Dopo un anno che ha visto l’ascesa del remote working fino a diventare un vero e proprio trend, questo studio si pone l’obiettivo di comprendere il rapporto stabilitosi tra gli italiani e questa “nuova” forma di lavoro.
Si tratta di un trend che continuerà a persistere nella sua ascesa anche nel 2021? Gli italiani come lo stanno vivendo? Lo preferiscono e ne traggono maggiori benefici rispetto al classico lavoro in presenza?
In questo studio cercheremo di rispondere a queste e altre domande per capire l’evoluzione del remote working durante il 2021.
Ci sei?
Partiamo.
Chi ha partecipato a questo studio
Lo studio è stato condotto su un totale di 441 italiani che hanno partecipato a un sondaggio online su Typeform contenente 19 domande.
Le prime domande sono state utili a definire i gruppi demografici presenti tra i partecipanti al sondaggio.
Tra i partecipanti al sondaggio l’età più frequente (circa il 43%) è stata registrata in un range tra i 21 e i 30 anni, subito a seguire il range dei 31-40 anni con circa il 35% dei partecipanti.
Molto al di sotto la presenza degli over 40 (circa 17%) così come l’ancora minore presenza dei più giovani: circa 3% dei partecipanti avevano meno di 20 anni.
La maggior parte dei partecipanti si è registrata al sondaggio come italiani residenti in Italia, con solo circa il 5% all’estero.
Questo dato indica che l’audience raggiunta è composta prevalentemente da italiani lontani da eventuali influenze di mercati esteri in cui il remote è già più diffuso.
Si tratta di un primo fattore che ci conferma la validità dello studio come strumento per comprendere il rapporto del remote working esclusivamente con gli italiani.
A maggior ragione che il focus del sondaggio fosse sui residenti in Italia, abbiamo approfondito la loro provenienza specificandone la regione.
Tra le 20 regione italiane i dati evidenziano il Nord Italia come l’area che ha contribuito di più allo studio: la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Piemonte arrivano insieme a più del 50% dei partecipanti.
Centro e Sud Italia hanno contribuito in egual modo, ma tra le loro regioni solo il Lazio raggiunge un numero di partecipanti (12%) paragonabile alle regioni settentrionali appena menzionate (se prese singolarmente).
Il sondaggio raccoglie per lo più rappresentanti del settore marketing e pubblicità (48%). È un dato probabilmente influenzato dall’audience target di Marketers.
In più i dati evidenziano un 8% proveniente dal settore del commercio e un 7% da IT e servizi. Settori con un numero pari di rappresentanti sono l’e-commerce e il turismo con 4,5% ciascuno.
Hanno dato la loro opinione e fornito dati utili allo studio principalmente i freelancer (39%), seguono i dipendenti per il 37% e infine gli imprenditori per il restante 24%.
Da necessità a opportunità
Arrivato in Italia a causa del lockdown, il trend del remote working sembra esser destinato a restare anche in un futuro post pandemia.
I dati dimostrano che, ora che gli italiani hanno conosciuto questa forma di lavoro e indipendentemente dalla posizione lavorativa, sembrano preferirla e non vogliono tornare indietro.
I numeri sono chiari: più del 97% di voti a favore per continuare a lavorare in remote.
Numero che, oltre a riguardare diversi gruppi demografici (a testimonianza della validità quasi “oggettiva” di questo stile di lavoro per gli italiani), ricordiamo che si riferisce a una buona parte di lavoratori dipendenti:
si tratta del gruppo che più di tutti durante il lockdown pandemico ha visto stravolte le proprie abitudine lavorative, ma che, a quanto pare, ora giudica positivamente il cambiamento.
Il remote working in Italia è ancora molto giovane: la maggioranza lo ha vissuto per giusto 1 anno (circa il 25%) o per 6 mesi (circa 20%), se non per meno (circa 23%).
Si tratta di dati che collegano chiaramente lo scoppio della pandemia alla scoperta di questo stile di lavoro per la maggior parte degli italiani.
Ma i pareri a favore del remote non si fermano alla sfera personale, anzi si espandono fino alla considerazione secondo cui questa modalità di lavoro sarà il futuro dell’Italia.
Si tratta quindi di un trend molto vissuto dai lavoratori italiani, che vi ci sono adattati nonostante lo abbiano conosciuto per lo più in modo forzato attraverso la pandemia.
Lo stato di salute del remote worker
I dati fin qui sembrano essere totalmente a favore del remote working e della sua persistenza in Italia nel 2021.
Ora cerchiamo però di rispondere a una domanda altrettanto importante:
chi lavora da remoto sente di avere benefici sul proprio benessere personale o no?
La verità è che, benché gli italiani apprezzino molto questo stile di lavoro, risultano essere molto oggettivi e razionali quando c’è da capire se esso gli provochi qualche problema alla salute.
Da questo punto di vista, i dati dimostrano che la maggioranza mette il remote working in una zona grigia, intermedia.
Circa la metà dei partecipanti al sondaggio pensa che ci siano sia effetti positivi che negativi.
Di certo va però evidenziato che rispetto a coloro che ne parlano solo bene (circa il 48%), quelli che ne parlano male sono molto pochi (poco più dell’1%).
Abbiamo approfondito uno specifico problema che nell’età moderna è uno dei più diffusi: lo stress.
Chi pratica il remote working si sente più o meno stressato?
Circa il 60% dei partecipanti al sondaggio afferma di sentirsi meno stressato contro il circa 9% che avverte un livello di stress persino maggiore.
Importante è anche il numero (31%) di chi non si sente in grado di rispondere alla domanda e non è sicuro che ci siano stati cambiamenti riguardo il proprio livello di stress.
La libertà come moltiplicatore della produttività
Oltre l’impatto che un nuovo stile lavorativo come questo può avere sulla propria salute, da analizzare è anche la risposta in termini di produttività.
Gli italiani lavorano meglio in un ufficio o liberi di farlo dove vogliono senza alcuna costrizione?
Glielo abbiamo chiesto ed ecco la nostra analisi delle loro risposte.
Gli italiani avvertono chiaramente un aumento della produttività in remote working (circa l’80% dei partecipanti allo studio lo dichiarano).
Risulta però importante capire questo miglioramento di produttività su lavori di che entità venga registrato.
Per farlo abbiamo posto una semplice domanda nel nostro sondaggio…
Le risposte a questa domanda evidenziano che il remote worker italiano medio lavora più di 40 ore a settimana (circa il 37%) o tra le 30 e le 40 ore (circa il 33%).
Stare in un ambiente più confortevole non vuol dire quindi rilassarsi di più e lavorare meno, tutt’altro: a quanto pare si tende a lavorare molto di più portandosi il lavoro a casa o in generale fuori dall’ufficio.
Ma gli italiani se ne rendono conto o è diventata la nuova normalità?
Contro il 30% che riconosce di lavorare troppo, la fetta maggiore è quella del 39% che afferma di lavorare il giusto. I restanti non sanno rispondere alla domanda (circa 17%) o dicono di lavorare poco (circa il 13%).
Sembra quindi che in remote working gli italiani non sono lavorino di più, ma in molti lo facciano anche troppo e senza accorgersene.
Potrebbe essere un risultato influenzato dal lockdown che ha costretto molte persone a casa a concentrarsi su attività come il lavoro per distogliere l’attenzione dalla pandemia globale.
Da questo punto di vista, la fine del lockdown non assicura però che si ritorni a un livello di effort inferiore: del resto gli italiani sono in generale positivi verso il remote working e non sembrano accorgersi di questo specifico problema.
Per capire da dove nasca questo sprint di produttività in remote working, abbiamo dedicato una parte del nostro studio ai luoghi preferiti da cui lavorare.
Confrontando i dati di entrambi i grafici sovrastanti si può notare che una componente principale del remote working italiano per il momento consiste nell’home working (anche qui complice sicuramente il lockdown).
Tra tutti i posti in cui potrebbero lavorare, gli italiani scelgono spesso la propria casa, che sia la prima scelta (circa il 67%) o la seconda (più del 30%).
Conclusione
Lo studio e i risultati raccolti mettono il remote working in prima posizione tra le forme di lavoro precedentemente conosciute in Italia, sebbene il suo podio sia al momento nascosto tra luci e ombre.
Vediamo cosa significa e quali sono i punti principali spiegati in questo Marketers State of Remote Working 2021:
- Gli italiani preferiscono quasi totalmente il lavoro da remoto a quello in presenza e ormai non sembrano disposti più a tornare agli uffici se c’è la possibilità di lavorare da dove vogliono.
- Questa certezza però non si riflette al 100% sugli effetti che tale forma di lavoro ha sulla propria salute, infatti molti si sentono più rilassati ma molti altri ancora non sanno rispondere alla domanda (sintomo che qualcosa che li turbi ci sia).
- L’italiano in remote working lavora da casa (in un ufficio creato a posta o girando per le varie stanze), ma una cosa è certa: nel bene o nel male, lavora molto più di quanto farebbe in ufficio.