appena iniziato. Non in ritardo, al mio tempo.

Quella di Federica Mutti è la nuova meravigliosa storia di Humans Of Marketers.

Clara Di Bonaventura

Leggi la storia di Clara

A Nicola arriva una mail da Instagram:

“Per confermare la richiesta, accedi al tuo profilo”.

Convinto che fosse per la spunta blu che avevamo richiesto, compila i dati e inserisce la nostra password.

In realtà era un attacco hacker.

Dopo mezz’ora di lotta a cambi password, perdiamo il profilo.

Tre anni di lavoro e sacrifici polverizzati con un click. Ero sotto shock.

Insieme a Nicola, il mio ragazzo, avevo creato la pagina Instagram di Wine Salad nel 2017. Ero tornata da poco nelle Marche per lavorare nello studio di famiglia come avvocato, cercavo nuovi stimoli.

Diventare sommelier era stata una distrazione, ma comunicare il vino online iniziava a piacermi. Poco dopo eravamo arrivati a 20k followers.

Eventi esclusivi e clienti che richiedevano post e storie: il gioco era fatto.

Con l’attacco hacker ho perso il controllo di una nave che viaggiava a gonfie vele. Ma avevo un salvagente.

Nei primi anni di Wine Salad, seguendo Dario Vignali, avevo deciso di aprire un blog e costruire una nostra lista contatti.

E pochi mesi prima dell’attacco hacker, Nicola mi aveva convinto a lanciare un corso online.

Il lancio era andato bene, ma io ero scettica, ancorata al mondo delle collaborazioni.

Ora però ero ad un bivio:

chiudere tutto o ripartire dalla scuola online.

Non è stato facile abbandonare la mia identità e le mie convinzioni, ma alla fine ho deciso di riprovarci.

Abbiamo aperto un nuovo profilo, stavolta anche su TikTok. Abbiamo modificato la nostra comunicazione con contenuti educativi.

L’attacco hacker è stata una grande lezione, una presa di consapevolezza.

Mi ha fatto capire che non volevo fare l’influencer, né essere considerata solo per il numero di follower. Volevo rendere il mondo del vino alla portata di tutti.

Ad oggi, nel giro di un anno e qualche mese, abbiamo oltre 700 studenti iscritti ai nostri corsi e siamo la scuola online di vino più innovativa in Italia.

Abbiamo lasciato i nostri lavori e ci dedichiamo solo a Wine Salad.

A volte sembra che la vita possa toglierti tutto. Ma è proprio lì che troverai la libertà di costruire il tuo futuro.

Clara

Riadi Piacentini

Leggi la storia di Riadi

All’inizio era tutto nuovo, tutto fighissimo.

 

Ma al sesto mese di cose fatte sempre allo stesso modo, ho capito che la vita ingessata dei classici studi legali non faceva per me.

 

Finita la pratica da avvocato, ho ricominciato a studiare.

 

Prima diritto d’impresa, poi diritto informatico, e anche un MBA.

 

Nel mentre ho aperto il mio studio. La sfida più grande? Sbattermene del contesto tradizionale.

 

Non sono mai stato un tipo da latinismi, giacca e cravatta. Spesso mi presento in felpa e faccio colloqui in videocall.

 

Se oggi è normale, dieci anni fa era da pazzi. Ho ricevuto tante porte sbattute in faccia perché ero “poco professionale”.

 

Al marketing mi sono avvicinato per promuovermi online. CopyMastery mi ha aperto gli occhi.

 

Non volevo affidare la mia comunicazione all’esterno perché, come dice Dario, solo io so esattamente chi sono, cosa voglio trasmettere e come voglio trasmetterlo.

 

C’è questa frase di una vecchia pubblicità della Y10: “Piace alla gente che piace”. A un certo punto della mia carriera ho iniziato a interpretarla come “devo piacere alla gente che piace a me”.

 

Non mi sarei mai compromesso.

 

Alla fine, dopo tanti no, sono arrivati i partner giusti. Quelli che mi giudicano per il valore che porto, e non per cosa indosso. Uno di questi è Nicolò Pirelli, con cui collaboro ormai da tempo.

 

Un sogno nel cassetto? Ah, a dire il vero a me i cassetti non sono mai piaciuti.

 

È nei cassetti che rimangono i sogni che non vengono realizzati. Io ho anche tatuato “sognatore” sul braccio, ma cerco sempre di trasformare tutto in realtà.

 

La mia missione, invece, è quella di formare la prossima élite di giovani giuristi appassionati e con le idee chiare, a cui insegnare l’imprenditorialità.

 

Un po’ come Francesca, una ragazza che ha fatto internship da noi e che a 16 anni andava già agli incontri di Vicenza Impresa.

 

Vorrei dare a loro qualcosa che io nel mio percorso non ho avuto: un mentore. Non per risparmiare i passi falsi (quelli li devono fare), ma per dar loro fiducia.

L’importante è che imparino a giocare a tutto braccio, che abbiano la forza di mostrarsi sempre per quello che sono.

 

Superato quello, è tutto in discesa.

Riadi

Giuseppe Cofone

Leggi la storia di Giuseppe

Tutto parte da Terranova da Sibari, 4.000 anime, provincia di Cosenza.

Poteva un paesino di collina anticipare il futuro digitale?

Così pareva.

O almeno, questo era quello che mi dicevano i ragazzi di una no-profit locale. Si occupavano di piattaforme e-learning per progetti europei.

L’idea mi intrigava: lavoravo a Roma, ma da tempo volevo tornare in Calabria. Soprattutto, volevo liberarmi dalle catene dell’ufficio e di un affitto che mi divorava lo stipendio.

Con loro è nato un nuovo progetto for profit: Alteredu.it.

Le speranze erano alte, eppure…

I primi due anni sono stati disastrosi. Pensavamo che qualche post su Facebook e un sito facessero un’azienda.

La verità è che il fallimento era dietro l’angolo.

Per cambiare le cose, dovevo prima cambiare me stesso.

Era il 2019 quando dal finestrino dell’aereo vedevo avvicinarsi il blu dell’oceano. Stavo atterrando a Las Palmas, per un master dedicato a giovani imprenditori e un percorso di accelerazione startup finanziato dall’Europa.

Ricordo che riempivo pagine e pagine di appunti, cercando di non perdere i consigli dei professori universitari spagnoli. Fuori, l’aria calda delle Canarie.

Aria carica di sogni, i miei, che ora vedevo concretizzati nelle vite dei remote workers che conoscevo sull’isola. Con i loro pc nei bar a bordo spiaggia, mi dimostravano che la vita che desideravo era possibile.

In realtà il seme l’aveva piantato un’altra comunità digitale che seguivo da anni: Marketers.

Finito l’anno a Gran Canaria, AlterEdu era trasformata, il modello di business definito.

Al mio ritorno in Italia era tempo di mascherine e dirette di Conte.

Il Governo stava lanciando la piattaforma Solidarietà Digitale per la pandemia e cercava candidati per popolarla.

Mi sono detto: “Proviamoci”.

Ci hanno preso.

Quello stesso anno, nel 2020, il nostro fatturato è esploso del +300%.

L’anno scorso abbiamo toccato mezzo milione di euro di fatturato e siamo entrati nella Digital Skill Job Coalition europea. Qualche settimana fa eravamo in seconda pagina sul Sole 24 Ore.

E pensare che siamo partiti da Terranova da Sibari, 4.000 anime, in provincia di Cosenza…

Giuseppe

Floriana Sergio

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Dopo la laurea, ho rilevato la farmacia di famiglia del nonno.

Situata in un paesino in provincia di Trapani, funzionava da sempre allo stesso modo, da sempre con gli stessi clienti.

Io, da quando ero all’università, sognavo di creare una mia linea di cosmetici. La farmacia era l’occasione perfetta per realizzarla.

Come tanti, ho dovuto fare i conti con la realtà.

In farmacia bisognava gestire clienti, fornitori, contabilità.

Pian piano, mi sono arresa a fare le cose come si erano sempre fatte, a vivere la vita che mi ero ritrovata a vivere.

I miei sogni erano quel pensiero che torna la sera, prima di addormentarsi, ma che si rimette sempre tra i “poteva andare così”, invece che nei “sarà”.

Dal primo giorno in farmacia erano passati 16 anni. Le cose sono cominciate a cambiare quando ho scoperto Marketers.

Mi sono ritrovata di fronte a una mentalità che non avevo mai visto prima, in nessuno dei colleghi.

I Marketers erano aperti al cambiamento, voraci di conferme, alimentati dai sogni.

Ogni live mattutina di Omar permetteva al mio mindset di evolvere.

CopyMastery metteva in ordine le nozioni che avevo appreso in anni di letture, da libri di PNL e psicologia.

Era di nuovo tutto possibile.

Un giorno ho deciso: avrei abbandonato la gestione della farmacia di famiglia per dedicarmi alla mia linea: FarmaFlo.

Si può dire che ci stavo lavorando da quand’ero all’Università?

È lì che mi sono avvicinata per la prima volta agli studi del prof. Bonina, che studiava le proprietà delle materie prime siciliane.

Per dare vita a FarmaFlo, sono ripartita da quelle ricerche. Nei miei prodotti sostituisco le materie prime usate da tutti gli altri con le materie prime della Sicilia.

Per me affidarsi a un ingrediente di qualità non significa cercarlo oltreoceano, ma trovarlo dietro la porta di casa, nelle erbe selvatiche che ricoprono la mia terra.

Ho capito che se si è abbastanza coraggiosi da rimettersi in gioco e provarci, anche dopo 16 anni, si possono riattaccare insieme i cocci di un sogno e trasformarlo in realtà.

E che quel sogno può diventare anche un modo per celebrare la propria terra e darle vita nuova.

Alla fine, è questo ciò che conta.

Mino di Marzo

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Ho lavorato per 25 anni nello stesso hotel.

 

Sono passato da addetto alla reception a responsabile marketing, da direttore commerciale a direttore d’hotel.

 

Per molto tempo è andato tutto bene, ma poi le cose hanno iniziato a incrinarsi.

 

L’hotel era gestito da una società che faceva da anni sempre le stesse cose, senza innovarsi.

 

Io dal 2015 avevo iniziato a dare un’occhiata al mondo del digitale, ma sembrava che ogni cosa che proponessi venisse distrutta in partenza.


Mi sentivo soffocare.

 

Sei anni fa, mentre cercavo news di digital marketing per tenermi aggiornato, sono capitato sul blog di Dario.

 

Incuriosito, ho iniziato a seguirlo e ho realizzato una cosa: aveva senso continuare a spaccarsi per il sogno di qualcun altro?

 

Ho acquistato Jetpack, poi CopyMastery.

 

La vera svolta però sono stati il Marketers World 2018 e 2019.

 

Quello che fa la differenza in voi di Marketers, oltre alla competenza, è l’etica che avete e che dimostrate in quello che fate.

 

Ai World mi sono caricato di un’euforia incredibile: finalmente c’era gente che parlava la mia stessa lingua.

 

A fine evento ho pianto.

 

Ho pianto perché avrei voluto avere io 25 anni e il libro della mia vita da scrivere.

 

Ma forse anche a 52 si ha ancora il tempo di cambiare tutto.

 

Mi sono licenziato e non mi sono più guardato indietro.

 

La paura c’era. È difficile lasciare un lavoro dopo tanti anni e con una famiglia e un mutuo da pagare.

 

Il segreto però è mettersi in discussione, anche a 50 anni.

 

Tanti della mia età non ascolterebbero mai dei ragazzi di 20 anni in meno, perché si sentono già arrivati.

 

Ed è qui che si sbagliano.

 

Ho visto molti albergatori dedicare la loro intera vita al lavoro e guadagnare bene, ma ne ho visti pochi veramente felici.

 

Come puoi essere felice se non hai nemmeno il tempo di vedere i tuoi figli?

 

Io ho ascoltato, e ho imparato tanto.

 

Ora ho la fortuna di vivere “alla Marketers”: lavoro dal pc, gestisco le mie giornate come voglio e faccio un lavoro che mi piace, nel self-publishing.

 

Per il futuro vorrei costruire qualcosa che unisca tutte le mie competenze e passioni, e che mi accompagni da qui a… per sempre.

 

D’altronde, ho ancora molte pagine da scrivere.

 

Mino

Sara Antonioli

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Cosa c’è di peggio di un cartellino metallico che scandisce il tuo tempo?


Torni a casa alle 19 e ti ritrovi poche ore scarse da dedicare a te stessa e alla tua famiglia.


Ho continuato a sopportarlo fino al 2019.


In quell’anno si è affacciata nella mia vita una parola nuova: “carcinoma”.


È andato tutto liscio, ma un’esperienza simile ti mette fretta di vivere.


Da qualche anno avevo scoperto il mondo Marketers.


E proprio al Marketers World 2019 è suonato il secondo campanello d’allarme.


Ci sono entrata da export manager e sono uscita da lì dicendo: “Si può fare. Posso lavorare da casa. Voglio cambiare vita”.


A dicembre di quell’anno J, il mio ragazzo, mi ha regalato Business Genetics, che ho iniziato a divorare le sere e le mattine presto, prima del lavoro.


Il lockdown è stata la spinta finale.


Il mondo fermo fuori, il cambiamento inarrestabile dentro di me.


Ho guardato in faccia le mie paure, una ad una. Non potevo più sprecare la mia vita.


Così, una sera di maggio ho guardato J negli occhi e gli ho chiesto: “Perché il prossimo anno non partiamo e ci trasferiamo all’estero?”


La sua risposta: “Mi sembra un’ottima idea. Domani mi informo su come prendere un anno di aspettativa.”


In cuor mio avevo già deciso: era tempo di dare le dimissioni e iniziare la mia avventura da copywriter.


No, non avevo ancora clienti, ma il mio intuito sapeva che ce l’avrei fatta.


A dicembre è arrivato il momento.


Ho strappato il mio contratto indeterminato e annunciato al lavoro che mi sarei trasferita a Lanzarote.


Ricorderò sempre le parole della mia capa: “Io, Sara, ti invidio”.


Sono rimasta senza parole: lei era piena di soldi, io piena di libertà.


Alle Canarie, dopo i primi mesi di lavoro folle, ho iniziato a ingranare: ora ho il lusso di poter scegliere solo i progetti che mi soddisfano.


Intanto mi godo la vita.


Basta poco: fare yoga, una passeggiata sulla sabbia, respirare per 20 minuti davanti all’oceano, frequentare persone di qualità…


È veramente tutto quello che ci serve.


Dopo un anno alle Canarie siamo tornati in Italia. Oggi so che sarà la mia base per continuare a girare il mondo.


Senza mai tornare a timbrare il cartellino.


Sara

Chiara Talenti

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A volte una vita intera può cambiare per caso.


Ero a Milano con un’amica, a una fiera di moda.


Proprio lì scopro che il giorno dopo ci sarebbe stata una fiera di gioielli.


“Gioielli?”.


Ci pensavo da mesi.


Niente di straordinario, sia chiaro. Cercavo dei gioielli da indossare d’estate, semplici ed eleganti.


Ma non li trovavo da nessuna parte.


L’idea di crearmeli da sola mi aveva stuzzicato più volte.


Il giorno dopo in fiera l’ho trovato: il fornitore perfetto.


“Può produrmene un paio?”


Così, quasi per gioco, sono nati i primi gioielli Nuvola.


La prima volta che li ho indossati su Instagram in tanti mi hanno chiesto: “Dove li hai presi?”


Per la prima volta nella mia vita è venuto fuori il DNA imprenditoriale che mi ha trasmesso mio padre.


Come potevo venderli a più persone?


Dopo dodici anni di lavoro come marketing manager, mi servivano delle competenze in ambito digital. Marketers è stata la mia scuola.


Nel frattempo lavoravo ancora nell’azienda di famiglia, dopo anni passati in Barilla.


A Nuvola ho dedicato infinite notti insonni.


La voglia di farla crescere – la voglia di dar vita a qualcosa di mio – era troppo forte. Quelle ore filavano in fretta.


Credo che la fortuna non esista.


Esiste l’audacia.


Quell’audacia ha fatto sì che Chiara Ferragni indossasse una mia collana in copertina su Vanity Fair.


L’avevo inviata a una ragazza che lavorava nel suo ufficio, Chiara l’ha vista e l’ha voluta tenere.


Mai avrei pensato che l’avrebbe indossata, soprattutto per un’occasione così importante.


Cosa sarebbe successo se non avessi osato?


Dopo di lei, molte altre celebrità hanno deciso di indossarla, tra cui Belen Rodriguez.


Alla fine ho deciso di seguire il mio sogno. Ero pronta per Nuvola.


Il più grande aiuto l’ho avuto da mio padre.


Imprenditore e uomo di marketing, ancora oggi se ne viene fuori con delle idee a cui io non avrei mai pensato. 


Quello che nessuno ti dice è che perseverare la parte più difficile.


Bisogna avere in testa l’obiettivo e non demoralizzarsi.


Anche quando i risultati faticano ad arrivare.


Anche quando dopo 4 mesi di notti insonni l’e-commerce non è ancora in piedi.


Tutto il resto arriva di conseguenza.


Chiara

Sofia Vettori

Leggi la storia di Sofia

Capita a tutti di dire “è troppo tardi, non fa per me”.

 

A me è successa la stessa cosa col digitale.

 

Sono una liutaia, un mestiere antico che mio nonno ha imparato da solo nel 1935 a Firenzuola, che poi ha insegnato al mio babbo e il mio babbo a me e ai miei fratelli.

 

È una professione che resta in vita con le fiere, dove si vendono gli strumenti. Nel 2020, con la pandemia, sono scomparse all’improvviso.

 

Io ero negli USA con i miei tre figlioli a trovare mio marito, conosciuto lì quattro anni prima ad un workshop. Da tempo pensavo di trasferirmi, e quella è stata la spinta finale.

 

Isolata dal resto del mondo, ho iniziato a raccontare ogni giorno il mio lavoro su Instagram. In pochi mesi sono arrivata a 10.000 followers e ho anche venduto uno strumento.

 

Dovevo investire nella mia formazione digitale.

 

Ma potevo farlo davvero? Non avevo nemmeno idea di cosa fosse una landing page.

 

Un mio amico di Firenze che si occupava di e-commerce mi ha detto:

 

“Se ho imparato io, puoi imparare anche tu. Cerca Dario Vignali su Google, leggi il suo blog e studia Business Genetics”. Da lì mi si è aperto un mondo intero.

 

In un anno ho studiato Instarebels, YouTube Fundamentals, Shopify Start e mi sono iscritta alla Ads School.

 

Da una parte c’era Marketers, dall’altra gli Stati Uniti.

 

Sono cresciuta in provincia, dove la paura del giudizio è la prima cosa che impari. Qui negli USA ero libera.

 

Le persone ti incoraggiano sempre a provare a fare qualcosa di nuovo, anche a sbagliare, che l’importante è andare avanti.

 

La parte di me stessa che si è sempre buttata in mille progetti era accolta.

 

Oggi, dopo due anni, ho una scuola per liutai online, un canale YouTube con 17.000 followers in cui insegno a lavorare a maglia, un profilo Instagram con 20.000 followers e una gelateria in Italia (che avevo aperto prima della pandemia).

 

Soprattutto, grazie al digitale, posso vivere e lavorare negli Stati Uniti, vendere in tutto il mondo e stare sempre accanto alle persone che amo.

 

Ho sempre avuto un solo mantra: se quello che vuoi provare a fare non mette in pericolo la tua famiglia dal punto di vista economico, tanto vale provarci.

 

Se va male… puoi sempre ricominciare da un’altra parte.

 

Sofia

Luigi Cervone

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Mentre ero all’università avevo già avviato i miei progetti online, ma 10 anni fa non c’era nessuno a incoraggiarmi.

 

Per gli altri stavo solo “facendo giochetti al pc”.

 

Dopo la laurea io e Elena, la mia compagna, siamo partiti.

 

Prima due anni in Australia, poi a Brighton, una cittadina di mare a 40 minuti da Londra.

 

In poco tempo il lavoro ci ha risucchiati.

 

In Inghilterra se lavori bene ti pagano bene e scali posizione, ma in un attimo ti ritrovi a lavorare 13 ore al giorno con turni assurdi.

 

A casa ci vedevamo a malapena.

 

Avevamo provato a lanciare alcuni progetti personali, ma era impossibile farlo con quello stile di vita.

 

Io intanto studiavo da lontano Marketers, il gruppo che avrei voluto avere 10 anni prima.

 

Arrivata la pandemia, era un “ora o mai più”.

 

Abbiamo preso 6 mesi di aspettativa a lavoro, abbiamo rinunciato all’appartamento a Brighton e siamo tornati in Italia.

 

È stato il tuffo nel vuoto più grande e spaventoso della nostra vita.

 

“Se la tazza è piena, non ci può entrare più niente. Devi svuotarla, per riempirla di nuovo”.

 

Quant’è vero.

 

Per i primi mesi ci siamo presi del tempo per lasciare alle spalle la nostra vecchia vita e cominciarne una nuova.

 

Abbiamo iniziato a pensare a una nostra azienda, che doveva essere sicuramente digital e da remoto, per poter stare insieme e avere anche tempo di fare altro.

 

Cosa ci ha preparato a questo passaggio?

 

Tanti, tantissimi libri, tra cui il Metodo Marketers, che abbiamo letto più volte.

 

Non cercavamo soldi facili, cercavamo una visione a lungo termine.

 

Dopo mesi di ricerca di mercato, è nato Seozen, per portare serenità (zen) in una materia di solito oscura (la seo).

 

Seozen è una palestra, che oltre agli strumenti di un classico software seo ti offre anche un coach che ti spiega come usarli e cosa fare.

 

Le cose vanno bene: quest’anno, in poco più di sei mesi, abbiamo raggiunto una revenue ricorrente vicina ai 100.000€.

 

Il nostro sogno è quello di vedere crescere Seozen come una grande famiglia, magari internazionale.

 

La cosa più bella per ora?

 

Abbiamo la fortuna di lavorare al nostro progetto personale, di essere in Italia e di vivere la nostra vita, finalmente insieme.

Erica Tramontini

Leggi la storia di Erica

Ero io che non andavo bene?

Venivo da una chiusura aziendale, un’esperienza in agenzia e il tentativo di lanciare un’aula studio a Torino.

In ogni lavoro c’era una costante: in ufficio mi sentivo a disagio.

Era l’estate del 2015 quando me ne sono andata da sola in Irlanda a lavorare in una fattoria.

Il lavoro manuale portò calma nella mia mente, la meditazione una risposta: non trovavo uno scopo in quello che facevo ogni giorno.

Fu allora che scoprii lo shiatsu.

Ho studiato mentre lavoravo in agenzia e sono diventata operatrice. La pratica mi ha aiutato a mettere ordine nella mia storia.

C’è un elemento che ha accompagnato questa mia rivoluzione: il fiume.

Era un fiume che costeggiava l’aula studio che sognavo di ravvivare, c’era un fiume a fianco della fattoria dove mi sono riscoperta e sì, la scuola di shiatsu era vicino a un fiume.

Il fiume è l’energia vitale, l’impeto a lasciarsi andare, senza sapere dove o con chi capiterai.

Seguendo la corrente, ho scoperto un gruppo di ragazze e ragazzi che di digital mi pareva ne sapessero: Marketers.

Poco dopo sono diventata Ambassador di Torino, organizzavo i Meetup in città e mi sentivo bene, cavolo, a quei ritrovi mi sentivo bene.

Al Marketers World 2019 è scattato qualcosa.

Ero la più vecchia, l’unica che sognava di portare lo shiatsu online, ma mi sentivo a casa mia.

Tornai a Torino con un gruppo di nuovi amici, e passammo il viaggio a parlare di cosa sarebbe cambiato.

Dopo due settimane uno di noi inviò un messaggio nella chat di WhatsApp: “Ho dato le dimissioni”.

Era l’onda d’urto del World, tutti lasciammo i nostri vecchi lavori.

Il 31 ottobre mi licenziai, il 1 novembre mi scrisse @lfcresi:

“Ehi Erica, come sei messa col lavoro? Secondo me sei la persona giusta per fare la Chief Happiness Officer.”

La che?! Non avevo idea di che mestiere fosse.

Da inizio 2020 l’ho imparato e lo sto imparando sul campo, ma per fortuna Luca ci aveva visto lungo.

Oggi ho la missione di rendere felice la Marketers Family, ma non solo.

Vorrei dimostrare che si può essere felici lavorando.

Vorrei che il benessere che si respira in Marketers fosse un esempio, una scintilla per scuotere l’intero mondo del lavoro.

Cristina Buonerba

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Eccolo lì, il Guatemala.

È stato amore a prima vista. Ci sono arrivata con i miei primi guadagni come traduttrice da remoto.

Dopo la laurea ero partita per un viaggio in solitaria, da Buenos Aires al Perù, via terra.

Sui bus sgangherati ho capito che il mio sogno di allora – fare la traduttrice al Parlamento Europeo – non faceva per me.

Così, quando nemmeno si parlava di “nomadi digitali”, ho cercato i miei primi lavoretti online, arrangiandomi come potevo.

Arrivata in Guatemala, sulle rive del Lago Atitlán, ho iniziato a lavorare per alcuni blog per poi aprire il mio: @thelazytrotter

Prendeva forma la mia community di viaggiatrici.

Nel tempo ho anche scoperto di avere la fibromialgia, una malattia autoimmune che causa dolore cronico, e iniziato a parlare anche di questo.

Oggi TheLazyTrotter è un luogo dove si incontrano viaggi, il mondo mistico e il benessere psicofisico. Con i primi guadagni di Instagram, ho lasciato le traduzioni.

E poi è arrivato il Marketers World 2019.

Ci sono andata fidandomi di Francesca Wildflowermood, pensavo non facesse per me.

Invece mi sono dovuta ricredere.

La cosa che mi ha arricchita di più, come hanno ripetuto Dario e Iacopo, è stata trovare la mia tribù.

Tutti i miei amici storici fanno l’avvocato, il dentista… io mi sentivo una voce fuori dal coro.

Al World ho trovato finalmente un gruppo che diceva: “Anche noi stiamo andando da quella parte! Ci andiamo assieme?”

Sempre al World, ho capito come concretizzare un’idea che avevo da tempo.

Quando sono stata male per la fibromialgia ho ricevuto moltissimo aiuto dalle donne indigene guatemalteche.

Ho sempre voluto trovare un modo per ringraziarle e celebrarle.

Così ho aperto Indigena Bazaar, un ecommerce che collabora con collettivi di donne indigene in Guatemala e in Messico.

Commissiono a loro alcuni prodotti come le collane e, attenta a non fare appropriazione culturale, li importo in Italia.

Da settembre inizierò un percorso con una business coach, per strutturare meglio i miei progetti.

Il futuro mi sorride, e sono ancora convinta che aver dedicato la mia vita al mio sogno, alla mia libertà, sia ancora la scelta migliore che io abbia mai fatto.

Alessia Brilli

Leggi la storia di Alessia

“Dove hai preso quei vestiti?”

 

Tra i corridoi dell’ashram indiano in cui studiavo per diventare insegnante di yoga, questa era la domanda che ricevevo più spesso.

 

Mi ha acceso una lampadina.

 

Prima di andare in India assieme a Ronny, il mio ragazzo, avevo toccato con mano l’alta moda, lavorando per tre anni da Luisaviaroma e due da Prada.

 

Avevo anche fatto un viaggio a Vancouver che mi ha cambiato la vita. È lì che mia zia canadese mi ha preso il viso fra le mani e m’ha detto:

 

“Alessia, se vuoi una cosa nella vita, la puoi ottenere. La devi solo volere.”

 

E ora ero a migliaia di chilometri da casa, con un nuovo sogno tra le mani.

 

Dovevo tornare per realizzare il primo fashion brand di yoga in Italia. Presi i primi metri di fibra di bambù, sono partita.

 

Non è stato facile.

 

Per realizzare un brand di vestiti ci vogliono soldi, e io avevo finito la disoccupazione.

 

Per due anni ho lavorato part time in un negozio, mentre nel tempo libero che rimaneva costruivo FreakLeChic (un nome inventato con una mia amica in vacanza in Grecia anni prima).

 

Due anni di permessi chiesti per partecipare agli eventi giusti, due anni in cui ho visto più la macchina da cucire che i volti di famiglia e amici, due anni in cui anche il tempo per me stessa era poco.

 

I grandi fornitori dell’industria tessile ti dicono “no” se arrivi col Pandino invece che con la Porsche.

 

Alle mie lacrime la signora Anna, una donna illuminata con 50 anni di lavoro nel settore alle spalle, rispondeva “tesoro bello, devi farti forza da sola”.

 

Mi ha aperto gli occhi e la strada davanti a me.

 

Io e Ronny intanto abbiamo conosciuto Marketers. Al Marketers World ci siamo sentiti finalmente parte di un gruppo di giovani imprenditori e creativi come noi.

 

Lì ho conosciuto una @wildflowermood e una @thelazytrotter che sono state fondamentali per far conoscere FreakLeChic in Italia.

 

Ho anche imparato delle lezioni preziose da Business Genetics, che hanno portato il mio brand dov’è oggi.

 

Ora? Voglio diventare una vera Marketer. Vorrei imparare a delegare e ricominciare a viaggiare, consapevole di star costruendo il mio sogno.

 

 

Un sogno a cui mi ha accompagnata per mano la vita, e che oggi è più reale che mai.

Elena Bagni

Leggi la storia di Elena

Stavo vivendo la vita che sognano tutti.

 

Facevo la grafica in Formula 1, abitavo vicino a famiglia e amici, guadagnavo bene con un contratto indeterminato e l’ambiente di lavoro era stimolante.

 

Eppure la sera arrivavo a letto e mi chiedevo: “Beh, è tutto qui? Perché sono infelice?”

 

L’idea di passare il resto della mia vita chiusa in un ufficio di Faenza mi faceva contorcere lo stomaco.

 

Anni prima, tra la triennale e un master, ero andata a lavorare in Australia. 

 

Avevo visto i primi nomadi digitali e avevo detto, “no vabbè, ma io voglio fare questa vita!”. Ma tra le pressioni della famiglia e della società, avevo continuato il percorso tradizionale.

 

Ormai piangevo tutti i giorni mentre andavo in ufficio. Non riuscivo nemmeno più a seguire i discorsi delle mie amiche.

 

Nel 2019 sono andata al Marketers World. Ascoltare così tante storie mi ha dato una carica incredibile.

 

Se ce la facevano tutti, perché non avrei dovuto farcela anche io?

 

Ad agosto 2021 mi sono licenziata.

 

A ottobre sono partita con un biglietto di sola andata per il Costa Rica. Da sola.

 

I primi mesi il conto scendeva e avevo paura. Ma attorno a me vedevo le persone che alle 17 – cascasse il mondo – mollavano tutto per guardare il tramonto sull’oceano.

 

Ho iniziato a fare lo stesso e mi sentivo grata, fortunatissima.

 

È una cosa che dovrebbero provare tutti. Ti fa capire che la vita non è lavorare otto ore al giorno (se va bene) e poi godersi quelle due ore la sera e il weekend.

 

Tornata in Italia sono diventata una grafica freelance. Le mie amiche mi hanno detto che ero un’altra persona.

 

Ed era vero.

 

È cambiato il modo in cui mi approccio alle cose. 

 

La mia vita intera è cambiata. Mi alleno di più, sto meglio e ho una routine più sana. A breve partirò per l’Indonesia e realizzerò quel sogno nato in Australia di diventare una nomade digitale.

 

Posso dirlo? Sto da Dio. Certo, le difficoltà ci sono, ma non tornerei mai indietro.

 

A chi ha paura di cambiare direi: inizia ad ascoltarti. Già solo se inizi a parlare di certe cose, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Metti da parte qualche soldo e parti.

 

Cosa mai può succedere? Niente, se non che rischi di essere incredibilmente felice.

Raffaella Dallarda

Leggi la storia di Raffaella

Ho insegnato a scuola per 25 anni.

 

Nel tempo libero mi dedicavo a un’altra mia grande passione: la fisioterapia.

 

L’amore per la cura degli altri è nato in famiglia. Sono cresciuta vedendo mio fratello allenarsi con una fisioterapista ogni giorno.

 

Questa passione ardente mi ha portata in giro il mondo.

 

Isola di Pasqua, Guatemala, Stati Uniti, Honduras. In ogni terra parlavo con gli sciamani locali, che mi insegnavano le loro tecniche di guarigione.

 

Nel mentre mi sono anche avvicinata all’arte delle Salus per aquam, delle Spa.

 

I viaggi mi regalavano un bagaglio di sapienza e contatti incredibili. Ma non riuscivo mai a fermarmi e chiedermi:

 

“Raffaella, cosa vuoi veramente dalla vita?”

 

A marzo 2020 il mondo me lo ha imposto. Un mese dopo ho perso mio padre.

 

Questi due eventi mi hanno segnata. Ho pensato al mio Paese, all’Italia, alla sua storia termale millenaria e al fatto che volessi darle la voce che meritava.

 

Nel 2015 avevo aperto un blog, Inspatime, in cui raccontavo le mie esperienze nelle Spa del mondo.

 

Qualche anno dopo avevo iniziato a postare anche contenuti su LinkedIn e Instagram raccogliendo migliaia di followers.

 

Seguivo Marketers da tempo e avevo preso Business Genetics, ma non ero sicura di trasformare la comunicazione in un lavoro.

 

Ma ora ero lì, costretta tra le mie mura di casa.

 

Ho preso il cellulare e ho iniziato a chiamare diverse Spa in giro per l’Italia.

 

È così che è nato l’Inspatour, un tour tra le migliori Spa d’Italia, che mi ha fatto percorrere 80.000km a caccia di video interviste a Spa Manager, Chef, Naturopati, Architetti e Medici.

 

Pian piano ho attirato l’attenzione di sponsor come La Sportiva, Technogym, Matrix e Lemi Group.

 

Persino Forbes, che quest’anno mi ha inserita tra le 100 Donne dell’anno e con cui sto pubblicando E-SPAnsiva, una guida alle migliori Spa d’Italia.

 

Proprio l’anno scorso, dopo 25 anni, ho lasciato l’insegnamento e ho aperto la P. Iva. Non è stato semplice, ma ero pronta.

 

Pronta a riconoscere il mio valore e trasmettere al mondo quello che ho imparato in una vita dedicata allo studio del benessere.

 

Perché è proprio prendendoci cura degli altri che ci prendiamo cura anche di noi stessi.

 

Raffaella

Manuel Castellani

Leggi la storia di Manuel

Il 24 agosto 2019 ho visto la morte in faccia.


Ero a Bali, avevo 24 anni e stavamo per andare a fare snorkeling con le mante.


Il mare era già brutto alla partenza, e le onde si alzavano sempre più.


Quando ci siamo tuffati la corrente aveva spostato la barca a decine di metri da noi.


Un’onda mi ha tolto una pinna, non riuscivo più a muovermi. Per fortuna una barca mi ha tirato su, ma non era finita.


Un’altra onda, la più grande della mia vita, ci ha travolto – per 15 secondi il mondo ha girato, poi il buio.


Quando ho riaperto gli occhi la barca era sul fondale, io ero rimasto sotto.


Mi sono detto: “Manuel, devi uscire di qui”, e ho nuotato con tutto me stesso verso la superficie.


Tornato a galla ero sfinito, ma pronto ad accogliere il mio destino.


Un’altra imbarcazione si è avvicinata e mi ha recuperato. Salvo.

 

C’è una frase a me cara che dice: “Abbiamo tutti due vite. La seconda inizia quando ti accorgi che ne abbiamo solo una”.

 

Per me è stato così.


Prima avevo 24 anni, mi sentivo invincibile. Dopo avevo la certezza che nessuno di noi sa quanto gli resta da vivere.


Rientrato in Italia, ho continuato la mia vita da informatico, eppure volevo cambiare qualcosa.


Ho iniziato a lavorare a 15 anni, a 18 ho fatto il primo viaggio fuori da Roma, per lavorare a Ibiza. Lì mi sono innamorato della libertà.


Da tempo vedevo Dario e i Marketers girare per il mondo. Sognavo di fare lo stesso.


Nel 2020 arriva l’opportunità di lavorare da remoto.


“Basta, compro una moto e inizio a viaggiare per l’Italia”. In viaggio scivolo e la distruggo.


Ma anche da questa disavventura è nata una nuova opportunità.


Ho deciso di comprare un van e di iniziare a vivere viaggiando, questa volta per davvero.


Ho anche aperto un canale YouTube, che magari mi permetterà di trasformare i miei viaggi in un lavoro.

 

Per la prima volta nella mia vita sono veramente felice.


Fra pochi mesi lo smart working in azienda finirà e forse dovrò cercare un nuovo lavoro da remoto, ma se così fosse lo farò senza paura.


La vita mi ha messo spesso di fronte a situazioni brutte, inspiegabili, irrazionali.


Ma c’è del bello nella difficoltà. C’è rinascita, anche quando tutto sembra finito.

Francesco Tassi e Paolo Pacchiana

Leggi la storia di Francesco e Paolo

Finalmente andava tutto a gonfie vele.

 

Dopo anni di lavoro come ingegnere industriale negli Stati Uniti ero tornato in Italia:

 

avevo aperto una startup con Gabriele, un mio amico programmatore.

 

Il prodotto era un’app che aiutava a scoprire nuovi podcast in base a interessi e cronologia d’ascolto.

 

Avevamo un grosso investitore. Cosa mancava? Capire come promuoverci online.

 

L’occasione è arrivata a un Marketers Meetup a Milano, a 200 metri dal nostro ufficio.

 

È lì che ho conosciuto Paolo. Fresco di laurea e progetti personali, con un background diametralmente opposto al mio, in pochi minuti ci aveva già tirato fuori idee a cui noi non avevamo mai pensato.

 

L’abbiamo tirato a bordo. Da lì a poco però le cose iniziano ad andare male.

 

Le persone entravano sull’app, certo, ma non ascoltavano i podcast perché erano tutti scadenti.

 

Lasciamo l’ufficio, lasciamo Milano. 

 

In un anno passiamo da 12 a 4 persone: io, Gabriele, Rossella e Paolo. Non avevo più soldi da parte.

 

Un giorno ci viene un’intuizione: “ma perché non iniziamo noi a produrre i podcast?”

 

Paolo aveva intuito che il futuro erano i creator. In una settimana liquidiamo il vecchio fondo, troviamo un nuovo investitore e io, Paolo e Gabriele fondiamo una nuova società: VOIS.

 

L’obiettivo? Creare podcast e dare vita alla professione del podcaster in Italia.

 

All’inizio eravamo solo un’agenzia, ma pian piano siamo diventati un vero e proprio brand.

 

La prima svolta è stato ironicamente proprio il podcast “Prime svolte”, prodotto col primo grande cliente: BMW.

 

Oggi, dopo un anno e mezzo, siamo in 21 persone e abbiamo 3 milioni di ascolti al mese, circa il 15% di tutti gli ascolti totali di podcast in Italia.

 

Nel tempo si sono avvicinati brand come Campari e DAZN. Abbiamo aiutato Massimo Corona di “Storie di brand” e altri podcaster a monetizzare.

 

Quando ho lasciato la mia carriera da ingegnere ho fatto un salto nel vuoto.

 

Si raccontano sempre le storie di rinascita dopo un fallimento, ma nessuno parla di quanto sia difficile cambiare quando le cose vanno bene.

 

Eppure se si sente il bisogno di farlo, quell’esigenza che viene dal profondo, forse è saggio ascoltarsi e non guardare più indietro.

Michela Camellini

Leggi la storia di Michela

Ho sempre lavorato nell’azienda di famiglia, fin da quando studiavo comunicazione all’università.

Da una parte c’era l’attività commerciale di rivendita di piastrelle, la più importante, dall’altra la vendita di stucchi e collanti per le fiere.

Mentre papà gestiva tutta la parte commerciale, io lo aiutavo a seguire la seconda.

Il mio sogno, però, era diventare agente di viaggio online.

È così che nel 2017 ho scoperto Dario e Marketers. Ho studiato il blog, iniziato dai corsi alle Facebook Ads e a Instagram, e nel tempo ho costruito un piccolo seguito.

Di mattina lavoravo nell’azienda di famiglia, nel pomeriggio mi occupavo di viaggi. Era perfetto.

Tutto cambia nel 2020.

Il Covid mi toglie il lavoro come agente di viaggio. Pochi mesi dopo papà è mancato per una brutta malattia.

D’un tratto mi ritrovo a dover gestire due aziende da sola, con un figlio di 3 anni e una nata da pochi mesi.

Mi sentivo in mezzo a un uragano.

Sapevo che un giorno avrei preso in mano l’azienda, ma non mi aspettavo di doverlo fare così presto.

Mi sono aggrappata a quello che potevo. Ho iniziato ad applicare quanto imparato dai corsi, specialmente da Business Genetics.

Assieme a un collaboratore di mio padre mi sono rimboccata le maniche, ho studiato per mesi.

I clienti, il mercato, la concorrenza.

Col sangue freddo e forse un po’ di sana ingenuità del principiante, ho recuperato alcuni crediti che aveva perso il papà, ho trasformato il modello di business e mi sono aperta al mercato internazionale.

Era un salto nel vuoto, ma ci ho visto bene.

Con questi due cambi di direzione siamo passati dai 12.000€ di utile dell’anno prima ai 200.000€ dell’anno scorso, e quest’anno abbiamo quasi duplicato il fatturato del 2021.

In futuro voglio rendermi il più possibile inutile all’azienda (è il lavoro dell’imprenditore, no?) e riprendere la mia attività di agente di viaggio, con la libertà di poter gestire il lavoro dove, come e quando voglio.

Ho visto mio padre lavorare per 40 anni, spesso anche di sabato e di domenica, con pochi giorni di ferie all’anno.

Io vorrei una vita diversa. Seguo i suoi passi, ma percorro una nuova strada: la mia.

Matteo Bordoni

Leggi la storia di Matteo

La mia è la storia di tanti.

 

Ero all’università quando ho iniziato a dare ripetizioni.

 

Mi servivano soldi per non pesare troppo ai miei, e insegnare matematica e fisica nel tempo libero mi sembrava una buona idea.

 

Prima di farne il mio lavoro principale però, ne è passato di tempo.

 

Con la laurea in robotica e IA in mano, sembrava arrivato il tempo di lasciare Roma.

 

“Vai all’estero, vai all’estero”, era il mantra di parenti e amici.

 

Io ci ho provato, colloqui a Klagenfurt, ad Oxford, ma, vi dirò, l’estero non fa per me.

 

Caso vuole che qualche mese dopo ho trovato un lavoro a Bologna, in una grossa multinazionale d’informatica.

 

Un sogno? No, un incubo.

 

Immaginatevi il classico mega ufficio americano con lunghissime scrivanie grigie, ma senza separatori tra postazioni di lavoro. Un mio collega metteva le cuffie da elicottero per isolarsi.

 

Mi sono reso conto che la routine fa schifo.

 

Tornavo a Roma ogni weekend per fare lezioni ai ragazzi. Non lo facevo per i soldi, ma per passione.

 

Il mio approccio all’insegnamento è sempre stato quello di dare un supporto continuo, creare un legame.

 

Dopo i 6 mesi di prova in azienda, mi sono licenziato per tornare a Roma.

 

L’estero era escluso, fare il dipendente pure.

 

Cosa mi rimaneva?

 

Una notte, dal nulla, ho pensato a “Supermat”: un supereroe, che potesse dare un volto alla mia attività.

 

Poco dopo ho conosciuto Marketers, Business Genetics e il mondo della comunicazione.

 

A marzo 2020 è arrivata la pandemia, quando io avevo ancora il 70% delle lezioni offline.

 

Così ho iniziato a sperimentare su YouTube. Sono partito dal garage, con qualche luce led, un fondale e la fotocamera dell’iPhone.

 

Oggi Supermat conta 20.000 iscritti. Nel mentre continuo a fare lezione ai ragazzi che ne hanno bisogno. 

 

Dico che ogni mia lezione è uno “show”, e se date un’occhiata al canale capirete perché.

 

Nella scuola italiana manca partire dal “perché” – come direbbe Sinek – specialmente nelle materie scientifiche.

 

Il mio sogno sarebbe riuscire a cambiare le cose, a dare la possibilità di capire anche a chi parte sconfitto, a insegnare in maniera divertente, tra la gente e per la gente.

 

Pare che sia sulla strada giusta.

 

Matteo

Sara Rossini

Leggi la storia di Sara

Forse era già tutto scritto.

 

Io e mio marito ci conoscemmo nel 2002, in una vacanza in barca a vela in Grecia.

 

Sin da allora, coltivammo un sogno: vivere insieme nel bene e nel mare, acquistando una barca tutta nostra.

 

Ma ci servivano soldi.

 

Lasciammo la nostra vita di agi e certezze a Milano e ci trasferimmo in Brianza, a casa di mio padre, per tre anni.

 

Poi un giorno fu chiaro che non sarebbe bastato.

 

Solo vendendo la casa a Milano, Shibumi, un’imbarcazione degli anni ’80 ferma da cinque anni in Grecia, divenne nostra.

 

Partire, però, non fu semplice: sistemare la barca, organizzare l’istruzione parentale dei miei tre figli, il lavoro, l’aspettativa…

 

Poi ci riuscimmo e arrivò la pandemia. Porti chiusi, àncora a terra per 8 mesi, alle Baleari.

 

Decidemmo di trasformarla in un’opportunità.

 

Diventammo un’associazione: Shibumi floating lab, un laboratorio galleggiante dove convergono progetti scientifici e ambientali.

 

Uno di questi fu una serie di divulgazione scientifica registrata con i nostri figli e andata in onda anche su Rai Gulp.

 

Nell’ottobre 2021, con i porti di nuovo aperti, arriviamo a Lanzarote.

 

L’aspettativa di mio marito era finita, così riprese il suo lavoro facendo il pendolare a settimane alterne Lanzarote – Milano. I nostri figli iniziarono a frequentare la scuola spagnola.

 

Io, oltre che creare contenuti per terzi, continuo a gestire la nostra pagina IG, condividendo la nostra nuova vita tra: quotidianità, viaggi, sostenibilità, e divulgazione.

 

Un giorno tra i nostri nuovi followers scopro Dario, e quindi Marketers e Instarebels, che con i loro corsi hanno aiutato la nostra pagina a crescere giorno dopo giorno.

 

@sailing_shibumi è il racconto quotidiano di una famiglia normale che aveva un sogno da raggiungere.

 

Non è una storia di coraggio, ma una storia di sacrifici di cinque persone.

 

Abbiamo scelto di correre il rischio di cambiare la nostra vecchia vita per insegnare ai nostri figli che i sogni si possono realizzare, ma bisogna andarseli a prendere.

 

La nostra vita, come quella di tutti, è piena di alti e bassi, ma non avrei mai potuto viverla diversamente.

 

Sara, una marinaia creativa.

Anum Sajjad

Leggi la storia di Anum

Chi è il tuo peggior nemico?

 

Io conobbi il mio nel 2017. Ero a Parigi per un master in brand management.

 

Fu una delusione totale, ma Parigi mi rubò il cuore e così iniziai a lavorare lì.

 

Mi occupavo di vendite. Ogni mattina mi sembrava di rubare tempo alla mia passione: la fotografia.

 

Passarono 3 anni. Il destino si stufò prima di me e nel 2021 fui licenziata per dei tagli al personale.

 

Per distrarmi andai alla Fashion Week di Parigi, scattai qualche foto, le postai su Instagram.

 

Alcune influencer le condivisero.  

 

Le foto di una totale sconosciuta, senza seguito online, erano piaciute.

 

Lo dissi a chiunque conoscessi. Tutti pensarono che fossi impazzita a vederci un futuro.

 

Andai nell’unico posto in cui ero certa di trovare qualcuno che mi capisse, il Meetup di Business Genetics.

 

Dario mi disse: “Anum, essere bravi non basta”.

 

Ce n’erano di fotografi con più esperienza di me, certo, ma l’abilità senza l’intraprendenza è debole.

 

Le Fashion Week tra Francia e Italia divennero meta fissa. Scattavo e pubblicavo, velocemente, per farmi notare.

 

A gennaio 2022 feci qualche scatto a Chiara Ferragni, senza aspettative. Ma lei andò oltre il mio pessimismo e me le chiese per i suoi canali.

 

Ho iniziato ad avere contatti con persone che mai avrei pensato di raggiungere e i miei scatti finirono su testate di spicco come Vogue e Harper’s Bazaar.

 

Tempo qualche mese e sono arrivati i primi clienti ufficiali.

 

Assunsi una marketing manager per aiutarmi a definire i prezzi del mio lavoro.

 

200€ per 1 ora e mezza di lavoro? Mi sembrava troppo.

 

“L’unica cosa sbilanciata qui è il tuo mindset” mi diceva.

 

La sindrome dell’impostore non mi lasciava.

 

Un giorno mi scrisse anche Iacopo Pelagatti: “Vorrei parlare di te sul palco del Marketers World 2022”.

 

Era l’ennesima conferma a me stessa.

 

Rividi la me dei mesi prima. A casa a piangere, sola, perché le sembrava di sbattere contro un muro invalicabile.

 

Ormai è chiaro: la sfida più dura di chi intraprende percorsi non ordinari è quella nella propria testa.

 

Sarai solo, al buio e ti sembrerà di girare in tondo.

 

Continua. Una volta dall’altra parte sarai felice.

 

Io ora lo sono.

 

Anum.

Antonio Biancardi

Leggi la storia di Antonio

“Storie di successo partite dal basso. Storie di riscatto, storie di ribellione e di passione.”

Dario Vignali descrive con queste parole il nuovo progetto di Human of Marketers, e nel farlo, riassume perfettamente la mia storia ed uno dei principali messaggi a cui voglio dare voce.

Una credenza popolare che sento spesso è che nella vita ce la fanno solo quelli che hanno la fortuna di nascere in contesti sicuri e già di successo.

Io credo sempre più che questa tipologia di convinzioni popolari ai tempi di oggi sia solo una grande menzogna.

Infatti disponiamo di formazione e strumenti digitali che ci permettono di poter trasformare e cambiare la nostra vita, se lo vogliamo veramente.

Ecco, forse in queste ultime due parole si racchiude forse quello che conta realmente di più per avere successo.

E quando parlo di successo, mi riferisco a guardarci allo specchio ed essere davvero fieri di noi stessi. Sapere di dare il meglio di noi, cercando di alzare sempre di più l’asticella per dimostrarci che se vogliamo, la vita la possiamo cambiare veramente. E anche partendo da zero.

Anzi, credo che una delle mie fortune sia proprio quella di essere nato in una famiglia molto umile che ha saputo trasmettermi il rispetto per le persone e il sacrificio che c’è dietro ogni azione.

Quindi il resto, sono davvero solo scuse.

Armiamoci di grandi obiettivi, di fidati compagni di viaggio e della voglia di fare la differenza per noi stessi (poi per gli altri).

Oggi è stata raccontata in breve la mia storia. Ma alla fine se mi guardo attorno, conosco molti colleghi Marketers che hanno storie davvero simili e che meritano ugualmente di essere raccontate.

Io ho l’ambizione di migliorare me stesso, la vita delle persone e la sostenibilità del pianeta impegnandomi in progetti imprenditoriali che valorizzano l’essere umano.

E tu?

Susanna Zampieri

Leggi la storia di Susanna

La mia vita era diventata un loop insostenibile.

Lavoravo come designer 3D di calzature, ma ero scesa a compromessi: 3 ore di auto per 8 ore al giorno in ufficio.

La mia passione era diventata il mio incubo. I weekend, la soluzione.

Mio fratello fu la svolta.

Produceva canzoni per altri artisti e lo insegnava online.

Nel 2018 andò al Marketers World e non fu mai più lo stesso. Il sabato sera restava sempre a casa a lavorare, lo preferiva.

Emanava una luce che mi spaventava. Non capivo cosa stesse succedendo.

Poi, una mattina, ebbi un incidente andando a lavoro: bloccata per due mesi.

I miei pensieri non erano più schiacciati dalla quotidianità, il loop si era fermato. Ma come potevo interromperlo per sempre?

Decisi di seguire mio fratello al Marketers World 2019.

Il secondo giorno scoppiai in lacrime, capii di star mandando la mia vita nella direzione sbagliata.

Iniziai a studiare di nuovo. CopyMastery, Shopify Start e molto altro.

Ogni giorno, dopo 8 ore di lavoro, postavo su Instagram le scarpe 3D che facevo.

Ero stressata ma ero anche sulla strada giusta, quindi non mollavo.

Poi, una mattina mi svegliai con una chiazza in testa senza capelli. Il mio corpo mi stava parlando: fermati.

Mollai tutto, la mia passione e i miei sogni, convinta che con il mio lavoro normale sarei potuta stare meglio.

Un vecchio amico mi parlò di come il remote working gli avesse cambiato la vita.

E ci provai: 3 settimane a Gran Canaria. Surf, progetti e ogni giorno un ambiente iper-stimolante.

Tornai al loop in Italia e… un altro crollo.

Presi la mia scelta più coraggiosa di sempre: mi licenziai e presi un volo di sola andata verso la mia nuova vita alle Canarie.

Oggi sono qui, ho lanciato il mio primo progetto di scarpe in edizione limitata e sono andate sold-out in soli 3 giorni.

Sto già lavorando alle prossime décolleté ecosostenibili e mi sento realizzata.

Quel loop mi intrappolava, mi illudeva di avere ciò che volessi. Sono felice che i miei occhi abbiano intravisto cosa ci fosse oltre.

Ti auguro di non abbassare mai il capo, testa alta e vivi al massimo.

Susanna.

Alessandro Tosi

Leggi la storia di Alessandro

“Cosa vuoi fare da grande?”

 

A 9 anni pensavo di aver trovato la risposta.

 

Sentii suonare un pianista nell’hotel dei miei genitori e scoccò la scintilla, la musica divenne la mia vita.

 

Mi diplomai in conservatorio, poi all’Accademia Pianistica di Imola, una delle più prestigiose al mondo.

 

Faccio concerti in tutta Italia e in Europa, i traguardi aumentano, le soddisfazioni anche.

 

I problemi pure: continuavo a infortunarmi alla mano destra. La causa restò un mistero per anni, decine di medici brancolavano nel buio.

 

Nel 2018 sono l’unico italiano tra i 12 semifinalisti ammessi al New Orleans International Piano Competition, uno dei concorsi più importanti d’America.

 

Non salii mai su quel palco, né su altri: mi diagnosticarono una neuropatia periferica, in una forma rarissima e congenita.

 

17 anni di sacrifici si sgretolano in un istante, come un castello di sabbia.

 

Ero demotivato, avevo perso tutto.

 

Scoprii il digital marketing per puro caso. Una pubblicità mi mostrò persone che lavoravano viaggiando, indipendenti, libere di esprimersi.

 

Avvertii gli stessi stimoli creativi a cui ero abituato da musicista. C’era speranza e con essa una voglia enorme di rivincita.

 

Così mi immersi, con la pazienza, la costanza e la perseveranza che avevo imparato sul piano.

 

Contenuti, libri ed eventi. Uno su tutti, il Marketers World, altro colpo di fulmine.

 

Da lì metto il turbo, volevo assorbire quante più competenze possibili: Business Genetics, CopyMastery, Facebook Ads Pro, studio quasi ogni corso Marketers.

 

Sono diventato un Full Stack Marketer senza saperlo, per passione, per riscatto.

 

Ma grazie a Marketers ho trovato anche amici, colleghi e clienti come @sofiavettori e @impasta.con.stefano

 

Ora con un amico sto lavorando a Resonate, un progetto per aiutare le persone paralizzate dalla vita in giù a suonare il pianoforte.

 

Nel frattempo faccio remote working ogni volta che posso. Portogallo, Malta e Barcellona sono state le mete recenti.

 

Posso dirlo, mi sento rinato. Non ho più paura del futuro, ne sono entusiasta. Oggi vedo ogni crisi come un’opportunità di cambiamento.

 

Questa è la mia nuova vita, il miglior spartito che potessi sperare di suonare.

 

Alessandro

Angela Berton

Leggi la storia di Angela

Ha senso vivere così?

 

“Seguite i vostri sogni” avrei detto ai miei figli, mentre mi avrebbero vista invecchiare con la testa sotto la sabbia.

 

Era ora di cambiare…

 

Nel 2009 mi laureai alla Bocconi e trovai lavoro in una società di consulenze a Milano.

 

Ero carica, produttiva, stimolata, ma scelsi di seguire l’amore della mia vita: Marco, un ingegnere con la mia stessa passione per la cucina.

 

Nel 2011 eravamo a Treviso, lui che lavorava nella ristorazione e io come project manager in un’azienda metalmeccanica.

 

11 anni di sacrifici dopo, non avevo fatto passi avanti. Mi sentivo ingabbiata.

 

Poi un commento come tanti: “Ma perché non apri un blog? Sei brava in cucina”.

 

Ebbi un flashback: il mio sogno di aprire una pasticceria, di fare corsi di cucina, di raccontare l’amore per il mangiare bene.

 

Nel 2015 il blog lo aprii davvero, ma scrivevo poco, tra lavoro, matrimonio e i due bignè appena sfornati: Luigi e Matilde.

 

Essere madre mi mise a un bivio. Per insegnargli a credere in sé, dovevo farlo prima io.

 

Per i due anni successivi feci le ore piccole per incastrare blog, nuove ricette, lavoro e bambini.

 

Ma con 500€ di asilo e 800€ di mutuo arrivarono le domande scomode: “Si può vivere di content creation?”. Iniziai a vendere torte su ordinazione mentre cercavo la quadra.

 

Un giorno un vicino mi fece: “Conosci @dariovignali?”. Fu un faro nella nebbia. Comprai CopyMastery, entrai in Marketers Pro e iniziai a unire i puntini.

 

Studiando e applicando arrivarono le prime collaborazioni. Cucinavo, fotografavo, ero una food blogger ormai. Così mi licenziai.

 

Arrivò il Marketers World, ma temevo per la mia assenza da casa. Marco: “Devi andarci, punto. Qui ci arrangiamo”.

 

Fu come respirare adrenalina per 3 giorni.

 

Lo speech di @erica_tramontini mi aprì gli occhi: ero sulla strada giusta, la mia. 

 

Tornai a casa galvanizzata e comprai già i biglietti per il World 2023. Due stavolta, anche per Marco che da allora lavora con me.

 

Oggi siamo entrambi in armonia, ci viviamo di più i bambini e il lavoro non manca.

 

Guardando indietro, non è questione di scrivere la propria parabola dell’eroe, ma di compiere il proprio “salto del coraggioso”.

 

Ogni sogno merita quel salto

Giulia Proietti Timperi

Leggi la storia di Giulia

Avrei dovuto sentirmi a casa, ma per per me era una trappola.


Roma, dove sono nata e cresciuta, mi è sempre stata stretta.


Eppure, avevo deciso di restare.


Una laurea alla Sapienza e poi dritta nel mondo del lavoro.


In un anno e mezzo le esperienze erano per lo più negative: la vita d’ufficio non faceva per me.


Mi stavo adattando, non ero felice.


“Segui Marketers” fu il consiglio di un amico.


La curiosità prese le redini, con la speranza di una svolta al seguito.


Iniziai online, poi li conobbi di persona a un Meetup, uno dei loro incontri periodici in giro per l’Italia.


Persone, strade, traguardi, tutto diverso. Sembrava un gruppo creatosi per caso.


Se non fosse che tutti avevano questa capacità di trapiantare le proprie radici, di abbandonare la loro Roma per girare il mondo.


Era il 2018, l’anno di nascita del loro evento per eccellenza, il (loro e mio) primo Marketers World.


L’energia di quei 3 giorni, le storie, le tante proposte ricevute: feci il pieno di determinazione.


Al ritorno mi buttai nel mondo startup. Aria più fresca, meno limiti.


Però no, niente scintille. Ed ero sempre a Roma.


Aprii la partita IVA.


Essere una delle voci più attive in community e partecipare a ogni Meetup non mi fece mancare i clienti. Anzi…


“Ciao Giulia, sono Elio. Il team advertising si sta espandendo. Ci saresti per scambiare due parole?”


Da allora, se avete mai visto una pubblicità di Marketers, colpa mia.


Da allora, se ho trovato il posto che oggi chiamo casa, lo devo anche ai miei colleghi.


La pandemia fu dura. Casa era diventata la mia cella, Roma la mia prigione.


Alla prima occasione raggiunsi gli altri in Sicilia su proposta di un amico e collega.


Dopo 35 giorni da turista, mi ero davvero innamorata.


“Mamma, papà, io resto a vivere a Palermo”.


Oggi sono 3 anni che ho trapiantato le mie radici lì e ogni giorno racconto su @balamour_ la Sicilia dagli occhi di chi l’ha scelta.


C’è chi mi definisce una smart worker atipica.


Non faccio viaggi dall’altro capo del mondo, non giro come una trottola, non sono una nomade.


Ma mentre stavolta sono loro a vedere una trappola, io qui a Palermo, lavorando nel team di Marketers, mi sento finalmente a casa.

Valentina Veronesi

Leggi la storia di Valentina

Hai mai sentito il peso di un successo che non ti appartiene?

Mi servirono anni per raggiungere il mio, anni per capire di aver corso la gara sbagliata.

Ho da sempre la vendita nel sangue e un forte desiderio di indipendenza. L’idea di essere ricompensata per i risultati in campo mi affascina.

Così nel 2009 sono entrata in un’agenzia immobiliare a Roma, un mix di libertà e opportunità su cui ho investito 10 anni.

Dai quartieri popolari fino a vendere case da milioni di euro in zona Parioli, la mia targhetta ormai recitava “manager immobiliare”.

Lavoravo 10 ore al giorno per uno stipendio di tutto rispetto.

Tra i bonus, dosi massicce di stress e stanchezza. La seconda parte della giornata mi serviva per recuperare dalla prima.

In questo loop la vetta non mi sembrava più un successo, ma un territorio ostile.

A una certa non la tollerai più.

Il primo passo fu licenziarsi e iniziare a vivere di nuovo.

Io e mio marito affittammo una barca a vela, una passione che avevo dimenticato.

Ripresi a respirare e la mia ambizione di indipendenza a bruciare.

La vela e il digitale segnarono la nuova linea di partenza.

Conoscevo Dario e Marketers dal 2013, ma il lavoro online mi sembrava un miraggio.

Poi degli amici cominciarono a chiederci sempre più spesso di portarli fuori in barca con noi. La voce si diffuse fino a dei veri clienti.

Se il passaparola era bastato, cosa poteva succedere sbarcando sulla rete?

La risposta fu @brezzasailing, un brand di charter nautico che opera tra le isole Eolie e Pontine. Oggi conta 3 catamarani e un team di 10 persone.

Nel 2022 al mio primo Marketers World trovai i collaboratori che oggi mi aiutano a gestire la presenza online.

Siamo su Instagram, abbiamo una newsletter, un sito, ads sempre attive e un flusso di prenotazioni costante.

Mi fa sorridere pensare che oggi io lavori giorno e notte, senza staccare mai per mesi interi. “Dalla padella alla brace”.

La verità è che quando mi chiedono che lavoro faccio io ora rispondo nessuno.

Non è un lavoro, è la mia passione. Troppo spesso ci ostiniamo a dividere vita e lavoro.

Unendole, le giornate sono molto meno grigie e profumano di brezza marina.

Francesco Boggi

Leggi la storia di Francesco

Ricordo la frustrazione come fosse ieri.

Quella fottuta triennale in Economia finita in 6 anni e mezzo.

Mi faceva schifo quello che studiavo, ma non sapevo che altro fare.

Così il pezzo di carta divenne il mio premio di consolazione.

Andai in Olanda per staccare un po’ la spina.

Conobbi diversi ragazzi che lavoravano online, girando il mondo.

Il nomadismo mi affascinava molto e una cosa la capii: mai avrei voluto fare il dipendente.

Specializzarmi mi sembrò una buona idea per puntare all’indipendenza.

Tornai a Urbino e mi iscrissi alla magistrale in Marketing, l’unico tema della triennale che mi aveva affascinato.

Il massimo dei voti e la lode non mi risparmiarono un’altra doccia fredda: ero solo un teorico.

Tutta Urbino era come un enorme cassetto zeppo di idee irrealizzate, con 15.000 studenti bisognosi di mettere le mani in pasta.

Era il 2018 quando mi confrontavo con alcuni di loro per trovare una via di uscita.

Conobbi Davide, un appassionato di trekking che per hobby aveva aperto una Pagina Facebook.

Io, altro appassionato, restai a bocca aperta: “Cammini d’Italia” aveva 13.000 follower.

Decidiamo di unire le forze, fare pratica, scavare sul web alla ricerca della vera ciccia dietro un progetto online.

I contenuti di Marketers divennero meta fissa.

Non trovai nulla di più utile del corso “Creiamo un business da zero in live”, ora su Marketers Pro.

Era proprio il genere di esperienza che ci serviva in quel momento.

In 1 anno e mezzo, 100.000 nuovi appassionati ci seguirono su Instagram, oltre 150.000 su Facebook e quella gavetta si trasformò in qualcosa di più.

Oggi?

Siamo la più grande community italiana sul trekking, guidiamo centinaia di migliaia di persone lungo i cammini d’Italia, facciamo 1,5 milioni di visite sul sito ogni anno.

Domani? Non importa.

Ho capito che la vita dell’imprenditore scorre veloce quanto la sua FOMO.

Per un periodo ne fui risucchiato, intrappolato nel futuro delle mie ambizioni.

“Per quanto lontano tu possa spostare il traguardo, stai già facendo la vita che volevi”.

Quelle parole della mia ragazza furono il primo premio che accettai fiero.

Fiero di dove ero, dove sono e ovunque andrò.

Marius Maxim

Leggi la storia di Mariu

Ricordo ancora il loro sguardo…

Dopo scuola, la giornata si misurava con le ore passate al computer.

Quali segreti nascondeva il mondo online?

Mi lanciavo sempre una nuova sfida: “Creerò anche io un sito web”.

La ricompensa, però, fu un amaro tuffo nella realtà…

Da un lato il mio entusiasmo, dall’altro gli sguardi di superiorità in Romania:

“Ci perderai solo gli occhi con quella roba!”

Intanto Paola, la mia dolce metà, mi aiutava a trasformare il sito in un blog di moda, mentre io imparavo tutto sulla SEO.

12 mesi di traffico dopo, la banca chiamò sua madre:

“Perché Google vi manda soldi dall’Irlanda?”

Eravamo ancora minorenni, ma fu la prima sfida che chiamammo progetto.

L’app di scommesse LigaBET fu la mia rivincita.

“La Romania ha 19,7 milioni di abitanti, stavolta sarà come averli tutti dalla nostra”, mi dissi.

17 settembre 2017: portai più di 20 milioni di visite sull’app in un mese.

Missione compiuta? L’orgoglio mi diceva di sì, ma scalare gli incassi era tutt’altra storia.

Dovevo studiarci su, così intanto trovai lavoro come dipendente a Venezia.

Conobbi Dario, Marketers e finalmente altri strambi come me che “ci perdevano gli occhi con quella roba”.

Dopo il Marketers World 2019, Paola mi riprese: “Sicuro di voler seguire le sfide degli altri invece che le tue? Tu sei come queste persone.”

Aveva ragione, mi mancava il brivido della competizione con me stesso.

Mi licenziai e la prima idea fu di aiutare gli imprenditori locali veneti con ciò che avevo imparato.

Seguii alla lettera l’analisi del pubblico di CopyMastery, il corso di Dario e Botto al copywriting strategico, e trovai subito i primi clienti.

Crescemmo tanto, fino a seguire anche brand come Rolling Stone e SiVola.

Poi arrivò il Covid… io e Paola ne approfittammo per creare Avacard, il biglietto da visita più tecnologico di sempre.

E proprio con Avacard siamo diventati sponsor del Marketers World per 2 anni di fila.

Se ci siamo visti lì, lo devo anche a te: grazie di aver ricambiato il mio sguardo entusiasta.

Alla prossima sfida,
Marius.

Ilaria Caddia e Filippo Dessì

Leggi la storia di Ilaria e Filippo

Nessuno ci aveva preparato alla realtà.

Quand’è che prendersi cura degli altri era diventato un tiro alla fune?

Io e mio marito Filippo siamo stati farmacisti per anni. Io 10, lui 15.

A un certo punto le regole del gioco ci erano chiare.

Il marketing delle case farmaceutiche si riassumeva in una parola: sconti.

Era una competizione di prodotti più convenienti e non di persone più soddisfatte.

Così spesso l’etica professionale valeva meno della strategia aziendale.

Eravamo ingranaggi di una macchina che non serviva nessuno se non sé stessa.

Abbiamo sempre amato il nostro lavoro, ma le sue ombre ormai ci tormentavano.

“Ilaria, cosa vorreste fare? Buttare al vento le vostre lauree, appendere il camice e fare rivoluzione?”

La reazione di amici e familiari era comprensibile, con due figli e il mutuo della casa sulle spalle.

Bloccati dalle circostanze, intanto il mondo online ci incuriosiva sempre di più.

Era il 2015, pochi nel settore sanitario lo esploravano e tutti sempre con i loro sconti in prima fila.

Ma in fondo la vedevamo nei nostri colleghi, quella voglia di cambiare le cose…

Nella farmacia dove lavoravo mi fu dato spazio per sperimentare. Così iniziai a gestirne le pagine social e il sito web.

Test dopo test ero sempre più convinta della nostra visione per questo mercato: un marketing con i professionisti e le persone al centro.

Da lì entrammo in un loop. Ogni sera mettevamo a letto i bambini e iniziavamo a studiare i corsi Marketers per capire come dar vita alla nostra visione.

Imparammo come trasformare il marketing della convenienza nel marketing della fiducia.

Poi la community fece il resto. Dove tutti si battevano per sogni incompresi, strade poco battute e innovazioni silenziose, ci sentimmo pronti a fare lo stesso.

Nel 2020 ci licenziammo con il sogno di innescare la nostra piccola rivoluzione.

Da allora abbiamo aperto la nostra agenzia, Epode Marketing, tenuto lezioni all’università e aiutato centinaia di farmacisti a valorizzare la propria professione grazie al digitale.

Per alcuni è ancora un’utopia. Per noi sarà sempre un’ambizione a cui tutti dovremmo aspirare.

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