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Creator Economy: strategie e consigli per monetizzare se sei un creator

21 Aprile 2023
Marketers

Con Internet e YouTube, c’è sempre la preoccupazione di essere demonetizzati, della cancellazione del tuo canale e, di conseguenza, dei tuoi progetti. Le persone, quindi, sono sempre alla ricerca di modi alternativi per guadagnare soldi, non sai mai dove ti porteranno le piattaforme a fine giornata“.

A esprimere questo concetto, dal quale possono partire, e partono, mille spunti di analisi, è lo Youtuber Joshua Wanders in un’intervista rilasciata al New York Times.

In un momento in cui la maggior parte di noi è stato in casa, con le abitudini che sono già in cambiamento dopo quanto abbiamo vissuto negli ultimi mesi, non sorprende essere sempre più incollati ai nostri schermi preferiti.

Per rispondere alla crescente richiesta c’è stato un aumento significativo dei team di marketing e delle aziende alla ricerca di creatori di contenuti, inclusi gestori di social media, blogger e influencer.

E con la trasformazione continua dell’industria del content marketing, a modificarsi sono anche le responsabilità del creatore di contenuti.

Ma cos’è esattamente un creatore di contenuti?

Facciamo un passo indietro.

Possiamo dire che l’economia dei creator è un sottoinsieme dell’economia della passione.

Motivo? Semplice: i creator, solitamente, sono persone che possono guadagnare facendo qualcosa che li appassiona. Al giorno d’oggi molti creator appassionati hanno trovato un modo per rendere il loro hobby una fonte di guadagno per raggiungere, almeno, un reddito costante. Il segreto di una vita felice, no?

Perché passare le giornate dietro a un lavoro con poche prospettive, magari anche non sufficientemente remunerato, quando si può guadagnare da vivere facendo qualcosa che si ama?

L’economia dei creator è tutto l’insieme di quei progetti, prodotti e servizi a cui i creator danno vita per monetizzare le proprie competenze, conoscenze, idee e abilità.

All’interno della torta sono inserite anche le aziende che servono questi creator, dagli strumenti per la creazione di contenuti fino alle piattaforme di analisi.

L’attuale economia dei creator è spinta in gran parte dagli strumenti che consentono ai “pesci” più piccoli di monetizzare il proprio lavoro in modo più diretto.

E le opportunità per variare il proprio range di guadagno possono essere differenti, oltre che le più disparate.

Come vedremo sono diverse le soluzioni utilizzate, e sperimentate, in giro per il mondo dai content creator per riuscire a superare muri che alcune piattaforme erigono, tutelandosi.

Tutto però parte dal coinvolgimento del proprio pubblico, sempre più interessato, se ben attaccato al progetto, al supportare i creator.

creator

Questi includono contenitori di suggerimenti come Ko-fi, piattaforme di condivisione di contenuti come Gumroad e piattaforme di lancio di corsi come Kajabi, Thinkific o Teachable.

L’ascesa di piattaforme digitali come YouTube e Instagram ha lasciato posto, parzialmente, anche all’economia degli influencer: dai post sponsorizzati alle collaborazioni con i brand.

I giganti social hanno permesso agli individui di accumulare grandi seguaci, ma hanno lasciato loro poche, se non nessuna, possibilità di monetizzazione diretta.

L’app per video brevi Vine, ora non più disponibile, ne è stato un primo esempio.

vine

Vine, che è stata acquisita da Twitter nel 2012, ha attirato fino a 200 milioni di utenti attivi mensili al suo apice nel 2015 e ha contribuito a incubare i migliori creator come Thomas Sanders, Zach King e Shawn Mendes.

Ma la mancanza di una direzione del prodotto e di un’infrastruttura per il supporto dei creator ha indotto gli stessi ad abbandonare la piattaforma.

Poiché l’essere un creator si è evoluto in una carriera più completa, la monetizzazione indiretta si è rivelata insufficiente.

Le offerte pubblicitarie dipendono dai capricci dei brand, sono soggette a vincoli e possono variare anche in maniera ingente di mese in mese costringendo i creator a soddisfare un vasto pubblico e rendendo complicato l’incremento su specifiche nicchie.

Parte di ciò che vogliamo attuare è far avanzare la cultura guidata dai creator in modo che la stessa non sia modellata dalle piattaforme e dai tecnologi, ma dagli artisti e dal talento“, così ha affermato la co-fondatrice e creatrice di Audio Collective Catherine Connors in un’intervista al New York Times.

Le piattaforme di distribuzione tradizionali, dai giganti dei social media come Facebook, Instagram e YouTube alle piattaforme multimediali come SoundCloud, Twitter e Medium, erano inestimabili per conquistare un pubblico, ma le opportunità risiedono nel costruire l’ecosistema attorno ai creator come fondatori.

Alcuni suggerimenti per avere successo nella creazione di ottimi contenuti possono essere:

  • Restare aggiornati: i creator di contenuti di successo sono consapevoli delle tendenze e dei cambiamenti nel modo in cui gli utenti utilizzano le piattaforme;
  • Conoscere il pubblico: i creator lavorano per comprendere esigenze, desideri e problematiche del loro pubblico;
  • Riconoscere un buon contenuto: i buoni creator sono in grado di riconoscere potenziali contenuti virali. Se qualcun altro dà vita a contenuti popolari, interagisci con essi. Su Twitter succede spesso tra i brand;
  • Capire il proprio obiettivo: prima di creare, è importante comprendere cosa vuoi che i contenuti ottengano. Più coinvolgimento sui social, traffico sul sito web, vendite?
  • Misurare il rendimento: una volta che il contenuto è attivo, bisogna misurare il successo relazionato all’obiettivo prefissato. Questo aiuterà a capire cosa funziona, cosa no e come muoversi diversamente.

La rotta fin qui

Gli esseri umani creano contenuti da sempre. Le pitture rupestri, ad esempio, possono essere considerate il primo tentativo di comunicazione attraverso il contenuto.

 

Comprendendo la storia del content marketing si può conoscere il presente e prepararsi per il futuro.

La storia dei contenuti scritti e della pubblicità probabilmente risale a più indietro di quanto si pensi.

Johannes Guttenberg ha inventato la stampa nel 1440, che ha portato alla creazione di opuscoli che, tra le altre opportunità, commercializzavano i prodotti.

Nel 1732, Benjamin Franklin pubblicò il “Poor Richard’s Almanack”, un libro progettato per promuovere la sua fiorente attività di stampa.

E nel 1867, la Hartford Steam Boiler Inspection and Insurance Company fece debuttare “The Locomotive”, una rivista aziendale che continua a essere pubblicata con lo stesso nome ancora oggi.

Queste sono le prime rappresentazioni dell’idea centrale del content marketing: è possibile creare un pubblico distribuendo informazioni utili che lo aiuteranno a realizzare la necessità del servizio.

L’esempio di maggior successo di questo approccio arriva nel 1895, quando la società di attrezzature agricole John Deere iniziò a pubblicare The Furrow.

La rivista è stata progettata per fornire consigli agli agricoltori per aiutarli a migliorare la loro attività.

Tuttavia, il successo della rivista non è stato solo dovuto alla sua ricchezza di informazioni, ma anche alla presenza di storie coinvolgenti e piacevoli per i lettori.

Questa strategia ha aiutato The Furrow a raggiungere milioni di lettori all’inizio del secolo e ad essere tuttora in circolazione.

Nel 1900 l’azienda francese di pneumatici Michelin pubblica la Guida Michelin: una grande pubblicazione con consigli sulla manutenzione dell’auto e sui viaggi (ora è conosciuta principalmente come guida di ristoranti).

Anche se all’epoca c’erano pochissime automobili in circolazione, la lungimirante Michelin credeva che pubblicazioni come la loro avrebbero incoraggiato più persone a comprare automobili e viaggiare in auto (e, di conseguenza, consumare pneumatici): una scommessa che ha pagato.

L’emergere della radio come canale di comunicazione popolare ha spinto successivamente il content marketing in un panorama completamente nuovo.

Un primo esempio è Sears-Roebuck and Company che ha acquistato il tempo di trasmissione per trasmettere informazioni utili alla comunità agricola.

La campagna ebbe un tale successo che Sears iniziò a creare la propria stazione radio, WLS (World’s Largest Store), nel 1924.

La stazione offriva molto più di consigli sull’agricoltura: si potevano ascoltare, fra le altre, musica, commedie e programmazione civica.

Il termine soap opera? Deriva dalla promozione di contenuto.

Nel 1933 Proctor & Gamble inizia a sponsorizzare un serial radiofonico con il loro nuovo prodotto di sapone chiamato “Oxydol’s Own Ma Perkins”

Il programma è andato in onda di giorno e ha preso di mira le ascoltatrici.

Grazie a Proctor & Gamble è stato coniato il termine soap opera per descrivere questo tipo di programma.

L’esempio più famoso di marketing di contenuti radiofonici, però, è arrivato la notte di Halloween del 1938, quando l’attore Orson Welles ha annunciato al pubblico di tutto il paese che nel New Jersey stava avvenendo un’invasione aliena.

La trasmissione ha raccolto un vasto pubblico con alcuni che credevano la storia fosse reale.

L’obiettivo della trasmissione era quello di attirare un pubblico più ampio possibile per commercializzare la stazione radio (CBS).

E ha funzionato con quasi 15mila articoli scritti su quella trasmissione.

Gli anni ‘40 e ‘50 sono invece conosciuti come un periodo di declino per il content marketing: per l’aumento, monopolizzante, della pubblicità che conferiva poco spazio alle tecniche di content marketing e per la propaganda della seconda guerra mondiale.

Negli anni ‘60 la maggior parte degli americani aveva una TV in casa.

Questa presenza ha contribuito a dare origine alla campagna di marketing multicanale, un punto fermo del content marketing fino ad oggi.

Con il marketing multicanale i marchi hanno la possibilità di propinare lo stesso messaggio su una varietà di mezzi diversi.

Uno degli esempi di maggior successo è stata la compagnia petrolifera e del gas Exxon.

All’inizio degli anni ‘60 hanno lanciato una campagna di marketing attorno allo slogan “metti una tigre nel tuo serbatoio”, l’implicazione era che la benzina Exxon avrebbe dato al mezzo di trasporto la forza di una tigre.

Exxon ha promosso il suo slogan in TV, via radio e stampa. Questo ha aiutato Exxon a crescere di popolarità fino a giungere alla creazione e alla vendita di accessori per auto a tema tigre.

Successivamente altre aziende, rendendosi conto che il lancio di una campagna multicanale era più conveniente rispetto all’esecuzione di campagne separate su canali diversi, seguirono l’esempio vincente di Exxon.

Il content marketing multicanale è ancora ampiamente utilizzato al giorno d’oggi con, ovviamente, strategie più approfondite e dettagliate.

Gli anni ‘80 hanno introdotto gli eroi dei fumetti come una potente forma di content marketing.

Marchi come Marvel e DC hanno creato fumetti il cui contenuto che ha contribuito a dare vita a giocattoli per una generazione di bambini e a formare un forte legame che esiste, addirittura, se possibile, più rafforzato, ancora oggi.

Un altro marchio di giocattoli che è entrato nel gioco dei contenuti è stato LEGO che, nel 1987, ha lanciato la sua rivista Brick Kicks che offriva prezzi dei prodotti, concorsi, suggerimenti per i modelli e altro ancora e che ha contribuito a rendere il marchio più accessibile ai consumatori.

Il più grande cambiamento nel panorama del content marketing è arrivato negli anni ‘90 con l’utilizzo sempre più diffuso dei computer in casa e dell’utilizzo di Internet.

Tutto questo ha dato origine a e-mail e siti web che hanno presentato nuove opportunità per i professionisti del marketing e molti di essi che hanno trasferito le risorse da TV e radio a siti web e newsletter: il cosiddetto marketing digitale.

Lo stesso termine “content marketing” è stato coniato da John F. Oppedahl in una conferenza stampa del 1996, dando così un nome a una pratica che ha avuto luogo per centinaia di anni e ha lasciato il posto a quello che consideriamo il moderno marketing dei contenuti.

I marchi hanno creato i propri siti in cui hanno condiviso contenuti progettati per creare consapevolezza e promuovere l’affinità con il marchio.

C’erano, però, un altro paio di cambiamenti all’orizzonte che hanno portato il content marketing alla forma attuale.

Gli ultimi vent’anni di content marketing sono stati definiti dal matrimonio tra marketing multicanale, social media e SEO per l’ottimizzazione dei motori di ricerca.

Facebook, Twitter, LinkedIn, Instagram, YouTube e molti altri sono diventati i principali canali attraverso i quali i marchi raggiungono i propri, reali e potenziali, clienti.

Tutto ciò ha portato a studiare approcci altamente strategici per la creazione e per la distribuzione dei contenuti.

I brand hanno imparato ad adattare i propri contenuti a diversi canali e, contemporaneamente, sono diventati più creativi nei loro approcci al content marketing per differenziarsi dalla concorrenza.

Uno dei primi esempi di maggior successo di social media marketing è stata la serie “Will It Blend” di BlendTec su YouTube, del 2006.

will it blend

I video molto divertenti dei frullatori BlendTec che distruggono gli oggetti di uso quotidiano hanno raccolto oltre 235 milioni di visualizzazioni e hanno contribuito a trasformare BlendTec in un nome di famiglia.

La rivoluzione dei social media è stata spinta anche dall’emergere dell’iPhone nel 2007 consentendo sostanzialmente a tutti di diventare produttori di video e di foto da condividere in maniera rapida e semplice.

L’altra grande tendenza degli ultimi anni è l’ascesa della SEO. I blog hanno reso possibile a chiunque di diventare un editore, inclusi i marchi stessi.

Ma con l’ascesa di Google nei primi anni 2000, gli esperti di marketing hanno iniziato a rendersi conto che, per consentire a chiunque di trovare il contenuto del proprio blog, era necessario farlo apparire nella parte superiore delle pagine dei risultati dei motori di ricerca di Google.

Questo ha dato vita a un’intera industria di persone che creano collegamenti a ritroso e svolgono attività di sensibilizzazione al solo scopo di classificare i contenuti.

La bussola del mercato

Lo sviluppo del settore

L’economia dei creatori ha registrato un finanziamento record di 1,3 miliardi di dollari nel solo 2021.

Le grandi piattaforme tecnologiche stanno lottando per mantenere i creatori sulla loro piattaforma, nel tentativo di promuoverne il coinvolgimento.

Ma i creator sono alla ricerca di modi per monetizzare i loro post in modo più diretto e guadagnare una fetta più grande della torta delle entrate complessive.

Risorse Marketers
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I creator hanno dovuto per lo più mettere insieme una varietà di strumenti per gestire più flussi di entrate.

Le aziende tradizionali devono ancora affrontare pienamente queste esigenze micro-imprenditoriali: applicazioni come TikTok, ad esempio, non sono pronte per la riscossione delle entrate.

Al giorno d’oggi le aziende si stanno rendendo conto che c’è un ingente flusso di denaro sul tavolo e stanno lottando per mantenere i creator sulle loro piattaforme:

  • Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha recentemente annunciato che Instagram avrebbe creato una suite di strumenti inclusi negozi di creator, link di affiliazione e un mercato per collegare i creatori con i marchi e sfruttare così queste opportunità;
  • Clubhouse ha recentemente lanciato la sua prima funzione di monetizzazione, così come Twitter;
  • Twitter sta implementando una funzione Super Follow per consentire a chi twitta di addebitare i propri messaggi esclusivi e l’emissione di biglietti a pagamento per le chatroom audio;
  • TikTok ha già creato un marketplace per connettere inserzionisti e i creator e ha anche lanciato un fondo da 200 milioni di dollari da investire nei migliori creator;
  • Oltre a pagare le entrate pubblicitarie, YouTube sta prendendo anche la strada di un investimento per i creator introducendo un fondo da circa 100 milioni di dollari sulla falsariga di Tiktok;
  • Per attirare i podcaster al suo servizio di abbonamento ai contenuti, Spotify ha affermato che non avranno alcun taglio dei loro profitti fino al 2023: da lì comincerà ad addebitare il 5%.

Dando uno sguardo a questi sviluppi è possibile tracciare una linea guida all’interno della Creators Economy attraverso la Consolidation Curve, proposta dagli studiosi Graeme Deans, Fritz Kroeger e Stefan Zeisel, che delinea un ciclo di vita in 4 fasi di crescita e consolidamento tra i vari settori.

La maggior parte delle nuove industrie sono frammentate e si consolidano man mano che maturano.

L’analisi attraverso la Consolidation Curve descrive che quasi tutte le industrie progrediscono in modo prevedibile attraverso un chiaro ciclo di vita di consolidamento e che le aziende possono tracciare con una certa precisione a che punto del ciclo si trovano.

Una volta che un’industria si forma passerà attraverso 4 fasi di consolidamento. Un’azienda, raccontano, impiegherà in media 25 anni per progredire attraverso tutte e 4 le fasi; in passato ci voleva più tempo ed è prevedibile che in futuro ce ne vorrà sempre meno.

Ogni azienda in qualsiasi settore attraverserà queste 4 fasi o scomparirà.

Diventa così fondamentale comprendere a che punto del processo ci si trova per delineare un piano strategico a lungo termine di un’azienda.

Industry Life Cycle

Oggi la Creator Economy è all’inizio della Fase 2, con i principali attori che iniziano ad emergere in diversi spazi (giochi ed eSports, nello sport e nella cultura dei fan, arte e tanti altri settori) e con i creator che uniscono le forze per acquisire quote di mercato, mescolare il proprio pubblico e dar vita a legami più forti con i propri fan attraverso l’associazione di gruppi.

Mai prima d’ora i creator hanno detenuto il potere e l’influenza che hanno oggi con la possibilità che questo cambiamento di potere accelererà man mano che maggiori investimenti fluiranno a sostegno della nuova economia dei creator.

Il passaggio alla Fase 3 sarà cosa fatta solo quando avverrà la transizione dal dominio della piattaforma ai modelli diretti al consumatore, con il pubblico che seguirà i propri creator preferiti su più piattaforme e ci sarà convergenza fra creator, imprenditori e investitori.

La catena del valore è ampia. A differenza dell’occupazione tradizionale che unisce produzione, reddito e benefici in un unico pacchetto, i creator possono operare in un ambiente molto più frammentato.

Oltre 125 aziende incentrate sui creator stanno capitalizzando ogni fase del ciclo di lavoro degli stessi: dalla creazione dei contenuti alla monetizzazione fuori piattaforma fino alla gestione del pubblico.

Ma quanto è ampia l’economia dei creator?

I numeri che circondano l’economia dei creatori sono complicati da stimare nella loro totalità, considerata la vasta portata del termine creator che può riferirsi a chiunque.

Ogni piattaforma ha visto denaro confluire nel proprio spazio:

  • I canali YouTube più performanti hanno raccolto 211 milioni di dollari tra giugno 2019 e giugno 2020;
  • Influencer famosi di Instagram possono ottenere fino a cifre a 5 zeri per post;
  • I migliori scrittori su Substack possono incassare fino a 1 milione di dollari all’anno;
  • Dal 2011, i creatori di Gumroad (piattaforma di vendita di prodotti digitali) hanno guadagnato più di 460 milioni di dollari vendendo i loro contenuti.

Creator Economy

Dal punto di vista aziendale, si prevede che i marchi spenderanno fino a 15 miliardi di dollari in influencer marketing entro il 2022.

Le aziende incentrate sui creator hanno raccolto, come detto, 1,3 miliardi di dollari di finanziamenti nel solo 2021, quasi il triplo dei 464 milioni dell’anno precedente.

Ecco alcuni dei finanziamenti destinati a determinate aziende:

  • Patreon, piattaforma di patrocinio, ha raccolto l’ultima volta finanziamenti per 155 milioni di dollari con una valutazione di 4 miliardi;
  • Kajabi, piattaforma di corsi online, ha raccolto 550 milioni di dollari investimenti con una valutazione di 2 miliardi;
  • Cameo, app personalizzata per video di VIP, ha raccolto più di 166 milioni di dollari in finanziamenti per una valutazione di 1 miliardo;
  • Substack, piattaforma di newsletter, un totale di 82 milioni di dollari con una valutazione di 650 milioni;
  • VSCO, app di fotoritocco, 85 milioni di finanziamenti con una valutazione di 550 milioni.

Creator come aziende

Con un numero sempre più ampio, e in rapida crescita, di influencer amatoriali, c’è molta concorrenza per gli accordi tra brand e personaggi, che li porta ad andare alla ricerca di modi alternativi per generare reddito.

Tradizionalmente, i creatori tendono ad essere individui singoli o piccoli gruppi.

E c’è una buona ragione per questo: i loro contenuti sono il riflesso delle loro distinte personalità, sensibilità artistiche e visioni imprenditoriali e non. Sono preziosi nella loro unicità.

Eppure, per anni, la redditività economica delle imprese indipendenti guidate dai creatori è stata quasi inesistente per tutti tranne che per una manciata di individui di eccezionale talento.

Poiché i singoli creatori non possono sostenere gli stessi costi di transazione delle attività tradizionali, perdono un margine di profitto significativo e devono fare molto affidamento su intermediari.

Con i progressi tecnologici, le piattaforme di social media su tutti, tutto ciò ha cominciato a cambiare.

Le piattaforme hanno ridotto drasticamente i costi di marketing e distribuzione dei contenuti (nonché in ultima istanza anche la realizzazione), mentre, contemporaneamente, centralizzavano il dominio del marchio tra i consumatori di contenuti.

Con l’introduzione dei programmi per i creator e la condivisione degli introiti pubblicitari, insieme al miglioramento delle skills dei protagonisti e la tendenza sempre più professionale, i titolari della piattaforma si sono potuti creare un bel volano.

Si tratta di un circolo virtuoso:

  • I creator condividono contenuti avvincenti sulla piattaforma in base alla loro passione e alla loro competenza;
  • Gli utenti interagiscono quando trovano di fronte a loro contenuti accattivanti e di qualità superiore, rimanendo così più tempo sulla piattaforma;
  • Le piattaforme monetizzano gli utenti tramite annunci pubblicitari e condividono una parte dei profitti con i creator. Nel frattempo, i creator cercano partnership con marchi e brand, danno vita a contenuti sponsorizzati o si impegnano in modelli di affiliazione con prodotti che potrebbero interessare alla loro fetta, più o meno ampia, di pubblico;
  • I creator utilizzano il reddito aggiuntivo per migliorare il proprio prodotto investendo in strumenti più performanti, lavorando con editori o manager e acquisendo una conoscenza istituzionale, e sempre più approfondita, delle piattaforme di riferimento;
  • E, in maniera naturale, con l’aumento della qualità dei contenuti, gli utenti continuano a interagire con alcuni di loro che aspirano persino a diventare essi stessi creatori, favorendo così lo slancio del movimento.

Oggi si contano, all’incirca, una cinquantina di milioni di content creators suddivisi fra amatoriali (in larghissima maggioranza) e quelli che sono veri e propri professionisti del settore.

Ognuno dei quali con una piattaforma di competenza (o più di una) e con metodologie di lavoro differenti atte sempre a coinvolgere un numero sempre più elevato di utenti e affiliati.

content creators

Il ciclo redditizio di cui si è parlato sopra ha portato alla creazione dell’economia dell’attenzione, in cui le piattaforme hanno gareggiato per il coinvolgimento degli utenti con l’aiuto di una classe di creator in crescita.

Questo ha portato ai creator il rischio di un’eccessiva dipendenza dalla piattaforma.

Le modifiche a un algoritmo di ricerca, la rimozione di una funzionalità o, addirittura, la chiusura improvvisa della stessa potrebbero avere un impatto irreversibile sulle attività.

Per evitare ciò, i creator lungimiranti hanno diversificato la distribuzione dei contenuti tra le varie piattaforme costruendo un pubblico più ampio in base a esigenze e interessi.

Ad esempio, i creator, originariamente sbocciati da piattaforme di contenuti di lunga durata come Twitch, si sono espansi con successo su piattaforme con gestioni differenti, riutilizzando quanto prodotto dalle live streaming in video spezzettati ed editati.

Twitch

I creator hanno anche concentrato i loro prodotti su un pubblico più ristretto creando così una credibilità inattaccabile nelle nicchie prescelte.

Con la presenza di marchi forti e con un seguito molto fedele, i creator hanno iniziato ad attirare migliaia di dollari dalle sponsorizzazioni aziendali.

Piattaforme di patrocinio

Tra le altre forme di collaborazione fra creator e fan ci sono le piattaforme di donazione che offrono la possibilità agli utenti di donare, appunto, ai loro creator preferiti risorse per migliorare sempre più il proprio prodotto.

Ci sono diversi modi in cui questa donazione può avvenire:

  • Finanziamenti basati su determinati progetti. Il tutto su piattaforme conosciute di crowdfunding come Kickstarter, Indiegogo e GoFundMe. I creator utilizzano questi strumenti per pubblicare i frutti del loro intelletto creativo;
  • Finanziamento in abbonamento. Il concetto di abbonarsi con una determinata cifra al creator preferito è stato creato da Jack Conte e dalla sua startup Patreon, sulla base della necessità di un sostegno economico per la sua band Pomplamoose e il loro studio di produzione musicale. Ultimamente, piattaforme multimediali come Twitch e Youtube Channel Membership hanno iniziato a creare un’infrastruttura simile per consentire ai creator di addebitare una quota di abbonamento direttamente sui canali. Questo, però, provoca un po’ di fastidio in alcuni creator perché la promozione incrociata della piattaforma di altri creator può favorire il tasso di abbandono;
  • Donazione una tantum. Invece di profondere una donazione costante nel tempo al creator preferito, è possibile farlo anche una tantum intaccando in maniera meno invasiva il rapporto con i fan. Piattaforme come Ko-fi e Buy Me a Coffee offrono lo strumento per chiedere ai fan una cifra non in abbonamento. Queste piattaforme possono consentire ai creator di raggiungere il loro pubblico non richiedendo il pagamento anticipato pur offrendo ai fan un modo per supportarli in forma volontaria dal punto di vista economico. Alcuni dei social network più grandi offrono anche modi per dare delle mance, specialmente durante i livestream, in cambio di ringraziamenti personali da parte dei protagonisti o badge speciali e maggiore visibilità per gli altri fan. Questo tipo di attività consente ai creator di concentrarsi sulla creazione di contenuti di nicchia, progettati per far pagare i loro più grandi fan ed è vantaggiosa per le piattaforme in quanto possono guadagnare una quota attirandoli senza elevati sprechi di risorse.

E con la pandemia è aumentata l’offerta: essa ha incoraggiato molte persone a diventare creator per cercare di generare flussi di reddito aggiuntivi in una situazione spesso difficoltosa.

Patreon, ad esempio, ha aggiunto 30mila nuovi creator sulla propria piattaforma in poche settimane.

Chi è finanziariamente stabile sta aprendo il portafogli con pagamenti sempre maggiori per i creator.

Questo è parzialmente compensato da una diminuzione della domanda: con l’aumento della disoccupazione, infatti, molte più persone taglieranno spese come una donazione mensile a un creator.

Ma cos’altro “vendono” i creator?

  • Il coinvolgimento dei fan. Esistono, come visto, piattaforme che consentono ai creator di vendere un’interazione con un fan. Cameo, ad esempio, ha fatto scalpore creando un mercato in cui i fan possono pagare per video personalizzati delle celebrità. Il successo di Cameo può anche essere attribuito alla facilità con cui i creator vengono pagati per realizzare un breve video di 30 secondi. Starsona adotta un approccio leggermente diverso consentendo ai creator di vendere tutti i tipi di interazione con i fan: messaggi diretti, domande e risposte, creare una playlist per la tua festa. Camelot consente al pubblico di YouTube e Twitch di pagare per ciò che desiderano vedere (cioè i fan possono richiedere che gli streamer “vincano senza armatura”, “aggiungano un cardiofrequenzimetro allo stream”).
  • Vendita di corsi o webinar online. Piattaforme come Teachable e Thinkific sono costruttori di corsi online con una gamma completa di prodotti che consentono al creator di commercializzare e monetizzare i propri corsi. Strumenti come club, Reach.live e Mixly offrono ai creator l’opportunità di vendere l’accesso ai webinar tramite mezzi di chat video come Zoom. Strumenti molto popolari per chi ha un’abilità da condividere: dalla cucina, all’elettronica fino a qualsiasi forma d’arte. I creator spesso costruiscono un ampio seguito su una delle piattaforme di social media condividendo parte delle loro abilità in video ad hoc e reindirizzando gli studenti più coinvolti alla loro pagina separata del corso online.
  • Vendita di newsletter o ebook. Substack permette agli scrittori di monetizzare le proprie newsletter, consente a giornalisti e non solo, di creare un pubblico indipendente e di impostare una quota di abbonamento per i loro iscritti. I migliori sono in grado di guadagnare dai 50 ai 100mila dollari con questa piattaforma: ciò che serve sono 400 abbonati che pagano 10 dollari al mese o 800 che ne pagano 5.
  • Vendita di merce. In questo tipo di rapporto le piattaforme più in voga sono Fanjoy e Teespring, che aiutano i creator a vendere abbigliamento, gadget e quant’altro e si integrano ufficialmente con YouTube, Instagram e Twitch. Esistono poi molte altre aziende del settore che non si integrano con le grandi piattaforme social come MerchLabs e Instaco. Questo tipo di “collaborazione” spesso, però, non è fonte di reddito affidabile perché non costante e ripetuta nel tempo.

Il tessuto mutevole dei social

Lo sviluppo dei social media ha avuto un’importanza estremamente rilevante per l’ascesa dell’economia creativa.

La chiave del successo come creator non è tanto la creazione di contenuti, che resta sicuramente una parte fondamentale del processo, quanto la distribuzione.

E in questo senso i social media, dalle prime apparizioni fino ai recenti sviluppi, si sono sempre più trasformati in un potente metodo di condivisione dei contenuti prodotti da ogni creator.

Community di fan, maggiori fruizioni e, di conseguenza, maggiori profitti.

Investopedia, una delle più note fonti di informazioni finanziarie online, racconta che “i social media sono una tecnologia basata su un computer che facilita la condivisione di idee, pensieri e informazioni attraverso la costruzione di reti e comunità virtuali“.

Nonostante la larghezza di banda ridotta e le limitate capacità di Internet abbiano fatto sì che i social media fossero inizialmente basati su testo, non è trascorso molto tempo prima che le persone iniziassero regolarmente a condividere file multimediali facendo prosperare sempre più le varie piattaforme. Con ogni probabilità gli sviluppatori di YouTube, all’epoca, non pensavano alla loro piattaforma come a un social network e nemmeno che col tempo sarebbe potuto diventarlo in tutto e per tutto come lo è oggi.

I social media, – dice sempre Investopedia, – possono assumere la forma di una varietà di attività abilitate dalla tecnologia. Queste attività includono condivisione di foto, blog, social gaming, social network, condivisione di video, reti aziendali, mondi virtuali, recensioni e molto altro“.

Una fetta importante della creatività non si verifica direttamente sui siti social e sui canali video, nonostante questi forniscano allo stesso modo un’opzione relativamente economica per commercializzare i lavori dei creator. In alcuni casi, come i canali popolari su YouTube e le reti di live streaming come Twitch, i social media fungono anche da piattaforma che ospita i creator.

Infatti, un numero considerevole di creator è diventato influencer, specialmente su Instagram e YouTube.

Robert Shapiro e Siddhartha Aneja, nel loro scritto Taking Root: “The Growth of America’s New Creative Economy” hanno analizzato i milioni di americani che hanno prodotto e diffuso contenuti creativi su Internet nel 2017:

  • hanno potuto mostrare che poco più di 2 milioni di creator statunitensi hanno guadagnato 4 miliardi di dollari su YouTube;
  • quasi 6 milioni di creator statunitensi hanno guadagnato quasi mezzo miliardo su Instagram 
  • circa 10mila creator statunitensi hanno guadagnato una cifra vicina ai 90 milioni su Twitch.

I creator, oltre a condividere contenuti direttamente su YouTube, Instagram e Twitch, condividono regolarmente collegamenti su altri social come Facebook, Pinterest, Reddit e Twitter.

Fino a qualche anno fa YouTube era l’unico social network che premiava finanziariamente i suoi utenti, ma anche allora tendevano ad essere etichette musicali popolari e società di media che ne raccoglievano i benefici.

Col passare del tempo la piattaforma si è accorta che gli utenti trattavano il loro canale più di un semplice divertimento secondario: assumevano persone e reinvestivano molti dei loro profitti per far crescere la loro attività. Inizialmente, il pensiero era che i creator fossero figure effimere, qualcosa su cui non si poteva investire.

Questa percezione è radicalmente cambiata in breve tempo man mano che i creator sono stati in grado di costruire un proprio marchio.

Due esempi come Cocomelon, un canale YouTube noto per le filastrocche con 116 milioni di iscritti, e Blippi, un personaggio di educazione e intrattenimento prescolare con oltre 13 milioni di abbonati, sono lampanti.

cocomelon

Entrambi gli account sulla piattaforma sono stati lanciati dai creator, ma sono cresciuti globalmente in franchising multimediali per bambini.

Cocomelon ha un guadagno annuo stimato di 120 milioni di dollari e, secondo la società di analisi Social Blade, è stata acquisita dalla società di media britannica Moonbug Entertainment per una somma non divulgata.

Lo stesso potrebbe eventualmente accadere con i macroinfluencer in ambito fashion e beauty.

L’ascesa di nuove piattaforme e le aspettative dei marchi hanno spinto i creatori a sperimentare più app piuttosto che mettere le uova tutte nello stesso paniere, aumentando sensibilmente la voce delle entrate.

Logicamente impegnarsi su più piattaforme significa lavorare di più e dover produrre contenuti più vari, che per alcuni portano al “consumo” del creator.

Dylana e Natalie Lim Suarez creano contenuti per marchi di lusso, tra cui Chanel, Fendi e Cartier e si sono trovate a dover affrontare più impegni su più piattaforme.

Con l’aumento delle richieste dei marchi, hanno descritto di aver aumentato la selettività delle partnership con i marchi da cui ottenere di più.

Poiché ai creator vengono forniti più strumenti per riscuotere il pagamento per i loro contenuti o abilità, essi avranno più libertà di rimanere autentici e produrre i contenuti che desiderano.

Significa anche che possono essere più selettivi, come raccontato nell’esempio, con le partnership di marca.

Le piattaforme aumentano

I creator che hanno il potere di fare soldi dal pubblico rappresentano una dinamica in cambiamento. Per diverso tempo l’economia si è basata sul guadagno attraverso la condivisione delle entrate pubblicitarie e la sponsorizzazione del marchio. Il mercato delle sponsorizzazioni ha raggiunto gli 8 miliardi di dollari nel 2019 e si stima che raggiungerà i 15 miliardi di dollari entro il 2022.

Fino a poco tempo fa, l’idea di monetizzare i follower faceva storcere il naso perché i creator famosi erano preoccupati che il loro pubblico potesse pensare di “svendersi” se avessero accettato troppi accordi di sponsorizzazione o se avessero cercato di commercializzare i loro fan. A rendere tutto ciò accettabile è stato il cambio generazionale: le persone sono sincere riguardo le loro attività e non c’è più il timore che ciò possa mettere un freno alla crescita del loro pubblico.

Come sempre non è tutto oro ciò che luccica: c’è anche un rovescio della medaglia nella narrativa che sia facile fare soldi online.

Attualmente i migliori influencer fanno la parte del leone delle entrate. I social network tradizionali sono lontani dal risolvere il problema di come distribuire in maniera più equa il reddito tra i creator per ottenere un numero maggiore di salari di sussistenza.

Diverse piattaforme adesso vedono l’opportunità di inserire abbonamenti, pagamenti una tantum e fondi per i creator e attirare così i talenti più luminosi e i brand più famosi.

TikTok ha istituito un fondo per i creator da 2 miliardi di dollari che ha scatenato una corsa agli armamenti tra le principali piattaforme social per attirare chi produce i contenuti più coinvolgenti.

Tik Tok

YouTube afferma di aver pagato oltre 30 miliardi di dollari a creator ed entità dei media in entrate pubblicitarie negli ultimi tre anni e ha recentemente lanciato un fondo di investimento da 100 milioni di dollari. Facebook ha istituito un programma fino al 2022 per pagare 1 miliardo di dollari ai creator attraverso nuove iniziative di bonus.

Instagram sta esplorando le iscrizioni ai contenuti per i creator per monetizzare il loro pubblico.

Anche Pinterest si è impegnato a dare ai creatori 500mila dollari per tutto il 2021, includendo consulenza strategica creativa e budget per la creazione di contenuti e crediti pubblicitari.

Ma come scegliere la piattaforma più adatta?

Il panorama mette a disposizione un numero elevato di strumenti per promuovere e rendere fruibili i propri contenuti che possono facilmente mettere in confusione per l’ampiezza delle possibili scelte.

La strategia migliore per uno sviluppo del proprio prodotto è quella di fare un investimento doppio: cimentarsi sia su una piattaforma di content consuption che su una di content discovery.

  • Content consuption: si tratta di spazi in cui le persone trascorrono più tempo (minuti, se non ore) per visualizzare un singolo contenuto. Piattaforme come YouTube, blog e podcast fanno parte di questa categoria.
  • Content discovery: l’attenzione delle persone in questi contenuti, invece, è nettamente inferiore. Possono essere pochi secondi, massimo qualche minuto. Attraverso queste piattaforme si ha la possibilità di farsi scoprire con prodotti più brevi. Instagram e il meccanismo delle stories ne sono un esempio chiaro.

Se un creator ha volontà di costruire un asset potente e durevole nel tempo, il consiglio è quello di dotarsi di due zone in cui mostrare, in modalità diverse, se stessi.

I nuovi lanci sono progettati per mantenere i creator collegati all’ecosistema delle app, ma significano anche cambiamenti per gli utenti. I nuovi strumenti offrono ai fruitori la possibilità di interagire più direttamente con gli influencer.

Più soldi saranno distribuiti ai creator più piccoli che potrebbero essere stati sottovalutati dai marchi, ma che stanno creando contenuti autentici e coinvolgenti per un pubblico di nicchia.

Con più richieste o requisiti per pagare i contenuti, i creator più piccoli dovrebbero riuscire a trarre qualche vantaggio.

Attrarre talenti e aiutarli a monetizzare è fondamentale per le piattaforme social: la crescita degli utenti, il coinvolgimento e il tempo trascorso sull’app fanno risaltare una piattaforma dall’altra. Una figura popolare che crea contenuti divertenti è il motivo per cui qualcuno potrebbe trascorrere più tempo su una piattaforma, ad esempio.

I creator sono sempre più esperti e hanno idea di ciò serve per creare, cosa è interessante su una piattaforma e altre tendenze.

Sono quindi in grado di aggiungere valore non solo collaborando con un marchio per generare vendite, ma anche semplicemente in solitaria.

I creator navigheranno verso piattaforme in cui possono ottenere il massimo.

Ed è per questo motivo che le piattaforme social si stanno evolvendo per diventare sempre più a loro misura.

I marchi e i creator che vincono sono quelli che coltivano solide partnership tra loro e solide relazioni con il proprio pubblico.

Diventa fondamentale considerare i creator come un’estensione del marchio e non come un acquisto pubblicitario digitale o un cartellone pubblicitario. I creator sono ormai diventati gli esperti: hanno tutta quella conoscenza interna perché sanno quali contenuti funzionano con il loro pubblico.

I brand devono lavorare con loro oltre alla semplice pubblicazione di una foto o di un video: quelli che lo faranno saranno quelli che si distingueranno e trionferanno.

Le coordinate da seguire

Nella nostra analisi abbiamo visto come:

  • La crescente richiesta ha portato all’aumento significativo di gruppi di marketing e delle aziende alla ricerca di creatori di contenuti inclusi gestori di social media, blogger e influencer. E con la modifica costante dell’industria del content marketing, si trasformano anche le responsabilità del creator.
  • L’economia dei creator deriva dall’economia della passione. Si tratta di persone che possono guadagnare facendo qualcosa che li appassiona: da un hobby, che in passato sarebbe rimasto tale, a un lavoro fonte di reddito grazie al cambiamento dei tempi.
  • La Creator Economy ha registrato un finanziamento record di 1,3 miliardi di dollari nel solo 2021 per supportare i creatori nella produzione dei contenuti. Le grandi piattaforme tecnologiche stanno combattendo per non far “scappare” i creator dai loro spazi.
  • Con i progressi tecnologici, i social media hanno ridotto i costi di marketing e distribuzione dei contenuti, mentre, contemporaneamente centralizzavano il dominio del marchio tra i consumatori.
  • Oggi sono cinquanta i milioni di content creator, suddivisi fra amatoriali (in larghissima maggioranza) e veri e propri professionisti. Ognuno dei quali con una (o più) piattaforme di competenza e con metodologie di lavoro differenti per coinvolgere gli utenti.
  • Tra le forme di collaborazione fra creator e fan ci sono le piattaforme di donazione che offrono l’opportunità agli utenti di donare ai creator risorse per migliorare il prodotto. Finanziamenti su progetti, in abbonamento o una tantum, grazie a una sorta di rapporto di collaborazione creato con i fan.
  • La chiave del successo come creator, oltre alla creazione di contenuti in sé, è il modo di distribuirli. I social media sono un potentissimo metodo di condivisione dei contenuti: grandi community di fan, maggiori fruizioni e, di conseguenza, maggiori profitti.

La “salsa segreta”

È arrivato il momento di ricapitolare gli ingredienti segreti per un successo assicurato.

L’economia dei creator: spazio alla passione

L’economia dei creator è un ramo dell’economia della passione. I protagonisti, nella maggior parte dei casi, sono gente “comune” che decide di provare a guadagnare facendo qualcosa che realmente li appassiona.

Ecco le 3 regole da tenere sempre a mente:

  • L’importanza dei fan. Il pubblico è fondamentale e per questo motivo coinvolgerli può essere la chiave. Come? Vendendo un’interazione con loro con webinair o corsi online, arrivando fino a vera e propria merce.
  • Voce alle competenze. L’economia dei creator permea tutte le attività nate dall’ingegno di creatori che hanno deciso di provare a monetizzare loro stessi puntando su competenze e abilità.
  • Rapporto con le aziende. Non solo creator indipendenti, ma anche le aziende che aiutano gli stessi a prosperare fanno parte del panorama della Creator Economy: dagli strumenti per la creazione di contenuti fino alle piattaforme di analisi.

I creator diventano aziende

Aumentano con grande frequenza i creator amatoriali e aumenta la concorrenza per gli accordi con brand e marchi.

Cresce la concorrenza e comincia la ricerca di metodi alternativi per generare reddito.

Ecco le 3 regole da tenere sempre a mente:

  • Da zero a cento. Per anni la redditività economica delle imprese indipendenti guidate dai creator è stata quasi inesistente per una fetta imponente dei protagonisti. Anche in questo caso, lo sviluppo ha modificato la storia del settore.
  • Specificità. Generalmente i creator tendono a essere individui o, al massimo, piccoli gruppi. Ogni prodotto è riflesso della propria unicità, delle proprie visioni e dei propri interessi.
  • I costi si riducono. Con l’avvento dei social si abbattono i costi di realizzazione e condivisione dei contenuti. Introduzione di programmi per creator, miglioramento delle abilità degli stessi e un approccio sempre più professionale che ha fatto e fa la differenza.

L’onda social media

Lo sviluppo dei social media ha avuto un’importanza estremamente rilevante per l’ascesa dell’economia creativa.

I creator che hanno la possibilità di fare soldi dal loro pubblico segnano il cambiamento: per cavalcare l’onda bisogna essere bravi surfisti.

Ecco le 3 regole da tenere sempre a mente:

  • Distribuzione come chiave. Creazione di contenuti sì, logicamente indispensabili. A fare la differenza è anche il modo in cui si fa conoscere il proprio prodotto. I social media in questo senso si sono dimostrati mezzi potentissimi per aumentare il proprio seguito e, conseguentemente, i propri guadagni.
  • Più strumenti, più libertà. L’ascesa di nuove piattaforme ha spinto i creator nella sperimentazione di più strumenti facendo crescere le entrate. Fornendo ai creator maggiori possibilità di riscossione del pagamento, la libertà di rimanere unici sarà maggiore potendo produrre ciò che più desiderano.
  • Cambio di prospettive. Il pensiero di monetizzare i follower faceva, fino a poca fa, storcere il naso ai creator famosi perché preoccupati dal giudizio del loro pubblico. Il cambio generazionale ha modificato le visioni con la sincerità delle attività di ogni personaggio a farla da padrona.

L’economia dei creator è destinata a crescere ulteriormente di pari passo con l’aumento delle persone online e dell’accesso agli strumenti necessari.

Non è solamente la pandemia ad aver influenzato il modo in cui milioni di persone realizzano reddito, ma il mondo può attendersi di poter andare incontro a ulteriori rivoluzioni in futuro.

Il panorama dei creator può diventare sempre più diversificato: sfruttando nuove prospettive, nuove opportunità, nuove tendenze.

Senza rendersene conto, chiunque potrebbe trarre vantaggi dallo strumento.

Chiunque, con raziocinio, può provare a mettere a disposizione della comunità le proprie esperienze, capacità, passioni.

Qualunque cosa si possa fare, le opportunità, nell’economia dei creator, sono infinite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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