La rotta fin qui
La vecchiaia è inventata.
Così, qualche tempo fa, ha concluso un’interessante analisi del MIT Technology Review.
Ora, non c’è dubbio che tra tutti i cambiamenti che l’umanità sa di dover affrontare nei prossimi decenni, l‘invecchiamento globale sia uno dei piu prevedibili nei suoi effetti.
L’aspettativa di vita nelle economie industrializzate ha guadagnato più di 30 anni dal 1900 ad oggi e per la prima volta nella storia umana ci sono più over 65 che bambini con meno di 5 anni.
Le cause le conosciamo: longevità e netta diminuzione della fertilità.
E per quanto tutto sembri prevedibile, il paradosso è che siamo del tutto impreparati alle conseguenze. Lo siamo economicamente, socialmente e, probabilmente, anche tecnologicamente.
Come mai? Perché la vecchiaia così come la conosciamo è inventata.
Inventata da una narrativa a cui siamo fin troppo abituati e su cui riflettiamo evidentemente molto molto poco.
Due secoli fa, nessuno pensava agli anziani come a un problema di dimensione della popolazione: semplicemente si credeva che l’invecchiamento avvenisse quando il corpo esauriva l’energia vitale.
Poi, con l’avvento dell’industrializzazione, la nuova parola d’ordine è stata “efficienza” e il lavoratore anziano, a corto di energia vitale, era semplicemente un ostacolo.
Ed ecco che con il ‘900 si arriva a credere che la vecchiaia sia un problema degno di un’azione di massa; viene coniato il termine “geriatria” e iniziano le corse alle pubblicazioni sul tema.
Forse la migliore rappresentazione dell’epoca è proprio quella di un film del 1911 che racconta la storia di un vecchio falegname caduto in miseria dopo che il suo posto di lavoro è stato ceduto a un uomo più giovane. Il suo titolo, per l’appunto, era What Shall We Do With Our Old?
E dal pensare “che ce ne faremo mai di questi vecchi” si passa all’inizio della prima guerra mondiale: gli anziani sono ormai la fetta di popolazione con un bisogno di assistenza.
Solo dopo la seconda guerra mondiale comincia la retorica degli “anni d’oro“, un colpo di Del Webb, genio imprenditoriale e sviluppatore della mecca dei pensionati in Arizona, Sun City.
Quando gli anni della pensione diventano una sorta di ricompensa per una vita di duro lavoro e sinonimo di tempo libero, prende forma l’intera concezione della vecchiaia del XX secolo: essere vecchio significa essere sempre un acquirente, mai un produttore.
Ricapitolando, sei anziano se hai bisogno di assistenza e siccome hai questa necessità (e nessun’altra), sei un consumatore e stop.
Uno dei modi più evidenti in cui la narrativa costruita intorno alla vecchiaia si esercita è nei prodotti ideati per le persone anziane: da un lato, telefoni enormi, apparecchi acustici e dall’altro, navi da crociera, accessori e dispositivi da chiedere un mutuo.
I prodotti che conosciamo oggi sono nati seguendo questa idea di anzianità.
- Il telefono di Poste Mobile con i tasti giganti e una piccola leva che se abbassata manda a tutti un messaggio di allerta.
- Quelli di Brondi che dal 2016 è diventando leader nella produzione di telefoni per anziani sviluppando una vera e propria linea chiamata AMICO.
- E poi c’è Amplifon che da anni produce apparecchi acustici (che promettono di rimanere invisibili) e telefoni per quella che chiama “Nuova Generazione“.
Questi dispositivi sono stati ideati seguendo le esigenze dei senior e quindi sono facili da usare, da vedere e da sentire. Come il videotelefono di nonna Licia.
Ha un grande display facilmente leggibile e poche funzionalità che promettono di annullare qualsiasi barriera comunicativa.
Il volume delle suonerie e delle conversazioni è più alto del solito e grazie alle funzioni vocali che leggono il numero di telefono che si sta chiamando, la persona può anche verificarne la correttezza.
Questi dispositivi, inoltre, hanno tutti un tasto SOS o un altro meccanismo di “protezione” intuitivo per chiamare numeri d’emergenza.
Fantastico, no?
Eppure dovremmo chiederci: i prodotti che creiamo sono veramente quelli che i nostri senior comprerebbero?
Da quello che mostrano i dati non sembra proprio:
- Tra le persone che potrebbero beneficiare dei super pubblicizzati apparecchi acustici, solo il 20% li cerca attivamente.
- Solamente il 2% degli over 65 cerca tecnologie di risposta alle emergenze personali come i dispositivi indossabili che possono chiamare i servizi di emergenza con la semplice pressione di un pulsante.
- E molti di coloro che li hanno si rifiutano anche di premere il pulsante di chiamata dopo aver subito una grave caduta.
Sarà forse per l’estetica dei prodotti realizzati per le persone anziane? D’altronde sono spesso poco interessanti, enormi, tutti uguali, grigiastri e…noiosi.
Perché, allora, non eliminare questo divario tra ciò che i consumatori senior vogliono e ciò che la maggior parte di questi prodotti offre?
Continua a leggere. Presto vedremo come alcune aziende sul mercato stanno operando in questa direzione e scopriremo come ci stanno riuscendo.
La bussola del mercato
La crescita dell’età media insieme alla digitalizzazione crescente e ad una capacità di spesa maggiore rispetto alle altre fasce della popolazione creano un terreno fertile per le aziende sul mercato.
- L’invecchiamento è un fenomeno globale: secondo l’ONU, tra circa 30 anni, una persona su sei avrà più di 65 anni.
- In Europa, invece, si stima che entro il 2070, il 30% delle persone avrà un’età pari o superiore a 65 anni, rispetto al 20% odierno.
- In Italia si contano circa 2 milioni di individui di età pari o superiore agli 85 anni e i 65enni, solo negli ultimi 10 anni, sono passati da 12.1 a 13.9 milioni.
Certo, la pandemia di Covid-19 ha messo in luce le vulnerabilità di una popolazione più anziana, ma non si ritiene che il trend dell’alta aspettativa di vita sia mutato a lungo termine.