La rotta fin qui
Oggi il sonno non è solo un problema da risolvere.
È una merce salvifica, un qualcosa che siamo pronti ad acquistare a qualunque costo (letteralmente) e mai del tutto sicuri di possedere.
Non ne siamo mai stati così ossessionati, eppure l’idea delle 8 ore di riposo ininterrotto è un’invenzione recente.
Nel libro At Day’s Close, lo storico Roger Ekirch illustra come la “forma base” del sonno umano fosse bifasica prima della metà del XIX secolo.
Insomma, gli esseri umani fino a pochi decenni fa dormivano un primo e un secondo sonno e, in aggiunta, in letti singoli.
Tutto assume una connotazione più comprensibile se consideriamo che, per cause lavorative, le persone andavano a dormire molto presto; e questo li portava a svegliarsi qualche ora dopo, alzarsi per un’ora o due per poi tornare al secondo sonno.
Sebbene i tempi per l’inizio del primo e del secondo sonno siano cambiati storicamente, culturalmente e geograficamente, l’andamento bifasico è stato più o meno costante, tanto che sono stati ritrovati termini riferibili a questa distinzione in circa 30 lingue.
E poi cosa è cambiato?
È arrivata l’illuminazione artificiale, sono aumentate le ore di lavoro e, in ultimo, è arrivato il turno delle nuove tecnologie.
Il concetto di gestione del tempo e di etica del lavoro, adatta al capitalismo industriale, hanno contribuito a creare il modello del sonno a cui siamo abituati.
Come sostiene Ekirch, il processo biologico originale è stato deformato dal cambiamento sociale umano.
Così, verso la metà dell’800, i due posti letto hanno ceduto il posto ai letti matrimoniali e il sonno ininterrotto è diventato pian piano la norma socialmente accettata.
Cosa dovremmo dedurre da tutto ciò?
Che il sonno interrotto era chiaramente molto meno un problema in passato di quanto non lo sia ora.
Per capirlo basta confrontare i libri sull’argomento degli anni ’60 con quelli di oggi.
Mentre ora il sonno è in grado di donare all’uomo poteri unici di razionalità e creatività (Why We Sleep di Matthew Walker, 2017), prima l’insonnia era talmente normale che per non soffrirne bisognava non nascere (Insomnia, 1969).
Ma come siamo arrivati ad esserne ossessionati?
Per capirlo meglio, facciamo un ulteriore passo indietro.
Negli anni ’80 le disuguaglianze sociali erano presentate come fallimenti individuali, spostando la responsabilità del singolo dalla politica alla psiche umana. Tutto questo ha coinciso con l’ascesa della nuova categoria clinica della depressione di cui i media di quel periodo erano strabordanti.
Ecco, stavolta il capro espiatorio non è la depressione, ma la mancanza di sonno.
Ansia, tristezza e fallimento sono ora presentati come la conseguenza di una mancanza di sonno decente.
Piuttosto che vedere l’insonnia come il risultato di uno stato depressivo, la causalità è invertita: siamo depressi perché non abbiamo dormito.
E così, le difficoltà umane vengono ridefinite attraverso la nuova lente del sonno ininterrotto.
Le aziende farmaceutiche iniziano a propinarci pillole in grado di regalarci l’energia perduta; e da lì, il passo per le coperte da 500 dollari è breve.
Ricapitolando: l’idea che tutti i mali che ci assillano al giorno d’oggi dipendono da quanto abbiamo dormito male, è un concetto ereditato dalla società moderna.
Questo non vuol dire che dovremmo ignorare i nostri problemi, ma semplicemente essere più consapevoli di come le forze sociali modellano la nostra percezione.
Insomma, dovremmo rassegnarci.
Non potremo mai essere come il passero dalla corona bianca.
Abbiamo bisogno di riposare adeguatamente, dobbiamo solamente capire il modo giusto di farlo.
Certo è che, alla luce di questa narrativa e dell’impatto dell’insonnia sulla qualità della nostra vita, non sorprende che i consumatori siano disposti a sborsare un sacco di soldi per questi prodotti.
Sembra immediatamente più comprensibile acquistare una copertina a $189, un materasso “intelligente” a $3.000, lampadine a $129 e persino un robot che, per soli $599, “respira” in sincronia con noi per farci addormentare.
La bussola del mercato
Il sonno è diventato una delle maggiori tendenze in fatto di benessere grazie alla combinazione di una serie di elementi (Global Wellness institute):
- L’aumento del tasso globale di insonnia.
- L’incremento del lavoro da casa, specie in questo periodo (The Conversation).
- Con il Covid la situazione si è aggravata: il cambio di abitudini ha provocato il peggioramento della qualità del sonno, una netta alterazione nei ritmi sonno-veglia e un incremento nell’uso dei media digitali (NCBI).
- I ritmi di vita invertiti e le molte ore passate davanti agli schermi.
L’insonnia è uno dei principali protagonisti di questo secolo.
- Se 4 italiani su 10 fanno fatica ad addormentarsi, 7 su 10 accusano disturbi del sonno e 2 su 10 si svegliano molto prima della sveglia.
- Secondo le statistiche, il 45% degli italiani soffre di insonnia transitoria, mentre 9 milioni soffrono di insonnia cronica (Repubblica).
- Secondo una ricerca del CNR, circa il 10% degli italiani dichiara di usare o di aver fatto uso di sonniferi (Il Post).
- Guardare la TV è l’ultima cosa che il 27% delle persone fa prima di andare a dormire, mentre il 19% usa il proprio smartphone.
E secondo una ricerca del National Center for Biotechnology Information, rimanere almeno quattro ore davanti allo schermo di un computer o di uno smartphone aumenta del 49% il rischio di impiegare oltre un’ora per addormentarsi.
Ricapitolando: tra l’insonnia in crescita e le nostre pessime abitudini di vita è facile capire come mai si parla di mercato in crescita.
Ecco qualche dato che ci aiuta a inquadrare meglio la situazione:
- La stima per l’Europa parla di 14 miliardi di dollari entro il 2023 (Market Data Forecast).
- Uno studio di Allied Market Research ha stimato che il mercato degli ausili per il sonno crescerà a un tasso annuale del 7% nel periodo di previsione (2019-2025).
- I risultati del rapporto “Sleep Revolution: The Global Rise of Innovations Related to Sleep” rivelano una traiettoria di crescita robusta delle innovazioni legate al sonno.
L’interruzione del ritmo circadiano
Ma quando e soprattutto perché, se abbiamo a disposizione mille rimedi, continuiamo a vivere in questa epidemia?